LA CHIESA PARROCCHIALE
FACCIATA
L'imponente facciata settecentesca è divisa verticalmente da
cornicioni in due ordini sovrapposti sormontati da timpano, mentre
orizzontalmente è in sei grandi specchi divisi da lesene, dei quali
quattro per le nicchie dei Santi e due per il portale ed il solenne
finestrone.
Sull'alta fascia basale in granito sono il bel portale lineare e le
nicchie per i Santi Zeno e Carlo. Più alte sono le altre due per S.
Maria Maddalena e S. Eurosia, allineate col finestrone di semplici ed
eleganti linee. Il timpano è fiancheggiato da due vasi e sormontato
al centro dalla statua dell'Immacolata.
L'architetto è Paolo Bianchi (1780) mentre Carlo Martinelli è lo
scultore delle statue (1780).
La chiesa è stata costruita dal parroco don Carcano nel 1776,
ultimata dal parroco don Carlo Guaitani (1780).
Restauri di conservazione sono stati eseguiti nel 1940 e nel 1980.
La statua di S. Carlo è stata offerta dai sacerdoti, quella di S. Zeno
dai parrocchiani, quella di S. Eurosia dai contadini, quella di S.
Maria Maddalena dai barcaroli e quella dell'Immacolata dalle donne
col ricavo della filatura del lino nelle giornate festive.
L'altezza della facciata è di 30 metri senza computare la statua
dell'Immacolata. Nel 1782 la Confraternita cede il suo oratorio di
fronte alla chiesa perché il marchese Marcantonio Cornaggia vi
possa realizzare il suo palazzo. Su disegno dell'architetto Bianchi
sorge il nuovo edificio con la convenzione di un ampio cortile che
conceda di ammirare la facciata della prepositurale e, sia area di
rispetto e di uso della chiesa stessa.
INTERNO
Dal primo sguardo l'impressione è che questa sia una cattedrale. La profondità della chiesa, l'altezza,
l'architettura serena, verticale. La luminosità indisturbata da sovraccarico di decorazioni, stucchi statue e
pitture, l'unica navata dove è il trionfo delle linee, le due tazze che rompono il soffitto a botte, il solenne
presbitero alto sulla gradinata, i matronei ornamentali, la monumentalità degli organi sostenuti da classiche
tribune, le cappelle laterali sobrie e nascoste chiuse da leggere cancellatine in battuto, il pavimento di marmo,
tutto dà il senso di maestosità.
Se proprio vuoi trovare un difetto, nota
che la testa dell'abside e del coro è
piccola in proporzione al corpo della
grande navata.
Ti puoi accorgere che l'edificio ha subito
un prolungamento per eseguire il quale
nel 1936 sono state chiuse due finestre
per concedere al pittore di disegnare a
cassettoni la volta.
Avrà guadagnato l'affrescatura, ma si è
spenta la luminosità del tempio.
Tutta l'unica navata s'innalza
verticalmente coperta da volta a botte
fino a metri 20, e si allarga a portare una
prima tazza alta metri 25, poi continua
restringendosi alle dimensioni
dell'ingresso e arricchendosi di matronei
festosi e composti; si riallarga per una
seconda tazza prima di restringersi al
presbitero dove tocca i 32 metri di
cupola. Il totale della lunghezza 68 metri dei quali 50 in navata e 18 per il presbitero ed il coro.
Le dimensioni in larghezza: superate le piccole cappelle del battistero a sinistra e della Madonna di
Caravaggio a destra, la chiesa si allarga in corrispondenza della prima tazza e dar spazio agli altari della
Madonna del rosario e di S. Antonio in metri 18,75. Sotto l'originale festone dei matronei sono ricavate quattro
cappelle e la larghezza è di metri 12.10. Si allarga ancora in transetto per sostenere la seconda tazza e far
posto agli altari del Sacro Cuore e di S. Giuseppe.
Imponenti e armoniose sono le cantorìe sui fianchi del presbiterio. L'architettura è di un teatro settecentesco
veneto con matronei per famiglie nobili, costruito nel 1777-1778, su disegno di Paolo Bianchi.
La chiesa fu prolungata dal 1886 al 1890 su disegno dell'architetto Maciacchini con una imponente cupola.
Disastroso fu il crollo (5 Luglio 1890). Su progetto dell'architetto Cesare Nava fu ricostruito il prolungamento.
La festa di benedizione è del 23, 24, 25 Ottobre 1897, già innalzati anche gli altari del Sacro Cuore e di S.
Giuseppe eseguiti da Martinetti.
La superficie precedente il prolungamento era di metri quadri 480 e fu raggiunta quella di 900.
