Da “I Quaderni del Portavoce n. 10”  di Carlo Valli     

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LA CHIESA E IL CONVENTO DI  S. ANTONIO

 

LA CRONICHETTA DEI FRATI

Cos'è? È un manoscritto delle memorie del Convento di Cassano, gustosissimo, che farebbe gola a qualunque bibliofilo antiquario. Il buon frate che scrive a uso e consumo interno dei suoi, si apre a tutte le confidenze — come quando ammonisce: «badate a non litigare con preti e con secolari — come è successo a Monza — dove l'Arciprete proibì ai Cappuccini di celebrare nelle sue Chiese e dove la Casa del Conte Casati, per aver noi proibito ai preti di entrare in nostra Chiesa con la salma del Conte, non ha mai più voluto fare la carità grande che faceva ai Cappuccini... ed io ne ho provato gli effetti per mia mala sorte nel tempo che vi sono stato superiore, che mi auguravo mille volte al giorno di non esservi mai andato...». Per questo esibiamo ai posteri il presente libro: che non caschino anch'essi nei medesimi imbrogli. Al racconto storico lo Zibaldone alterna le notizie occasionali più disparate. Ad esempio con la risposta mirabile di S. Carlo al Guardiano di Cannobbio, che lo esortava a mitigare le sue penitenze «la candela per fare lume agli altri deve consumare sé stessa». (11 sett. 1584) ecco la funzione religiosa del Senato per implorare la nascita di un Arciduchino — ecco notate le nascite e le morti degli imperiali di Casa d'Austria — ecco l'annuncio della morte del Re di Francia, Luigi XVI (26 agosto 1715) «chiamato lo gran Luiggi — ed infatti è stato una gran Testa». Il Re Sole non ebbe mai elogio più sintetico! Narra il buon frate come andò la fondazione del Convento, chi concesse il quarto d'oncia di acqua del Naviglio, «con l'altro favore del Sale benignamente concesso Carlo sesto» con l'elenco dei 41 Guardiani che hanno governato il Convento, e dei 19 Religiosi sepolti in S. Antonio. Ricorda la battaglia di Cassano (16 agosto 1705) «la gioia, la festa e consolazione arrecata alla nostra Religione per la Cannonizzatione del Santo Cappuccino S. Felice da Cantalice, ecc. ecc. Monsignor Brambilla cassanese nella sua «Storia documentata...» saccheggia bravamente la «cronicheta» ma poiché il bell'opuscolo è introvabile, ecco qui, per chi ama le vecchie carte e le vecchie memorie del luogo, i dati più interessanti della vita centenaria del Convento (1697-1797).

 

1.        Alessandro Tadino, il celebre dottore tanto benemerito di Cassano, anzi di tutto il Ducato di Milano durante la peste del 1630, con suo Testamento 24 novembre 1661 dispose «per dimostrare la mia naturale affetione e gratitudine verso li Padri Cappuccini, da me sempre amati e serviti nelle loro infirmità sino a questo giorno, puoco meno che 40 anni, li lascio la mia Casa nobile di Cassano sopra Adda, con le Casette contigue, Ronchetti e Giardini per fabbricare in luogo di buona temperie d'aria un Monastero a beneficio delli Padri infermi convalescenti del Convento di Melzo, luogo di pessima aria... sperando che abbiano buona memoria dell'anima mia e delli miei deffonti... e per dar principio alla detta fabbrica gli siano somministrati scudi 500.

2.        I reggenti del popolo di Cassano fanno istanza presso i Cappuccini, e chiedono e ottengono l'assenso del Feudatario Principe Bonelli da Roma e dalla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari.

3.        Cristoforo Benzi «Capo della impresa della mercanzia» Presidente del Banco di S. Ambrogio — homo molto denarioso e generoso, che indi a poco (1699) avrebbe fondato e largamente dotato la Chiesa e Abbazia dei SS. Aquilino e Carlo, si impegna a sostenere la maggior parte della spesa.

