La PaciAda 2015 - 1a Edizione 12 aPRILE 2015
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La prima tappa la chiesa di S. Dionigi il nostro Maurizio nella veste di Giovanni Pietro Rovello nella rappresentazione del Miracolo di S. Dionigi Tutti in fila per l'aperitivo Rosetta che si cimenta nella rappresentazione dialettale della lavandaia Angela, nella veste di lavandaia che rappresenta la scena delle lavandaie sulla Muzza Rosetta, nella veste di lavandaia che rappresenta la vita delle lavandaie negli anni '50 Angela, con gli attrezzi di lavoro Nello splendido scenario del canale Muzza le nostre lavandaie oltre a lavare i panni sporchi, lavavano nella Muzza anche i loro dispiaceri La Cappella del Revellino Al Punt dal Pecc, i gruppi s'incrociano sotto e sopra Nello splendido scenario del parco naturale dell'Isola Borromeo Verso la diga del Retorto Tutti attenti, Gigi rievoca gli anni passati dove il nostro fiume rappresentava il nostro mare. La colonia sul fiume Adda dove, quando eravamo bambini, passavamo le vacanze. Il nostro Gigi parla appunto della colonia elioterapica sul fiume. Tutti intorno alla nostra guida Gigi Galbiati Tutti intorno alla nostra guida Gigi Galbiati Il parco in tutto il suo splendore Il parco naturale dell'Isola Borromeo sul ponticello, costruito apposta per la PaciAda dagli Scout di Cassano sui sentieri, tra il verde incontaminato del parco Il ponte sulla diga del Retorto Nello splendido scenario di primavera sullo sfondo si intravede la nostra bella cittadina Il nostro Castello e la Villa Gabbioneta Il nostro Luigi Mauri nella veste di Officiale di porto Ristorante Cantarana, pronti per uno scatto ricordo Piera in primo piano La nostra Piera nella veste di Evangelia Belleni moglie di Pierfranco Maggi I nostri protagonisti, Paolo, Piera e Maurizio Le stupende orchidee di Villa Maggi che i nostri giardinieri hanno portato apposta per la PaciAda
I lavanderi - di Rosetta Ravasi - 1980
Ja ciamavan lavanderi e lavavan per trii ghej, ‘na quei sidela o ‘n sigion piee da lensoo e da patej, ma lavavan per ‘l bisogn. Eran pochi sti danee ma per tò ‘l paa eran asee. O rugètt da la mia curt sti poeur donn quanti guton, ‘l fava frecc, barbelavan, che lavà da sfugaton, soeu la preja i pagn gelavan. O rugètt da la mia curt quanti lacrim sti poeur gent han mis’cia cunt ‘l suduur in chi dè ca ‘l fava coolt in ginocc per tanti urr. I fastidi, i dispiasè, intant che i pagn a spasetavan ti a sentivat anca te e citu citu ta scultavat quel che luur cuntavan soeu. Adess gh’in poeu i lavanderi t’an lasaa lè da per té citu citu, toeutt ‘l dé ma t’l seet sè resta lé? Un barilott, un cavalètt, un sigion e la vita di nost mamm.
le chiamavano lavandaie e lavavano per tre soldi, qualche secchio e un mastello pieno di lenzuola e pannolini, ma lavavano per bisogno. Erano pochi questi soldi ma per prendere il pane erano abbastanza. Oh piccolo fosso del mio cortile queste pevere donne quante lacrime, faceva freddo e tremavano, quanto lavare con premura e sulla pietra i panni gelavano. Oh piccolo fosso del mio cortile quante lacrime queste povere donne che le mischiavano col sudore durante quei giorni caldi in ginocchio per tante ore. Le preoccupazioni, i dispiaceri, intanto che spazzolavano i panni li sentivi anche tu e zitta zitta ascoltavi quello che loro raccontavano. Adesso non ci sono più le lavandaie e ti hanno lasciato da solo in silenzio tutto il giorno ma sai cos’è rimasto lì? Un barilotto, un cavalletto, un mastello e la vita delle nostre mamme.