IL CONTESTO

 

 

La villa è situata su un’isola, che prende il nome dall’iniziale proprietario di questo luogo, l’Ing. Pietro Ponti, industriale e proprietario terriero, il quale oltre a possedere terreni e cascine, aveva anche il diritto di raccogliere ciottoli nell’Adda fino ai confini con il territorio di Rivolta (Cascina Seriole).

L’isola si situa tra il fiume Adda e il Canale Muzza, il più antico canale di Cassano, risalendo al XIII secolo, nasce a nord del Ponte, proprio in corrispondenza del Castello e muore dopo un percorso di 60 Km nella pianura lombarda riconfluendo nell’Adda a Castiglione d’Adda in provincia di Lodi.

La prima cosa che colpisce da questa sponda del canale è la bella veduta della città di Cassano e di alcuni  dei suoi palazzi .

Alla destra si trova il ponte, con tutta la sua storia e le sue alterne fortune. Il primo ponte sul Muzza risale al 1294 ad opera di Fra Benedusio (ingegnere appartenente all’ordine dei cistercensi di Chiaravalle), su incarico di Ottone Visconti, che all’epoca fece fortificare il castello. Pare che fosse un’opera molto ardita, perché era in legno ad un’unica campata .

Villa Ponti Maggi - foto di R. Siesa

Panorama di Cassano d'Adda visto da Villa Ponti Maggi - Foto di R. Siesa

Intorno alla metà del 1400 risale la posa di un altro ponte, che Francesco Sforza fece rinforzare da Bartolomeo Gadio.

Per trovare il primo ponte in muratura dobbiamo risalire al 1750. Tale ponte fu commissionato dal marchese Febo d’Adda su disegno dell’Ingegnere delegato delle Acque, Bernardo Maria Robecco. Tuttavia il progetto del Robecco non ebbe compiuta realizzazione, tant’è che lo stesso progettista prese le distanze dall’opera.

Nel 1809 per ordine del principe Eugenio Behaurnais fu costruito sopra il primo ponte un altro ponte in muratura al fine di superare il dislivello tra le due sponde del canale. Il progetto era dell’Ing. Richetti. Quest’opera originale nel suo genere venne comunemente nominato “punt sura punt”.

 

Cassano d'Adda - il famoso "punt sura punt" - in una cartolina d'epoca

Il manufatto non ebbe vita lunga, perché nel 1859 fu distrutto dagli Austriaci in ritirata dopo la sconfitta di Magenta.

Nel 1863 venne ricostruito il ponte in muratura sul Muzza  e rifatto quello in legno sull’Adda.

Nel 1882 venne inaugurato un ponte in ferro sull’Adda, sostituito poi dal ponte in cemento armato (1914). Il direttore dei lavori dell’impresa appaltatrice dei lavori fu Felice Colombo, fondatore poi di una propria fiorente impresa di costruzioni stradale, che ebbe commesse in Italia e all’estero e genitore dell’attuale proprietario della Villa.

 

Cassano d'Adda - il ponte in ferro sull'Adda - in una cartolina d'epoca

Nel 1750 tra i due ponti venne eretta la statua di San Giovanni Nepomuceno, voluta dal Governo austriaco e fatta pagare ad un sacerdote e all’esattore dei dazi del ponte, che avevano consentito il passaggio ad un soldato renitente.

Proseguendo sulla sinistra si intravede un edificio con pianta ad L, palazzo Guerra Mauri, che risale probabilmente al XVII sec. fu un albergo,  l’Albergo della Gran Bretagna, e nel 1870 ospitò la casa di cura della sciatica, che ebbe una grande fama all’epoca, in quanto sembra che la titolare la Sig. Orsola De Vecchi, avesse avuto una ricetta segreta da un missionario in grado di fare miracoli per i dolori reumatici ed artritici.

Questo palazzo fu anche residenza della famosa cantante lirica Marietta Brambilla.

