Nei Quaderni del Portavoce n. 47 "Terzo Millennio" di Carlo Valli

 scrive la prof. Anna Bolchini di Guglielmo Dionigi Galbani

È sempre bello intrecciare un dialogo con chi abbia alle spalle un'esperienza da vantare, un vissuto all'insegna di una ricerca ininterrotta.

Parlando con il pittore Guglielmo Dionigi Galbani ci si rende conto che egli ripercorre sul filo della memoria il suo passato, pur mantenendo l'agilità e l'entusiasmo di un giovane che dalla prima pittura ancora molto attende, se non tutto.

Nel suo studio proiettato su uno scenario d'altri tempi, tra i tetti delle vecchie case che lasciano trasparire a malapena la larga macchia di verde che riveste le rive della Muzza e dell'Adda, mi mostra i suoi colori, le sue tavole divenute pietre miliari del suo percorso.

Di quel paesaggio che si intravede dalla finestra spiccano sulle tele i colori, le linee trasfigurate da un dinamismo che talora stravolge la figura, talvolta la fagocita e la ingloba.

C'è bisogno di qualche istante per osservare, contemplare, capire, ammirare.

Le parole inizialmente non servono a decodificare l'immagine: occorre fissare il ritmo incalzante della spatola che coinvolge in un ritmo circolare colori forti, solari, carichi di energia per scorgere la figura dissolta tra i colori.

Colpisce l'occhio il rosso acceso, il verde che si stempera dai toni chiari a quelli più intensi, il giallo ocra, l'azzurro intenso separati da linee e macchie nere.

È come se un turbine avesse travolto la terra, gli alberi, gli uomini e le loro cose in un vortice senza fine: ne scaturisce un senso di vita gaia, agile, estranea al peso e alla profondità.

I colori forti rimandano alla solarità della nostra estate, breve, ma intensa, il verde ai platani sempre più rari, ma ancora capaci di suggerire un'idea di forza ruvida e rassicurante, alle betulle, alle felci, il marrone all'ombra che dà ristoro e alla terra su cui si sono chinate generazioni intere nella continuità del lavoro, l'azzurro al fiume che alimenta la nostra vita, al cielo, "così bello quando è bello, così splendido, così in pace" 1.

Eppure quel quadro che dal cavalletto sprigiona luce per tutta la stanza rimanda più che alla parola pregnante della poesia alla suggestione di alcune inquadrature cinematografiche e al loro messaggio.

Tra pittura e cinema si instaura spesso un rapporto osmotico. Alcune relazioni con i fotogrammi del film di Kurosawa: "Sogni" sembrano immediate e inevitabili.

Il vecchio ultracentenario, protagonista dell' episodio "Il villaggio dei mulini" che lancia al mondo il suo messaggio: "La vita è bella, anzi entusiasmante!" sembra condensare l'idea di fondo che il pittore vuole esprimere.

Se infatti la vita scorre in armonia con una natura intatta, l'anima conquista una sorta di eterna giovinezza capace di accettare anche la morte come legge necessaria e immanenti alla vita stessa.

Anche Galbani, inconsapevolmente, sogna come il personaggio di Kurosawa, una Cassano analoga al villaggio dei mulini, libera da fatturi inquinanti, ancorata alla sua tradizione e alla sa storia, rifiutando filtri culturali o intellettualistici.

La sua opera scaturisce da un amore diretto, istintivo, per la terra in cui è nato e in cui ha vissuto le sue irripetibili esperienze giovanili.

Per noi cassanesi infatti l'Adda è l'anima del paesaggio, è colore, profumo, movimento, specchio, luce, vita, lavoro, fatica, storia.

Non c'è bisogno per un cassanese autentico di citare Manzoni2  o Ungaretti3, di richiamarsi agli Impressionisti o a Van Gogh, perché la voce dell'Adda è sempre sentita, come per Renzo, analoga a "quella di un amico, d'un fratello, d'un salvatore".

Neppure Kurosawa può sfuggire sensazioni nuove a chi è nato a una terra amata come un Eden e ha assistito, con dolore, alla sua progressiva distruzione.

Magari nelle parole e nelle immagini di quei grandi avverte l'eco di sentimenti e immagini già intuite, quasi sognate in presenza della ragione.

Galbani infatti parla della sia giovinezza, nell'approdo in città, delle frequentazioni di Brera, del desiderio di carpire tecniche nuove, ma egli stesso afferma che le mode espressive di quegli anni, l'astrattismo, l'informale non sono stati che strumenti di una ricerca suggerita dall'amore per la sua terra.

