di Rosetta Ravasi

1989

 

Aghii bèll fà violtar adèss

ghii la stansa, la sala, l'ingrèss

la cusina, la stansèta e duu cèss.

Ghii bèll fà violtar adèss

quant levii soeu vi subit ‘l cèss,

inveci noeugn quant la ma scapava

duevum vistess,

indà da corsa per la linghera,

giò da la scala,

traversà la cuurt

infina a là 'n funt,

e quant s 'erum rivaa

truaum quasi sempar ucupaa

toeucc duu i cèss

e duevum spicià

da foeura 'l frècc.

Piuviva, fiucava, fava broeutt temp,

cunt vèrt l'umbrèla toeucc barbelent

stavum 'n fila, e a la siira

gha vuriva la candila ....

E se per caŝu sa fava frecass

ma sentivan quèj dasura

e quèj dabass.

Perchè l'os'c a voolt

per un tòcch l'era avèrt,

inscé i uduu man maa

sa pudivan dispèrt.

 

 

 

Siamo nel 1989, Rosetta scrive una poesia che letta ai ragazzi d’adesso li farebbe ridere;

ma non c’era poi tanto da ridere, lasciatelo dire anche da me, che ho vissuto le situazioni descritte in questa poesia fino all’età di quattordici anni!

Il titolo della poesia non trova una traduzione corrente in italiano, proviamo a dare un senso a questo titolo che tradotto letteralmente sarebbe “Avete un bel fare voi”. Cosa significa? “Non potete lamentarvi”; o “avete un bel dire adesso con tutte le comodità che avete”.

Ebbene, questo brano parla dei gabinetti, anzi delle latrine che erano ubicate in fondo al cortile. Rosetta, non ha difficoltà a parlare anche di questi aspetti di vita, per quei tempi era normale parlarne perché faceva parte della vita di tutti i giorni. Visti oggi sembrerebbero dei grandi disagi, ma non era così, perché i nati e cresciuti in queste situazioni non sapevano nemmeno che potesse esistere di meglio. Anche questa è storia!

 

“Non lamentatevi, adesso avete la camera, la sala, l’ingresso, la cucina, la cameretta e due bagni, quando vi alzate avete subito a disposizione il gabinetto, mentre noi quando avevamo bisogno, dovevamo vestirci, andare di corsa giù dalle scale, attraversare il cortile e infine una volta arrivati i due gabinetti erano occupati, dovevamo aspettare il nostro turno fuori al freddo.

Pioveva, nevicava, c’era brutto tempo, con aperto l’ombrello, tremanti dal freddo, stavamo in fila ed alla sera ci voleva la candela.

E se per caso si faceva rumore… ci sentivano sia quelli sopra che quelli sotto, perchè in alto, la porta del gabinetto era aperta, per fare in modo che l’odore man mano si disperdesse”.