Monsignor Favalli, ultimò l'opera di abbellimento dal 1936 e al 1942 quando il Vescovo Cazzani venne a
consacrare la chiesa, eseguiti affreschi, pavimento in marmo, riordino dell'organo e degli altari.
Toccò al parroco don Valli la sistemazione del presbiterio secondo le nuove regole liturgiche nell'anno 1974.
Altezza della tazza: metri 25.
Altezza della cupola: metri 32.
Altezza della volta a botte: metri 20.
Altezza del campanile: metri 42.
Lunghezza totale della chiesa: metri 68.
Lunghezza del transetto: metri 18,75.
Larghezza navata: metri 12,10
PAVIMENTO E ZOCCOLATURA
È stato eseguito nel 1940 dalla ditta Pelmi di Verona. Fu strappato il pavimento in cotto offerto dal marchese
Gian Battista D'Adda nel 1870 e su strato di calcestruzzo è posato il nuovo di marmo rosso di Verona, ricco di
disegni geometrici. Il pavimento del presbitero è realizzato dalla ditta Comana di Bergamo nel 1974 in
occasione della riforma liturgica della mensa eucaristica.
VETRATE
La più antica è quella dell'Immacolata, cotta a fuoco con tinte forti nel 1897 e trasportata del catino dell'abside,
nel 1940 ampliata con l'aggiunta dei santi Zeno ed Omobono dalla ditta Corvaga e Bazzi di Milano, sopra il
portale d'ingresso. Fu restaurata dalla ditta Cristiani di Crema nel 1981. Le altre quattro vetrate a mezzaluna
sono realizzate nel 1939 dalla ditta Corvaga e Bazzi con cornici di frutta e fiori di reminiscenza cinquecentesca
e coi simboli dei titolari degli altari che sovrastano: frumento ed uva per l'Eucarestia, covone di frumento per S.
Giuseppe, l'albero di rose per La Madonna , pianta di datteri per S. Antonio in memoria dell'apostolato in
Marocco.
Scoppiata la polveriera nel 1947 le vetrate di destra vanno in frantumi e sono rifuse nel 1949. Una tromba
d'aria nel 1967 fa cadere le vetrate di destra che la ditta Bontempi di Brescia sostituisce comprese quelle di
sinistra, realizzando 144 antini di vetro cattedrale tabacco smerigliato rilegato in trafilato di piombo, illuminando
un po' la chiesa già troppo oscura. Altro intervento di restauro necessita nel 1981.
ACQUASANTIERE
Sono dello scultore Bruno Bendoni. Di marmo pregiato con sfumature di viola variegate da striature bianche.
Sostenute da piedistalli in marmo di Carrara. Eseguite nel 1946.
VIA CRUCIS
Offerta dal prevosto Favalli e collocata nel Marzo 1940. È opera in terracotta di Guglielmo Michieli veneziano
residente a Pizzighettone dal 1924. Sembra che Favalli l'avesse commissionata per Gazzuole dove era
parroco. Infatti molti paesaggi rappresentati ricordano il paese gonzaghesto, i suoi portici.
BANCHI
Sono stati acquistati ed offerti dalla popolazione nel 1962.
PULPITI
Sono opera dell'architetto Carlo Amati del 1809, che stava lavorando a Milano per realizzare la facciata del
duomo.
ORGANO
Su due tribune eseguite nel 1936 su disegno del Nava è stato trasportato l'organo dal fondo della chiesa,
riordinato dalla ditta Rotelli-Varesi di Cremona e collaudato nel 1937 da don Antonio Concesa, ed i maestri
Vincenzo Germani di Cremona e Arnaldo Bambini di Verolanuova. Ha avuto ripetuti restauri dalla ditta Arturo
Pedrini nel 1952.
PRESBITERIO
Superata una maestosa gradinata in marmo rosso di Verona arriviamo in presbiterio. Vasto, da pontificali,
affiancato dalle portacantorie rinascimentali eseguite su disegno del Nava, con quattro nicchie per i busti
settecenteschi in rame argentato portareliquie, chiuso in alto dalle due serie di canne.
La custodia dell'eucarestia con l'alzata in cui è incastonato il tabernacolo costruito dai fratelli Paleni di
Bergamo sempre su disegno del Nava, in marmi ornati da bronzi, inaugurato l'otto Dicembre 1904. Sostituito il
tabernacolo disegnato dal prof. Carlo Amati architetto della facciata del duomo di Milano e l'altare disegnato
dal prof. Giuseppe Levati che aveva affrescato il palazzo D'Adda, realizzati nel 1801.
Il tabernacolo ha la porticina d'argento sbalzato rappresentante il profeta Elia invitato dall'Angelo a mangiare il
Pane che rinforza. È del settecento.
