Emiliano Bonfanti nasce a Cassano d’Adda (Milano) nel 1944. Comincia la sua attività a Milano nel 1962. Nel 1965 perviene all’astrazione geometrica. Nel 1976 la sua pittura si orienta verso una ricerca di “Texture” e nel 1983 incomincia a sviluppare delle ricerche sui colori primari e sull’ordito lineare. Nel 1986 si stabilisce a Parigi dove rimane fino al 1996. Nel 1994 con il pittore Silvano Bozzolini edita a Parigi un libro di xilografie “IMAGES” con testo di Françoise Monnin. Nel 1993 isolando un particolare dell’ordito comincia a studiare la compenetrazione tra “l’interno” e “l’esterno”, “il vuoto” e “il pieno”, fino ad arrivare a delle soluzioni pittoriche materiche che lo allontanano dall’astrazione geometrica.

Attualmente vive e lavora a Milano in via Ruccellai, 10 Tel. 333 6730535; e-mail: emilianobonfanti@tiscali.it sito web: www. emilianobonfanti.com

Emiliano Bonfanti è un autorevole interprete dell’astrazione geometrica, è il poeta della linea sulla tela, metafora dell’insondabilità spaziale.

La linea geometrica è un’entità invisibile ed è la traccia del punto in movimento: il punto, dunque, da statico diventa dinamico. La retta, nella sua tensione, rappresenta la forma più concisa dell’infinita possibilità di movimento.

La riga si confonde con la linea e la linea se ripetuta si materializza diventando riga.

La riga è semplice, forte, importante ed è emblematica e ben lo dimostra la sua storia nel Medioevo: gli abiti a righe designavano gli esclusi, i reietti, coloro che venivano messi al bando dalla società. Si dovrà attendere la Rivoluzione francese per veder ricomparire la riga negli abiti, nei nastri e nelle coccarde tricolori ma è soltanto durante la seconda metà dell’Ottocento che l’arte geometrica riprenderà nuova vita.

Bonfanti ha vissuto e lavorato  dalla metà degli anni ’80 per dieci anni a Parigi dove ha maturato un’esperienza culturale ricca di “contaminazioni” artistiche in grande anticipo sui tempi italiani. 

Evidente l’influsso della pittura di Cézanne con la necessità di costruire volontariamente il quadro, di organizzare la composizione secondo un certo ritmo, in un ordinamento di linee e di piani, tenendo conto dei limiti stessi della superficie bidimensionale.

Le opere di Emiliano Bonfanti hanno peso e leggerezza insieme, in una ricerca studiata, meditata ed espressa con estrema sintesi nei reticoli e nei colori. Gli spessori delle sue righe emergono dalla tela o si assottigliano e non è facile stabilire dove c’è luminosità o luoghi oscuri, così come accade nell’animo dell’artista.

La sua è una geometria “qualitativa” che ci insegna a percepire le infinite delimitazioni dello spazio e ci permette di esplorare, di entrare nell’opera e vivere il suo pulsare con tutti i sensi. Infatti, un deciso vigore plastico connota le sue produzioni che hanno un grande impatto visivo e la sonorità cromatica si unisce all’armonia misteriosa delle sue geometrie, dei labirinti, delle trappole che si chiudono e si aprono.

Come non riconoscere Mondrian nel reticolo di linee orizzontali e verticali e sull’uso quasi esclusivo dei colori primari nella semplificazione della rappresentazione della realtà. L’espressione artistica è la manifestazione della realtà, è la tensione di forze e solo se rapportata al suo sottofondo invisibile può essere compresa. Per un processo osmotico Bonfanti migra dal regno circoscritto dell’estetica ad un ambito  ”altro” dove ogni rete segnica diventa essere vivente.

Sa passare con disinvoltura dai piccoli ai grandi e agli attuali grandissimi formati, nelle sue produzioni si ravvisa la magia del flusso vitale, le cellule prima della mitosi. Incline a privilegiare una visione interiore del confine esistenziale, Emiliano Bonfanti con la sua arte guadagna in percettività multidimensionale e le sue opere sollecitano l’anima dell’osservatore.  

                                                                                                               Maria Grazia Colombo - febbraio 2016