4.        In considerazione di quanto sopra e a prevenire il pericolo che altri frati si stabiliscano a Cassano, il Padre Provinciale nel Capitolo tenuto a Milano il 17 sett. 1697 mette ai voti la proposta della fondazione di un Convento a Cassano. Sopra centosei intervenuti, soltanto tre votarono contro. Allora, «saltarono su li sodetti Padri vocali» e ci par di vederli aggrottare le ciglia e borbottare fra le barbe tremolanti: «bisognerebbe cacciarlo a Melzo, costoro, a godersi la malaria!»

5.        La Scuola del SS. Sacramento, proprietaria del campo S. Ambrogio di pertiche 32, lo vende ai Cappuccini, previa informazione favorevole del Prevosto Settala, parere positivo del Vescovo Alessandro Croce e assenso della S. Congregazione.

6.        Posa della prima pietra della Chiesa (14 giugno 1700) là dove ora è la porta maggiore di S. Antonio, presenti il Provinciale, i Definitori, molti frati e preti e grande folla. Il Marchese D'Adda cede l'onore della posa a Cristoforo Benzi. Da notarsi nell'occasione «la pomposa mostra che fece in questo Pubblico l'ill.mo Rev.mo sig. Prevosto Galeazzo Settala» il nobile che scrive col noi maiestatico dei grandi — ma soprattutto l'eloquente discorso che pronunciò il P. Angelo del nobili Cortesi da S. Angelo Lodigiano «resosi ogietto della più alta stima».

7.        P. Agostino dei nobili Trotti, mandato per primo a dirigere i lavori «resosi inabile alla carica della fabbrica per la sua avanzata età, anzi già passato all'altra vita» e sostituito da P. Tommaso da Milano, il quale «non guardava a tempi freddi né a tempi caldi né meno a borasche venti contrarii quando andava sul Lago Maggiore a fare le provisioni di sassi vivi e di legnami d'ogni sorta». Le travi vengono anche dal bosco del Convento di Rho. Capomastro è fra Protasio da Astano e dopo di lui fra Giuseppe da Montegrino, architetto bravissimo. Frati in gran parte sono i muratori (come fra Paolo da Belgioioso e fra Agostino da Prato) e frati i legnamari, come fra Giuseppe da Oleggio (all'occorrenza anche cuoco) e fra Marcello da Lodi che, finita la fabbrica, domandò di andare Missionario al Congo e morì in viaggio a Lisbona. Il 14 giugno 1701 posa la prima pietra del Convento. E badate al senso pratico dei buoni fratelli: cominciarono a fare «il Refetorio, la Cuccina, lavandino e la stanza de boccali». Il resto viene dopo nel 1702-1703.

8.        Il 22 luglio 1704 il Generale dei Cappuccini P. Agostino da Tisana, di passaggio da Cassano, benedice Chiesa e Convento, arredati col superfluo requisito negli altri conventi dal P. Provinciale.

9.        Battaglia di Cassano (16 agosto 1705). Di qua dall'Adda i franco-spagnoli, capeggiati dal Duca di Vendóme a difesa della posizione e del Castello. Di là dall'Adda gli Alimanni del Principe Eugenio di Savoia, che tentano forzare il passo per correre in aiuto al duca Vittorio Amedeo assediato dai francesi in Torino. Nella memoranda giornata il Principe Eugenio lascia sul campo 5 o 6 mila tedeschi e non riesce a passare: ma ai gallo-ispani la resistenza costa dai dieci ai dodici mila tra morti e morenti. Due capi hanno tomba in S. Antonio: il Principe di Leiningen, Generale degli Alemanni all'altare di S. Nicolò, il Duca di Moriat, Brigadiere dei francesi all'altare di San Felice, oltre due vivandieri francesi fuori della Chiesa, sul lato destro.