Originali sono le due statue di S. Zeno e di S. Carlo in rame sbalzato ed inargentato ottocentesche, nello
stesso stile dei paramenti, pallio, candelieri e ferule, ricchi di vetri colorati, restaurate nel 1974.
La riforma liturgica del dopo concilio ha richiesto tutta una ristrutturazione: fu rifatto il pavimento, demolito il
tempietto collocato sull'altare nel 1927, utilizzato il basamento per gli attuali amboni, tolte le balaustre,
ridimensionati i gradini, realizzata una nuova mensa utilizzando il pallio in rame argentato ottocentesco con
l'ultima cena restaurato nel 1974, proveniente dalla bottega dell'argentiere Broggi di Milano.
L'attuale custodia dell'Eucarestia è stata arricchita da tre bassorilievi in marmo dello scultore cremonese
Ferraroni, rappresentanti la Cena di Emmaus. Abramo che sacrifica Isacco, il pane di Elia.
L'arcibanco in stile rinascimentale è del 1937 eseguito da Attilio Biffi; su disegno e direzione del professor
Bellotto di Treviglio con intarsi della ditta Cassani ed intagli di Secondo e Pino Tacchinardi-Milanesi di
Castelleone.
Gli specchi d'intarsio del dossale rappresentano l'Immacolata, con Regina della Scala che offre il disegno
della chiesa, S. Omobono patrono della diocesi, e S. Zeno che ridona la vista alla figlia di Gallieno, il quale dal
trono porge al Santo la corona d’oro.
Si allineano le cappelle laterali ad arricchire di arte il tempio e di devozione le comunità.
Lo studio delle cappelle e degli altari è interessante non solo per motivo artistico, ma ancor più per la
conoscenza delle devozioni della comunità.
CAPPELLA DEL BATTISTERO
Una cancellata in ferro battuto ci introduce. Maestosa è la vasca
in marmo rosso di Carrara eseguita nel 1940, sormontata da
tempietto coperchio a custodia degli Oli santi, intagliato in legno
massiccio con la scultura del battesimo di Gesù.
Il pittore Miolato, reduce da Erbezzo e S. Sebastiano in
Cremona, nel 1940 esegue l'affresco. Il vescovo Cazzani il 20
Ottobre 1940 inaugura i lavori.
La tela qui collocata è citata nella Visita pastorale del 1819. La
precedente vasca battesimale settecentesca è ora collocata in
giardino della casa parrocchiale.
La riforma liturgica richiede la celebrazione del battesimo in
luogo ben evidenziato; ma questa cappella si mantiene come
richiamo al fondamentale sacramento della vita cristiana.
Un bel mestolo settecentesco è dote antica; il servizio dei vasetti
degli oli santi è stato offerto in occasione del battesimo di
Memeo ed il piviale bianco con lo stemma di Cassano e le
immagini dell'Immacolata e S. Luigi sono ricavati dalla bandiera
della Congregazione nel 1963 in occasione del battesimo delle
bambine Forti.
ALTARE DELLA MADONNA DEL ROSARIO
Il maestoso altare di marmo, come il dirimpettaio di S. Antonio, è innalzato nel 1780 dalla Confraternita del
Rosario su disegno di Paolo Bianchi e realizzato da Giacomo Marchesi e Stefano Albrizio marmorini di
Como, per lire 5.000.
Gli angeli sovrastanti le alte cornici del frontespizio sono in terracotta: opera del Sevesi, eseguiti nel 1780 e
laccati in bianco, con gusto discutibile nel 1823.
La primitiva statua della Madonna era un manichino vestito con manto prezioso che servì a realizzare il
paramento liturgico in seta rossa di piviale pianeta e continenza eseguito da Solivari di Lodi.
Una statua in legno della bottega di Val Gardena fu offerta nel 1935 dalla signora Cernuschi. Viene esposta
nel mese del Rosario sotto un baldacchino offerto da mons. Favalli, e portata in processione fino al 1964 in
occasione della sagra del paese.
Ora, a sostituire la statua, è collocata una seta dipinta raffigurante la Madonna del rosario come una dama
del settecento, in veste fiorita, con in braccio il bambino e in mano la corona del rosario e rose. Questa seta
era il velo che ricopriva, secondo l'usanza antica, la statua della Madonna.
Veniva "alzata" per grande solennità o per richiesta di devoti con particolari cerimonie e offerta. Il dipinto,
ormai dimenticato in soffitta, fu restaurato da Marcello Bonomi e riordinato in cornice nel 1965 e restituito al
suo altare per il quale era nato nel 1780.
La tela del Cristo morto del 1685 è stata acquistata nel 1965, restaurata e qui collocata a dare colore.