In successione è possibile ammirare in tutta la sua bellezza VILLA ROSALES BRAMBILLA, che risale alla fine del 1600. Fu fatta edificare dal Marchese di Castelleone, Matteo Rosales, che fu mandato a Cassano dagli spagnoli per difendere il guado di Cassano da eventuali attacchi francesi.

Passò poi in varie mani, fino ad arrivare in proprietà alla famiglia Brambilla.

La villa è molto bella,  in stile rococò, ha una pianta lineare con la parte centrale più elevata rispetto a quelle laterali. La scenografica scalinata sfrutta il dislivello del giardino per introdurre un elemento architettonico di particolare effetto e pregio e culmina poi con la fontana al centro, ornata da statue di putti, che è attribuita alla bottega del Fantoni (famiglia di scultori bergamaschi che lavorano il legno e il marmo).

All’interno della villa il salone d’onore è affrescato dai fratelli Galliari, scenografi di provenienza piemontese che si stabilirono a Treviglio ed ebbero discreto successo nell’attività pittorica.

Legato a questa villa è l’episodio del passaggio di Napoleone III  a Cassano d’Adda nel 1859,  impegnato all’inseguimento dei francesi che, in ritirata dopo la sconfitta alla battaglia di Magenta, distrussero il ponte. Fu così che l’imperatore fu ospite forzato della villa .

Dietro la Villa Brambilla si intravede il Campanile, annesso alla chiesa parrocchiale, alto 42 metri .

Fu fatto costruire insieme alla chiesa nel 1381 da Regina della Scala, vedova di Barnabò Visconti , donna molto pia. Nel 1776 la chiesa andò distrutta e fu quindi costruita l’attuale, molto più grande della precedente, ma con la sua imponenza non rende giustizia all’elevazione della torre campanaria, che per molto tempo è stato l’edificio più elevato di Cassano, utilizzato nelle epoche passate anche come torre di vedetta. Nel 1911 il campanile fu dichiarato monumento nazionale.

A fianco della chiesa si trova palazzo Berva, che risale ai fine dell’800, appartenuto ad una ricca famiglia di proprietari terrieri, i cui ultimi esponenti morirono senza lasciare eredi e quindi donarono l’edificio all’ospedale. La facciata è sobria con un ampio portale in granito sormontato da un elegante balconcino in ferro battuto. La pianta del palazzo è ad U , con le parti laterali interne più basse rispetto a quella centrale. All’interno può ancora vedersi qualche sala con soffitti a cassettoni e affreschi di tema naturalistico. Il palazzo si affaccia sul Belvedere, ma in origine si collegava al giardino sottostante con un sottopassaggio.

 

 

LA VILLA

 

 

 

Il proprietario della Villa, Ing. Ponti, originario della Brianza  (Canzo), aveva impiantato in zona una fiorente attività commerciale, consistente nel recupero dei ciottoli dal fiume e nella loro lavorazione attraverso la cottura nelle fornaci di sua proprietà ricavandone materiale da costruzione, che poi veniva venduto per l’edilizia.

Era proprietario, inoltre, di  alcune cascine ed annessi terreni agricoli coltivati.

La villa fu fatta costruire come residenza di famiglia agli inizi del ‘900 e testimonia le notevoli disponibilità economiche raggiunte dall’Ing. Pietro Ponti .

Dal punto di vista architettonico questa villa rispecchia il gusto dell’epoca e l’amore del proprietario per il recupero delle tracce del passato e sicuramente l’interesse per i reperti storici (di cui se ne vede traccia sotto l’arco d’ingresso della Torretta).

 

 

 

 

foto di R. Siesa

 

Tra la seconda metà dell’ottocento e i primi anni del Novecento, per effetto della rivoluzione industriale, la borghesia  aveva raggiunto un certo potere economico e conseguentemente anche prestigio sociale e politico. Tuttavia, non essendo portatrice di istanze culturali proprie (la rivoluzione in senso moderno dell’architettura avviene qualche decennio dopo), guarda alle espressioni del passato come ad un riferimento per dare lustro ai propri edifici, rivisitando con gusto romantico le architetture del periodo medievale e gotico, talvolta presenti insieme nello stesso edificio, e dà così luogo ad uno stile eclettico, sintesi di diverse  espressioni artistiche.

