Giuseppe Lonati,

nato a Cassano d'Adda nel 1942, appassionato di scultura, autodidatta, si diletta a raccogliere tronchi e radici lungo le sponde dell'Adda e lasciandosi guidare e ispirare dalla forma delle stesse sa creare con fantasia gruppi di animali o persone. Ci offre situazioni a volte grottesche, a volte di carattere sociale che con filosofia sa trasmettere alle sue opere.

 

Il legno narrato di Lonati

L’arte, sia essa poesia, pittura, scultura, musica non deve semplicemente nominare le cose, descriverle, ma evocare tutto ciò che è invisibile e quindi veramente essenziale.

Giuseppe Lonati porta alla luce l’idea, risveglia il sentimento con un linguaggio evocativo che lascia alle cose la ricchezza dei significati e di possibili interpretazioni.

La scultura paga nei confronti della pittura una sorta di minor agilità, di minore capacità intrinseca di rinnovamento, dovuto alle caratteristiche della disciplina plastica. La scultura rispetto alla pittura ha lo svantaggio della lentezza dell’esecuzione e della relativa scarsità di materiali e di metodi nuovi.

La caratteristica principale della scultura non è quella di rappresentare fedelmente il reale ma la possibilità che le è propria di poter essere osservata da più angolazioni. La scultura possiede, infatti, un proprio specifico mezzo d’espressione che la distingue dalla pittura, esso è rappresentato dai piani con i quali si organizzano i volumi e dagli assi che li orientano.

Lonati, dal temperamento solare e gioioso sceglie i pezzi di legno a cui donerà nuova vita in un andamento aritmico in cui non vi sono figure fortemente emergenti visto che la sua narrazione evita l’enfasi. Utilizza principalmente il legno, spesso trovato in riva al fiume Adda, la cui duttilità gli permette di realizzare opere particolari che destano attenzione per la loro grande originalità.

Varcando la soglia della casa-studio di Giuseppe Lonati si ha la sensazione di entrare in un bosco antropizzato in cui i tronchi, a registri sovrapposti, raccontano la storia dell’uomo; la narrazione plastica ha l’andamento dell’albero genealogico, dall’alto verso il basso, e richiama in qualche modo la stesura della scrittura occidentale. Sa sviluppare in modo ironico, mai irriverente, un complesso racconto cosmico-antropico in cui l’immaginazione dell’artista insegue strane combinazioni di umano e non, di bello e di mostruoso. Mostruoso come l’idra di Lerna, serpente a nove teste che rinascono quando sono tagliate; ogni testa rappresenta una minaccia, una paura e viene combattuto da Eracle nella sua seconda fatica.

Belle come le colonne istoriate, le cui forme richiamano in modo palese i simboli di continuità e tensione verso l’alto, che ci raccontano, attraverso una successione di fotogrammi, storie fantastiche e articolate. Le colonne, brulicanti di vita, vanno a costituire una foresta umanizzata dalla grande forza rappresentativa in un espressionismo assai evidente.

L’artista sonda le regioni inesplorate dell’inconscio e vi trae immagini visionarie di vigorosa e sconosciuta potenza; ne derivano figure umane e animali che emergono da una sorta di magma in piena mutazione.

                                                                                   Maria Grazia Colombo

 

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