La mensa ed i gradini dell'altare sono riordinati dallo scultore Ferraroni di Cremona nel 1967. Fu incorporato
all'altare il pallio in scagliola dipinta originale del settecento di buona esecuzione.
È murata, a ricordo di riconoscenza, a lato dell'altare, una lapide per Luigi Corsini e Giuseppina Legnani
coniugi, insigni benefattori della parrocchia nel 1935.
CAPPELLA DELLE RELIQUIE
Questa cappella è stata ricavata dall'area della sacrestia della chiesa del 1380, addossata al campanile di
Regina della Scala, nel 1776 per la custodia e venerazione delle reliquie dei Santi.
Nel 1837 mentre il prevosto Capredoni riordina la chiesa, la famiglie Ragazzoni, generosi benefattori
commercianti in legnami, offre di costruire ex novo l'altare in marmo dedicandolo al Crocefisso, che viene
benedetto il 18 Aprile. I registri di amministrazione parrocchiale segnano due rate di pagamento: 450 lire nel
Maggio, e 1450 a saldo. Lo stesso crocifisso ligneo attualmente conservato in sacristia facilmente è
eseguito e destinato e offerto per questo altare.
I tempi cambiano e si modificano gusti e devozioni. Nel 1943 il prevosto Favalli restituisce le reliquie dei
Santi a questa sede. In tre custodie, centrale e laterali, sotto grate metalliche, in reliquiari artistici
settecenteschi in legno ed in metallo, in forma di urne, palme, busti, teche, vengono esposte alla
venerazione dei fedeli le numerose reliquie di martiri e santi che formano religioso tesoro della chiesa.
Nelle grandi nicchie trovano sistemazione i reliquiari già appartenenti sia alla chiesa parrocchiale come gli
altri già proprietà della chiesa francescana di S. Antonio. Quattordici reliquiari sono a forma di palma, 4 a
forma di busti in legno argentato, una bella croce in legno dorato, sei ferule della confraternita del Corpus
Domini adattate a questo uso. Ecco l'elenco alfabetico dei Santi più
noti che qui hanno reliquie:
Agata, Agnese, Alessandro Sauli, Alfonso, Armando, Ambrogio, Anna, Andrea, Angela Merici, Antonio abate
e Antonio da Padova, Aquilino, Bartolomea Capitanio, Bartolomeo apostolo, Basilico, Benedetto, Bernardo,
Bernardino, Biagio, Camillo, Carlo, Celso, Dionigi, Domenico, Elisabetta, Felice, Felicita, Filippo, Francesco,
Francesca, Ignazio, Lucia, Lucio, Luigi, Maddalena, Margherita, Marco, Maurizio, Mauro, Matteo, Nazaro,
Omobono, Orsola, Paolo, Pietro, Pio, Rocco, Roberto, Sebastiano, Simone, Silvestro, Stefano, Sisto,
Teresa, Tommaso, Valentino, Vincenzo, Zeno. Abbiamo anche tre frammenti della S. Croce di cui uno
sistemato in un prezioso ostensorio ambrosiano del 1600.
Sono di particolare valore i quattro busti in legno argentato del settecento. L'altare è tutto in marmo bianco
in stile neoclassico con sarcofago mensa che richiama, intonatissimo, il concetto della sepoltura. Il gradino
sovrastante la mensa è ornato da bronzi.
CAPPELLA DI SANTA RITA DA CASCIA
Costruito nella cappella disegnata dall'architetto Nava nel 1897 ed
eseguito su disegno del Martinetti per la somma di lire 3290 offerta
dalla famiglia Tarchini e dalla signora Luigia Rusca nipote di don
Giuseppe Rusca.
Linea classica cinquecentesca realizzata con stucco e l'aggiunta di
intagli in legno di rami di rose negli anni 1947 per soddisfare il
gusto dolciastro di devote che sostituiscono il titolare primitivo con
S. Rita. Era l'altare della S. Famiglia con una buona copia di quel
capolavoro coreggiesco del Barocci (1528-1612) conservato in
Pinacoteca Vaticana "il riposo della S. Famiglia". Detta copia ora si
conserva in sacristia. L'altare è in cemento e stucco; ai capitelli
sono quattro piccoli busti e sul paliotto è raffigurato il trionfo della
croce.
Il Miolato nel 1939 ha eseguito i due affreschi laterali della
cappella raffiguranti la S. Famiglia e S. Angela Merici. Di buona
fattura il primo e di mediocre valore il secondo. Ricordano il titolare
primitivo e la Fondatrice dell'istituto delle Figlie di S. Angela che a
Cassano vantava discreta Compagnia.