In tale funesta contingenza rifulse di nobilissima luce la carità e la santità di P. Cristoforo da Bollate, che, non contento di accogliere in Convento una grande massa di popolo di Cassano e dintorni, e di ottenere dal Duca di Vendòme guardie di sicurezza, si fece infermiere instancabile dei molti malati di disagi e di spavento, anzi per un gruppo di cinquanta persone, prive di tutto e in procinto di morire di fame, ottenne dal capo dell'Intendenza Spagnola Carlo Mutone, tale abbondanza di viveri e di medicinali, che servì anche per tutti gli altri rifugiati. Quindi si può dire che se fuori dal Convento non vi fu casa o chiesa che non subisse violenza e il saccheggio dei soldati francesi e spagnoli (fortuna che era l'esercito amico!) il popolo di Cassano ebbe salva la vita e la roba per opera dei frati e particolarmente per la premura di quel santo frate: P. Cristoforo da Bollate. E qui commenta amaramente l'anonimo scrittore: «Onde questo popolo dovrebbe essere amorevole e grato ai suddetti Religiosi. Ma per me che vi sono stato l'anno 1718 ho veduto e sperimentato il contrario: mai non mi sarei creduto che in così puoco tempo si fossero scordati di tanto e sì grande e poi grande beneficio ricevuto, e massime d'alcuni che non gli faccio il nome, che se non havessero hauto il commodo di questo Convento sarebbero restati privi della robba che di presente godono...». E più avanti «... in tutto Cassano non si trova pur un huomo per lavorare nell'orto nostro — come ho provato io stesso in tempo di guardiania, che fui Vicario per mia disgrazia l'anno 1718 — che son restato puoco edificato in vedere così puoca stima e divotione verso li Cappuccini: perché se portano una lettera, un fagottino, o qualsiasi altra cosa subito vogliono mangiare, e in che modo, anche...». Così quando Paolo Benzi con testamento 17 aprile 1710 lasciò ai Cappuccini una certa quantità di pane e vino — «tutti quelli di Cassano, non sapendo né il numero delle brente di vino né la porzione del grano, così il Popolazzo diceva che aveva lasciato tutto il pane e tutto il vino per tutto l'anno — e che non bisognava dare più altro alli Cappuccini di Cassano, che erano anco troppo grassi —: così con altri spropositi soliti a dirsi da Popoli che non l'intendono se non su il suo verso». Così ancora quando venne regalato un orologio da torre «così grosso che faceva un rumore così grande che si sentiva per tutto il dormitorio» i frati protestarono di non volerlo «considerando che la qualità di tanti passeggeri che vanno su delle barche ed altrove, nel trovare talora guasto l'orologio, come succede più e più volte, potrebbero dire: Anche l'orologio dei Cappuccini è falso! (e potrebbero dire anche peggio). Evidentemente il fraticello ce l'ha su coi cassanesi del '700. Speriamo che tutti i torti siano suoi!

La «cronicheta» del Convento di S. Antonio indugia alquanto sulle origini, ma poi corre spedita e alquanto monotona. Ogni 18 mesi un Capitolo Provinciale e Generale, quindi elezione di nuovi superiori, di Guardiani e Vicari, i quali lasciano scritto quel che han fatto a vantaggio della Chiesa e del Convento, sino alle più minute bazzecole, come vedremo.

-  Ottobre 1704: Donazione di un quarto d'oncia d'acqua del Naviglio Martesana fatta dall’ill.mo Magistrato straordinario ai RR. Cappuccini di Cassano Geradadda, ricevuta a mezzo del Regio Ducale Cameriere Cancelliere Giuseppe Carbone.

- 5 agosto 1705: Concessione di condurre l'acqua del Naviglio al Convento di Cassano attraverso la vigna dei Gatti, fatta dall'Ospedale Maggiore di Milano e mezzo giureconsulto G.B. Porta.

- 18 febbraio 1707: Donazione del terreno per scavare sulla vigna detta di S. Ambrogio, dei SS. Cornei, con scrittura dello Ing. Diego Pessina.

- 1708: Si rassetta la strada dal Naviglio al Convento, che però dieci anni dopo è di nuovo rovinata, perchè «costoro di Cassano giorno e notte correggiano sassi e calcina e poi non vogliono soccombere a spesa alcuna». Al Marchese Dadda è concesso di servirsi come di tribuna della Cappella di S. Nicolò, entrando da porta laterale, ma quando chiede chiave riservata e sulla porta vuol far dipingere lo stemma di famiglia, non gli è concesso.