 

Villa Ponti Maggi - in una cartolina antica da:

Giuseppe Ferri "Sul filo dei ricordi - Fatti, tempi, luoghi in cartolina"

 

In questa villa, in particolare, colpisce la torre d’ingresso, che ripropone la torre merlata dei castelli medievali e caratterizza l’immagine del complesso, che si configura verso l’esterno come una corte chiusa senza altri elementi di particolare rilievo. Anche i cromatismi della torretta, nell’alternanza di rossi e ocra, ora un po’ consunti dal tempo, richiamano alla mente le atmosfere medievali. Conferisce ulteriore eleganza alla facciata il bugnato realizzato con il ciottolato.  

 

Villa Ponti Maggi - cortile interno - in una cartolina antica da:

Giuseppe Ferri "Sul filo dei ricordi - Fatti, tempi, luoghi in cartolina"

 

La villa all’interno del cortile non ha elementi architettonici particolari, anche perché durante la seconda guerra mondiale è andata parzialmente distrutta, a causa dei bombardamenti sul ponte. Più di quindici stanze andarono distrutte e delle originarie sale di rappresentanza attualmente ne possiamo ammirare solo tre, oggetto di recente restauro.

 

i restauri delle sale

 

I restauri sono durati quattro mesi con l’impiego di tre persone. Sono occorsi due mesi solo per la sala da pranzo.

Le tecniche di restauro si sono svolte in quattro fasi: dapprima una attività di studio e ricerca (stili, materiali e tecniche), poi la pulitura delle superfici, quindi il consolidamento delle pareti e infine il reintegro pittorico.

I materiali e i colori utilizzati sono aderenti a quelli dell’epoca e sono stati realizzati con metodi naturali mischiando terre a calce.

Solo sul soffitto della sala da pranzo si sono rese necessarie cinque mani di colore.

Dal punto di vista rappresentativo la sala da pranzo è la più interessante, espressione dello stile eclettico dell’epoca, per la contestuale presenza sopra la porta di un medaglione (scoperto durante i restauri), che richiama gli stemmi rinascimentali, e per le delicate ghirlande di fiori alle pareti, espressione del liberty floreale dei primi del novecento. Molto bello il soffitto a cassettoni sorretto da capitelli: quattro più grandi (di cui uno solo è originale, gli altri sono stati ricostruiti fedelmente mediante calco in gesso) e numerosi piccoli.

La boiserie, molto ben conservata e di ottima fattura, è originale, in alto rappresenta un’elegante medaglione raffigurante una testa di cane all’interno di un corno da caccia. Anche i lampadari sono d’epoca.

Il restauro delle due sale successive ha interessato soprattutto i soffitti, che si presentavano molto ammalorati, rendendo necessaria la sostituzione di alcune formelle in pessime condizioni o addirittura in alcuni casi mancanti. La differenza cromatica impercettibile è segno dell’opera di sostituzione. Poiché i restauri non hanno rinvenuto tracce di decorazioni alle pareti, le due sale sono state ridipinte tenendo conto dei colori e dello stile dell’epoca, in modo da rendere l’idea degli ambienti originari senza tuttavia creare un falso storico.

 

La storia della famiglia

 

Alla propria morte l’Ing. Ponti lascia alle tre figlie una villa e una cascina con annessi i terreni a ciascuna. Alla figlia maggiore, Emilia, toccò in eredità questa villa.

Emilia, donna raffinata, sposò Giulio Maggi, un industriale che aveva una fabbrica di setole per spazzole a Milano. Dall’unione nacquero tre figli: Olga (alle quale spettò la casa di Canzo), Pierfranco, che ha ereditato la villa di Cassano e Marco, morto in giovane età per una brutta malattia. Entrambi i coniugi morirono intorno agli anni ’30.