Le devozione a S. Rita a Cassano è nata nel 1947 da un gruppo di
pellegrine al santuario di S. Rita in Torino con il vicario don Mario
Bassi, che al ritorno richiedono che anche tra noi si alimenti la
devozione allora in grande diffusione alla Santa degli impossibili.
Viene scolpita la statua dal bergamasco Giosué Marchesi,
collocata dopo solenne processione nella nicchia scavata ed
ornata per l'occasione il 22 Maggio 1948.
ALTARE SACRO CUORE
L'altare in stucco.
Innalzato nel 1898 su disegno dell'architetto Nava e offerto dall'ing. Pietro Rusca. La mensa dell'altare in
marmo è stato aggiunto da mons. Favalli e consacrato dall'amministratore apostolico nel 1943-1944.
Nel 1954 i parrocchiani offrono in occasione della messa d'oro del parroco il tabernacolo in argento dotato di
sicurezza, dato che a questo altare si conservava l'Eucarestia.
La statua del S. Cuore è di scarso valore artistico. La devozione al S. Cuore è stata potenziata in parrocchia
dal prevosto mons. Milani e trovò il periodo più vissuto tra le due grandi guerre mondiali, documentato dalla
affluenza alla Comunione di ogni primo venerdì del mese. Le balaustre in marmo sono un'aggiunta del 1943.
CAPPELLA DELLA MADONNA DI CARAVAGGIO
Nella prima cappella di destra c'è uno stupendo gruppo statuario di marmo di Candoglia acceso di rosato;
rappresenta l'apparizione della Madonna a Caravaggio.
Osservate come l'artista coglie il colloquio celestiale: Maria, ritta in atteggiamento di sovranità materna, dà
risalto alle parole di conforto e di missione divina col gesto della mano destra alzata. Giovannetta, prostrata
in umile posa, preme le mani sul petto, quasi a frenare i battiti del cuore commosso. Il viso, lo sguardo, le
labbra semiaperte dicono il rapimento nell'ascolto della voce di Maria. Il gruppo è un ottimo esemplare
settecentesco: barocco sobrio, composto, religioso, che ha mantenuto tutti i suoi valori svestito della retorità
e teatralità. Il paludamento, la severità degli atteggiamenti, il grassoccio gonfiore dei volti e delle mani si è
ricomposto dopo i contorcimenti discutibili del seicento. Donde venne a Cassano questo gruppo? Il prevosto
Favalli ha cercato nello scultore bergamasco Fantoni morto nel 1734 l 'autore, trovando somiglianza di stile
con quella Madonna dei campi in Frignano di sicura attribuzione fantoniana. Don Valli ha aggiunto
argomentazioni nell'archivio di Rovetta e trovò che furono commissionati lavori al Fantoni da Cassano e da
Caravaggio, dallo stesso marchese Erba. Di questi giorni al santuario di Caravaggio arrivano documenti che
orientano diversamente l'attribuzione dell'opera.
L'amministrazione del santuario di Caravaggio nell'anno 1717 commissiona allo scultore Stefano Sanpietro
un complesso di 6 statue da collocare sull'altare maggiore: si tratta di quattro statue raffiguranti le virtù e due
raffiguranti la Madonna e Giannetta. Muore il Sanpietro che viene pagato con 1.200 lire e sottentra
nell'esecuzione dell'opera progettata lo scultore Melone che riceve in acconto lire 5.800 ed altre 4.000 per
liquidazione.
L'opera è quindi da attribuirsi al Melone, visto che ha ricevuto il compenso maggiore, e, addirittura la vedova
del Sanpietro restituisce all'amministrazione del santuario il denaro ricevuto come acconto. Nel 1737 si sta
sistemando l'altare maggiore del santuario. La composizione delle sei statue è provvisoriamente collocata
nell'area del santuario su un basamento di legno in attesa di definizione di tutto il complesso architettonico
del presbitero e dell'altare. I fedeli sono orientati anche alla devozione a questa rappresentazione
monumentale. Al momento di decidere la definizione architettonica dell'assieme, vengono accettate le quattro
statue delle virtù collocate tra le colonne del tempietto sovrastante l'altare, ma vengono scartate
quelle rappresentanti la Madonna e Giannetta.
Quale il motivo? Sottentrò un nuovo progetto di sistemazione architettonica che richiedeva un fastigio ispirato
al baldacchino berniniano che non concedeva spazio alla collocazione della Madonna che sembrava più
opportuno destinare in uno scurolo sul luogo dello sgorgare della fonte miracolosa? Non si volle accettare
una immagine di marmo in sostituzione di quella in legno che nel 1710 il Capitolo vaticano aveva insignito di
corona d'oro? Non si seppe rinunciare alla possibilità di una immagine da rivestire con manti preziosi e con il
pettorale d'oro ornato di 106 brillanti, 250 diamanti, 125 rubini, trafugato da Napoleone? Sottentrò l'idea che
una immagine di freddo marmo fosse meno adatta alla devozione anche se più atta all'ornamentazione?