- Al 20 luglio 1706 muore P. Gervasio da S. Angiolo dei nobili Cortesi, religioso di grandi doti e di grandi menti, ed è il primo a entrare nella sepoltura dei frati, scavata sotto il pavimento della Chiesa.

- Negli anni 1706, 1707 e 1708 Frate Francesco da Cedrate, abilissimo intagliatore, coadiuvato dagli alunni fra Giuseppe da Montalbetto, fra Giulio da Varese e fra Giuseppe da Oleggio, lavora le ancone dell'Altare Maggiore e dei due Altari laterali, la cancellata gli armadi di sagristia e il bellissimo tabernacolo: tutto in istile cappuccinesco. Nel frattempo il pittore Legnanino dipinge la pala dell'altare maggiore (S. Antonio con la Madonna e il Bambino) mediante il profumatissimo pagamento di 200 scudi e il quadro di S. Felice, con la Madonna e S. Francesco per 150 scudi mentre l'Abbiate, pure di Milano, dipinge la Madonna e S. Nicolò per 100 filippi. Il Legnanino dipinge anche un quadro della Madonna per il Coro di cui si fa l'elogio, ma del quale non si ha nessuna traccia. La campana costata L. 400 è donata da Cristoforo Benzi, come pure di lui e dal fratello Paolo l'Ostensorio piccolo che porta la loro arma e che fu pagato 50 scudi.

- Il 10 settembre 1708 il Vescovo di Cremona Monsig. Carlo Ottaviano Guaschi viene a consacrare la Chiesa di S. Antonio, e la ressa dei fedeli è tale che un gran numero di preti e frati devono attendere alle confessioni fin dopo mezzogiorno.

Il Vescovo ha grandi parole di elogio per i lavori d'intaglio della Chiesa «riuscita così bella e vaga e chiara che rassembra un Paradiso in terra». Il Principe Gaetano Triulzi viene a subodorare che i Cappuccini vogliono demolire il Convento di Melzo per trasferirne materiale e mobilio a Cassano. Li diffida a non toccare nulla di nulla perchè è tutta roba sua: che se vogliono andarsene, padroni! lui ha già tre altri Ordini pronti a sostituirli con 24 religiosi e 7 confessori. I Cappuccini, mogi mogi, mettono ogni cosa in tacere.

- Il 22 maggio 1712 avviene la elevazione alla porpora del P. Francesco M. Casini da Rezzo (Arezzo) e la canonizzatione di Sant Felice.

- Nel 1713 grande funzione e posa di una gran Croce di legno sulla piazza della Chiesa.

- Nel 1714 i Monsignori del Duomo di Milano, ottengono il privilegio di portare la mitra, mediante l'esborso gratuito di 2000 scudi. Una mitra un po' carina!

-  Fra Illuminato da Zuccaro nel 1719 intaglia i bei Reliquiari dorati.

-  1722: Peste di Marsiglia, che ritarda il Capitolo Generale.

-  1729: Si spacca la campana, che viene rifusa con lo stemma Medici-Micone.

-  1730: Si rifanno ponti strade e stradette con spesa ingente.

-  1740: Si scava una Cisterna per l'acqua potabile.

- 1741: Si provvedono pissidi d'argento, palliotti di cuoio di Venezia, e quattro colonne di vivo da collocare sulla Piazza.

- 5 aprile 1743: posa e benedizione della prima pietra del Traghetto, che costa L. 80.000, fatta dal Guardiano P. Luigi da Milano.

- 23 settembre 1746: Novenario solenne per la cannonizatione di S. Francesco da Sigmaringa e S. Giuseppe da Leonessa. Il Prevosto di Cassano ne tesse l'elogio nella festa di chiusa, alla presenza dell'Eminentissimo Cardinale di Milano.