Gli anni della contestazione hanno focalizzato l'attenzione sulla degenerazione delle specie naturali, ma non c'è l'inquinamento che lasci indenne l'uomo e il suo mondo interiore. La degenerazione della natura coinvolge infatti nella sua catastrofe anche l'uomo come singolo e come cittadino come già il parini aveva espresso in alcuni tra le sue Odi più significative. 4

Galbani infatti mi mostra alcune tele di quegli anni in cui i colori si sono illividiti, le immagini distorte in forma mostruose. La metamorfosi non è un rito panico, ma la trasformazione orripilante delle forme determinata da un male interiore: non è l'evolversi del bruco destinato a formare "l'angelica farfalla", ma il mostro ripugnante che rimanda solo all'idea della morte.

 

 

Processo a una civiltà autodistruttiva - 1972

 

Su quelle immagini lo sguardo non può indugiare a lungo perché ciò che sta "oltre" la finestra attrae come una calamità.

La vera grande ispiratrice di tutte le stagioni della sua vita è proprio lei, l'Adda che, con la sua voce, accompagna gli abitanti di Cassano, nelle ore belle e intense, cupe e tristi della loro vita e della loro storia.

Allora a riprova di ciò Galbani mi mostra alcuni disegni realizzati recentemente con una tecnica mista.

Mi spiega come la tecnica composita esiga varie fasi di lavorazione.

Sul disegno realizzato stempera pastelli a olio e a cera.

Su questi ultimi passa uno strato di china successivamente tolto con l'ausilio della carta vetrata.

Con un punteruolo incide poi le linee destinate a creare effetti cromatici grazie all'apporto del colore ad acquarello o di materiale acrilico o a tempera.

Tuttavia, mentre l'autore cerca di farmi capire le fasi del lavoro compositivo, mi vado sempre più convincendo che, al di là del disegno e delle tecniche, il tema dominante è la terra intrisa di ricordi, sintesi di  natura e storia: ricorre sulla scena il castello con la sua mole imponente che rimanda a tempi lontani e favolosi, il trionfo dei campi di girasole "trombe d'oro della solarità" come direbbe Montale o l'umile lavoro delle donne lungo il fiume che diventano presenza cromaticamente dominante, ma tutto confluisce in un unico punto prospettico: "In fondo all'Adda dove comincia il cielo".

Da quel punto prospettico l'anima cerca orizzonti più vasti o meglio la linea di demarcazione tra terra e cielo, tra ciò che è quotidiano e l'assoluto.

Bella questa definizione della tematica artistica e umana dell'uomo e del pittore Galbani.

Questo è infatti il titolo che Galbani dà alla sua opera, ma in realtà è il tema di tutta la sua ricerca tecnica e artistica.

Il titolo è suggestivo quanto le immagini.

Mi allontano dallo studio augurando a questo concittadino un cammini lungo e costellato di soddisfazioni.

Spero che non sia solo la nostalgia per un passato saturo di ricordi e denso di immagini a rendere così forte e dolce il mio essere cassanese.

1 Così definisce il cielo di Lombardia il Manzoni nel XVII capito de "I promessi sposi";

2 Nel capitolo XVII  de "I promessi sposi", A. Manzoni descrive lo stato d'animo di Renzo fuggiasco da Milano dopo essere stato colpito da condanna e scambiato per un sovversivo. Approdato sulle rive dell'Adda, allora confine tra lo stato di Milano e lo stato di Venezia proprio a Cassano cerca di attraversare il fiume per riconquistare la libertà.

Ritrovando il fiume della sua infanzia ha la sensazione di ritornare all'eden perduto, alla sorgente sacra cui sono legati i tempi felici dell'innocenza e della grazia.

 

3  Nella poesia "i fiumi" Ungaretti esprime con l'essenzialità della parola poetica il legame profondo che intercorre tra l'uomo e il fiume, ripercorrendo le tappe della sua vita connotate dalla presenza del Nilo, della Senna, dell'Isonzo, ma soprattutto del Serchio a cui ha attinto più di mille anni la "sua gente campagnola".

 

4  È opportuno rileggere "La salubrità dell'aria" per avvertire la modernità di un poeta spesso dimenticato che ha esaltato la bellezza e la "sanità" delle rive cassanesi già nella seconda metà  del Settecento.

 

 

 

Gazzetta dell'Adda

28 FEBBRAIO 2015

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