Gli Annali del Milani affermano che l'amministrazione del santuario decise di vendere parte della
composizione marmorea: le quattro statue delle Virtù trovarono collocazione in santuario dove tuttora si
ammirano, e quelle della Madonna e Giannetta arrivarono a Cassano. Ecco come andarono le cose:
1749: si stanno facendo opere importanti a Cassano: "Fatto che fu di vivo sasso lo sperone del traghetto, che
prima era costrutto di pallificata, quivi eretta la cappelletta, nella quale stanno riposte le due statue di M.V. di
Caravaggio e della B. Giovannetta: dono entrambe dell'illustrissimo sig. marchese Erba, questore delegato
delle acque, che le comperò dal santuario di Caravaggio, ove dovevano essere collocate, si diede principio,
mediante l'opera dell'illustrissimo sig. marchese D. Febo D'Adda, alla costruzione di un ponte magnifico
sull'Adda in vece del Porto, che prima era. Fu questo disegno dell'ingegnere Delegato delle acque sig.
Bernardo Maria Robecco e fu a spese ratealmente degli ill. signori interessati del pedaggio sig. marchese
D'Adda, eccellentissima Casa Visconti di Brignano... e sig. D. Pompeo Porro".
Il gruppo marmoreo era stato dunque collocato in una cappelletta presso il traghetto. Quattro anni dopo, il 5
Ottobre 1753, grande festa per la benedizione della cappella. Invece di invitare il prevosto, furono invitati i
Cappuccini, creandosi un motivo di più per polemiche tra il Clero della parrocchia e i frati.
1791: la cappella è restaurata da devoti. Ma le guerre napoleoniche devastano il luogo sacrato da grande
devozione dei fedeli.
1818: si ricostruisce la cappelletta, ma il gruppo della Madonna e Giovannetta è già stato ricoverato in chiesa
parrocchiale nella stessa cappella dove si trova tuttora, sacrificata nello spazio semibuio di destra, dato che
al centro è aperta la porta che comunica con il vicolo dei morti.
1927: il parroco Sansoni chiude la porta e colloca al centro della cappella il gruppo marmoreo.
1967: il parroco Valli orna di marmi la cappella sollevando su basamento studiato dallo scultore Ferraroni di
Cremona le due statue tanto venerate.
ALTARE DI S. ANTONIO DA PADOVA
La devozione a S. Antonio da Padova a Cassano è documentata da anni. Nella chiesa parrocchiale
precedente il 1776 il Santo aveva già un altare. Con la costruzione della nuova, quello dirimpettaio la
Madonna del Rosario. Viene eseguito in marmo e gli si dedica lo spazio più vistoso.
L'altare è certamente dell'architetto che ha progettata la chiesa. La statua del Santo è opera di ottima fattura
settecentesca in cotto come lo sono gli angeli sovrastanti l'altare. Erano in cotto rosso. In tempo successivo
con gusto discutibile furono laccati in bianco. È opera dello scultore Sevesi.
Una tela rappresentante la Madonna dei poveri è del pittore Schieppati. Curiosità pittorica è il ritratto del
garzone del pittore, eseguita nell'anno 1780.
A ricordare la storia di questo altare è la lapide del Pio Luogo di S. Maria dei Poveri (confraternita già citata
dal 1400) con dote di terreni offerti dalla famiglia Porro.
CAPPELLA DELL’ADDOLORATA
La devozione all'Addolorata è antica a Cassano. Negli Annali del Milani si legge che il prevosto Settala
acquista la statua dell'Addolorata che ancora si conserva nella sacristia alta (ma è manichino che si vestiva!)
con ampio preziosissimo manto da cui il prevosto Favalli ha ricavato il paramento prezioso di color violaceo.
C'era pure il Cristo morto dello stesso periodo, statua in legno di buona fattura che restaurato nel 1969 è
esposto dal venerdì santo e sabato santo per il bacio dei fedeli. Era importantissima la processione
dell'Entierro al Venerdì santo, per le vie del borgo, di sapore spagnolesco.
Nel 1949 il prevosto Favalli pensava ad una cripta da eseguirsi sotto l'altare maggiore quale sacrario dei
caduti di guerra e cappella invernale. Fu in detta programmagione che fece eseguire dallo scultore Piero
Ferraroni di Cremona l'attuale gruppo monumentale della pietà, ripetendo in grande scala il bozzetto del 1400
attribuito al Bigarelli che ora si conserva nel museo del seminario di Cremona.