- 20 gennaio 1751: Il Guardiano P. Silvio da Milano è invitato al traversino per benedire la statua della Madonna. (Si tratta del gruppo marmoreo della Madonna di Caravaggio, che in seguito venne trasferito nella Parrocchiale). Vediamo ora il tono d'importanza che si dà il buon frate cronista quando racconta «come e in che modo si è havuto il sale bisognevole per questo Convento. Perchè pensano i nostri frati Capuccini che l'havere il sale necessario per lo mantenimento de Religiosi sia una cosa tanto facile e massime in questi tempi con multiplicare Conventi nuovi, per questo voglio lasciarne una memoria, acciò sappiano e vedano le fatiche, le strade, le diligenze che si è dovuto praticare. Un memoriale al Magistrato, il quale lo passa al Fiscale al Governatore di Milano e il Governatore lo torna al Magistrato, il quale incarica il Podestà di Treviglio di fare una inchiesta sul numero dei Cappuccini di Cassano. Il bravo Podestà con senso pratico fa avvisato il Guardiano che il giorno tale verrà per contare uno per uno i suoi Cappuccini, e intanto gli prepari il «pranso». Mentre il caro Podestà sta «pransando» si leva in piedi e trova che i Cappuccini sono venti, senza l'uomo di fatica e i Cappuccini di passaggio. Quindi trova che sono molto discreti e chiede all'Imperatore soltanto cinque staia di sale, e promette di chiederne sei staia per vinti bocche. Il Magistrato si rimette agli Infirmarii che sono poi gli Impresarii (appaltatori) perchè diino il suo vuoto (voto) d'assenso, perchè bisogna sapere che se bene il Prencipe concede il sale, lo dà alla miniera, che puoco costa, ma la condotta lo paga l’Impresarii. E non vi sono altri Religiosi che godono di questa carità se non i Cappuccini... e di più ha questo privileggio ancora che ha la sua cartella a parte e separata che non à da dipendere d'altri. Hor veda mo' chi legge quante cose vi vogliono per havere questo sale...». Davvero! Chi avrebbe immaginato una simile trafila di processi per un po' di sale!

Ma non sempre le note trattano di argomenti tanto gravi. Per es. ecco notato che con L. 50 si provvede una tina, per evitare lo scialaquo del vino della nostra vigna qualora si doveva fare nel torchio dell'iII.mo Sig.Marchese d'Adda, sembrando a tutti lecito il tracannarlo, quasi fosse vino del Comune. Che golosoni di cassanesi! col pretesto che il vino era dei frati, glie lo bevevano mezzo! E ancora: si sono provvedute due boti (botti) per riportare il vino del Legato Benzi, quale sogliono dare a S. Martino, ed è molto meglio ricerverlo subito per scansare le frodi che più volte hanno fatto li Fattori in pregiudicio del Convento.

- Anche i fattori addosso ai poveri frati! Ma, uscendo di cantina per entrare in ambiente meno profano, ecco il buon frate decantare la abilità dei suoi Cappuccini nel preparare apparati di Chiesa «alla chinese e in altre guise» «come quando il 14 agosto 1718 tutto il Senato in Corpo andò alla Chiesa dei frati a far cantar Messa per implorare dal Cielo un Arciduchino al nostro Augustissimo Imperatore e un altro differente quando è venuta tutta la Città per simil effetto d'un Arciduchino e poi parimente in occasione del giro delle Quarantore: questo fu superbissimo, tutto a fiori e massime e gelsumini (di carta) che fu lodato da tutto Milano, perchè i secolari godono più della nostra semplicità che di ogni altra preciosità del mondo, perchè queste le vedono quotidianamente in tutte le altre Chiese d'altri Religiosi e secolari; ma queste simplicità fatte di carta overo fiori con somma patienza ben aggiustati rapiscono il cuore (nientemeno!) dei nostri veri Benefattori».

Ma la cronichetta torna di nuovo e meno sovente terra terra, come quando racconta che si è imbiancato il Convento e ritecciato con coppi di Caravaggio, si sono cambiate le inferriate di legno alle finestre, si sono comprate cadreghe per il parlatorio e zottole (scodelle) per il refettorio: si sono fatti dieci e più paioni (pagliericci) per le celle dei frati. Si nota perfino l'acquisto di una pertica per cattare i pomi! Quando si dice: la semplicità francescana.

 

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