Fin da bambino Pierfranco Maggi manifestò un’autentica passione per la coltivazione  delle piante, tanto che il padre più volte tentò di potarlo con sé in fabbrica per avviarlo alla propria attività, ma non ci fu verso, perché il giovane non perdeva occasione per raccogliere terra e concime e piantare e innestare piante.

Raggiunta una certa età, il giovane Pierfranco intraprese un viaggio, che lo portò in Egitto, dove conobbe una donna di origine greca, di nome Evangelia Belleni, che sposò e portò con sé a Cassano. Di questa donna si racconta che avesse una forte personalità e grande fascino; sicuramente era una donna di mondo, in quanto conosceva alcune lingue, amava la vita di società e non disdegnava il gioco. Visse in questa casa anche durante la guerra, periodo in cui la villa fu occupata da una guarnigione tedesca, cosa che le diede modo di apprendere agevolmente anche il tedesco.

Pierfranco Maggi, divenuto proprietario della tenuta finalmente ebbe la possibilità di realizzare la sua passione, impiantò qui una coltivazione di orchidee, costruendo nel giardino alcune serre e un grosso camino per il loro riscaldamento.  

 

Villa Ponti Maggi - le serre della coltivazione delle orchidee Pierfranco Maggi

da: Giuseppe Ferri "Sul filo dei ricordi - Fatti, tempi, luoghi in cartolina"

 

L’attività florovivastica acquisì una certa importanza, e Pierfranco divenne noto nel settore per aver realizzato alcuni ibridi di orchidea e quattro specie furono registrati a suo nome nel Registro botanico di Londra come orchidee selezionate.  

 

Villa Ponti Maggi - interno di una serra della coltivazione delle orchidee Pierfranco Maggi

da: Giuseppe Ferri "Sul filo dei ricordi - Fatti, tempi, luoghi in cartolina"

 

Nel dopoguerra i due coniugi si separarono di fatto e Pierfranco visse a Bordighera, dove continuò la sua attività di floricoltore ed ebbe una nuova compagna, che pare fosse una profuga jugoslava.

Alla morte di Evangelia, nel 1962, la villa di Cassano passò all’unico figlio Giulio, il quale sposa una vedova con due figli, di nome Giuseppina Borghi (figlia dell’industriale delle cartiere Borghi), la quale però, molto probabilmente, non nutriva grande interesse a mantenere la villa di Cassano. Infatti prelevò tutti gli arredi e gli oggetti della casa e li trasferì nella propria casa di Milano.

Fu così che Pierfranco,  tornando a Cassano, trovò la casa spoglia e decise di venderla.

Nel 1972, secondo quanto si racconta, dopo aver respinto alcune proposte, accetta - forse per simpatia - quella dell’Ing. Colombo, che da allora ci ha abitato con la famiglia, destinando parte del complesso ad albergo e ristorante, così alcuni locali e parte del giardino sono stati adattati per quest’esigenza.  

 

 

 

il lazzaretto Manzoniano

 

 

Degno di nota (anche se al momento andrebbe fatta un’opera di recupero al vecchio assetto) è il giardinetto adiacente la villa, classicheggiante, con la piccola fontana, che lateralmente è chiuso da un piccolo portico formato da colonne in granito, che l’Ing. Pietro Ponti, evidentemente appassionato di antichità, aveva acquistato dallo smantellamento del Lazzaretto di Milano del 1630, che, come noto,  era il luogo destinato al ricovero dei malati di peste, ricordato dal Manzoni nei  Promessi Sposi.

Nel 1928, a ricordo dell’opera di recupero paterna, la figlia Emilia volle porre una targa di  marmo che è visibile ancora oggi.  

sullo sfondo le colonne del lazzaretto Manzoniano - foto di R. Siesa