L'opera fu realizzata in tre parti scomponibili per ragioni pratiche di processioni: l'Addolorata col Cristo morto,
S. Giovanni e S. Maria Maddalena. Il Ferraroni l'aveva pensata in legno bianco smaltato per essere in stile
con la destinazione di cripta per i caduti. La popolazione, visto il parere negativo della commissione
diocesana per la realizzazione di detto progetto, chiese che il pittore Susini dipingesse l'opera. Il gruppo fu
benedetto dal vescovo Cazzani il 28/X/1948. La cappella è ornata da due tele nelle pareti laterali
rappresentanti Cristo che incontra la Madre sulla via crucis, e la Deposizione di Cristo dalla Croce. Sono
opere di Pietro Verzetti eseguite nel 1911 commissionate dal prevosto Pezzali.
CAPPELLA DI S. FRANCESCO
Era la cappella di S. Luigi Gonzaga con l’altare e la statua regalala da mons. Desirelli nel 1898 su disegno
dell'arch. Nava realizzato dal Martinetti. L’altare è di stucco con quattro medaglioni dei santi Agostino e
Monica. Si riuniva qui il circolo S. Luigi fondato dallo stesso Desirelli, che esprimeva la devozione con le sei
domeniche di S. Luigi e la processione della prima domenica di Settembre, coi giovani di leva a portare la
statua del patrono.
Rallentatasi la devozione a S. Luigi, fu sostituita dall'altra a S. Francesco d'Assisi che vantava una tela
settecentesca, oggi in sacristia, raffigurante l'impressione delle stigmate, a sua volta rimpiazzata con il più
popolare gruppo ligneo scolpito in valle Gardena e offerto dalle Terziarie francescane nel 1935.
II pittore Miolato ha affrescato sulle pareti laterali nel 1941 i Santi patroni d'Italia: S. Francesco e S. Caterina e
i patroni del Terz'Ordine francescano: Ludovico ed Elisabetta d'Ungheria.
Il palliotto rappresenta il trionfo della croce.
L’ALTARE DI S. GIUSEPPE
La devozione a S. Giuseppe è di recente proposta.
Esiste nell'oratorio di S. Dionigi una cappella dedicata a S. Giuseppe affrescata dal Veronese con una tela
attribuita al Montaldo. Qui il prevosto Milani istituisce la Pia Unione nel 1866. E anche nella chiesa di S.
Antonio troviamo una tela a fianco dell'altare maggiore in presbitero.
Nel 1898 con il prolungamento della chiesa su progetto dell'architetto Cesare Nava, viene fatto spazio per gli
altari del S. Cuore e di S. Giuseppe.
Con la generosità dei fedeli e soprattutto del sig. Tarchini si realizza l'altare di S. Giuseppe.
Non ci si meravigli se la vetrata sovrastante l'altare porta i simboli eucaristici: c'è da ricordare che ci fu una
sostituzione dei titolari: si sono invertiti gli altari tra il S. Cuore e S. Giuseppe per rendere più comodo dalla
sacristia il portarsi all'altare del S. Cuore per la distribuzione delle Comunioni dato che l'altare del S. Cuore
era l'altare per la conservazione dell'Eucarestia.
La statua di S. Giuseppe è in legno. Sono state sistemate le balaustre in marmo da mons. Favalli.
L'altare è di scarso valore artistico, realizzato in cemento e stucchi. La Pia unione S. Giuseppe per i morenti,
la devozione al Santo Patrono della Chiesa universale, il Santo del lavoro lanciarono queste devozioni.
L’opera pittorica più antica e preziosa che a Cassano merita di essere conosciuta è certamente il polittico
cinquecentesco conservato nell’abside della chiesa prepositurale.
Lettura del Polittico
Nella cornice cinquecentesca le tavole sono distribuite in tre
ordini sovrapposti. Partiamo dalla cimasa che incornicia la
figura del Padre eterno e fiori.
Nel centro del primo ordine di figure è la Crocifissione di
Cristo, con la Madonna , S. Giovanni, la Maddalena , e due
angeli raccogli sangue dalle mani del Crocifisso. A sinistra S.
Antonio abate con S. Sebastiano e a destra, S. Rocco con S.
Bernardo.
Nel secondo ordine di figure, la centrale Nascita di Gesù,
vegliata dai santi vescovi Ambrogio (sinistra) e Agostino
(destra). Bellissimo lo sfondo leonardesco delle tre tavole,
componibile sotto la cornice che distingue i tre soggetti.
Il terzo ordine di tavole che costituisce il piedestallo del
polittico raffigura Gesù con dodici apostoli.
Sui quattro riquadri che scompongono detta sacra
conversazione, sono descritti i Santi Bernardino, Gerolamo,
Stefano e Francesco.
Sul polittico c’è la firma del Fasolo allievo di Leonardo Da
Vinci, scritta in caratteri arabescali formanti frangia del manto
della Vergine. Bernardino Fasolo fa parte di quella cerchia di
pittori lombardi che, trasferitisi a Genova, dominarono
l’arretrato ambiente pittorico genovese nel primo
venticinquennio del XVI secolo. Figlio di Lorenzo, egli giunse
probabilmente a Genova col padre da Pavia, dove era nato
nel 1489.
CORO DELLA CHIESA PARROCCHIALE
Dovete sapere che c'era una volta a Milano una chiesa dedicata a S. Marta di proprietà della Confraternita di
S. Marta, soppressa con legge di Giuseppe II, il re sacrestano, nella seconda metà del settecento. Questa
chiesa aveva un meraviglioso coro ligneo opera dei Cavana famosi intagliatori di legno, così afferma il Milani.
Ma mi pare che questa affermazione possa essere almeno contestata dallo studio delle formelle che
conserviamo. Infatti i Cavanna Angelo e Giacomo, lodigiani, sono del secolo XVIII. Si conservano di loro
intagli a palazzo Clerici ed a palazzo Perego e Stanga (ora Radice-Fossati) in Milano.
Ma i nostri lavori non sono del settecento, bensì opere del cinquecento, e quindi attribuibili certamente ad
altro artista.
Dunque, tutta la chiesa fu messa all'asta, e tutte le suppellettili sacre. Fu così che sul mercato si trovava in
vendita anche il bellissimo coro di Santa Marta.
I Cassanesi avevano appena terminata la costruzione della attuale chiesa parrocchiale.
Dovevano ultimare la dotazione e le rifiniture. Tra le altre cose mancanti era anche il coro.
Ottima era l'occasione di comperare un'autentica opera d'arte. Si fecero i dovuti passi presso le autorità che
tutelavano e condizionavano le entrate e le uscite dell'amministrazione dei beni ecclesiastici.
Ecco cosa scrive il Milani nei suoi Annali: siamo al 1786: «Vari progetti ebbero il loro esito, luogo, o parte,
nell'anno in cui siamo, a beneficio della parrocchia e del paese. Il primo fu la provvista di un bel coro della
chiesa nuova.
Alle suppliche del sig. Prevosto e degli amministratori della chiesa, umiliati al consiglio di governo, a sua
eccellenza il ministro plenipotenziario, già pervenuto in Cassano e ben disposto dai buoni uffici del
medesimo sig. prevosto, sotto il giorno 7 Agosto num. 2157 e 3533 "Inerendo il Supremo Consiglio di
governo alla rappresentazione dei amministratori dei Vacanti di Porta Ticinese Casiraghi e Veneziani,
approva che si rilascino alla parrocchia di Cassano sopra Adda li 19 stalli, il lettorino, le tre barelle e la
tavoletta della soppressa Confraternita di S. Marta per l'offerta prezzo di lire 700, e che li rimanenti 16 stalli si
rilascino gratuitamente alla parrocchia di Macallo, in vece dell'altro assegno fatto con precedente prescritto".
Con questo decreto e con sì tenue prezzo che fu duopo offerire per arrestare il fervore di altri concorrenti,
fece la chiesa nostra l'acquisto del maestoso coro, che il più bello ritrovar non potea e il più confacente alla
vaga sua architettura, e all'ampiezza del sito, con un lettorino che solo di gran lunga supera il prezzo
suddetto.
Il bellissimo drago che sta sotto il lettorino, come tutti li altri intagli, vengo assicurato essere opera del
celebre Cavana». Mi presi la briga di visitare Maccallo per trovare le formelle gemelle del nostro coro, e non
trovai nessuna indicazione!
Il coro fu quindi trasportato a Cassano con ulteriore spesa e dai fratelli Messaggi egregiamente adattato alla
curvità del luogo.
Nel registro della Confraternità del SS. Sacramento, all'anno 1788, leggo: «A Carlo Stoppa per altrettante
pagate al Regio amministratore de vacanti nella provvista delli dicianove Stalli, lettorino, tre barelle, schienali,
e tavolette, lire 145».
Dunque a Cassano le 19 formelle intagliate furono collocate nella ricostruzione del coro, e rimasero fino a
quando non furono rimosse per il prolungamento della chiesa alla fine dell'ottocento. L'architetto
Macciacchini, innalzata la cupola maestosa sul presbitero nuovo, assistette al crollo dolorosissimo per tutti,
della chiesa prolungata. Sotto le macerie furono sepolte anche le formelle del coro con il lettorino. Se ne
salvarono soltanto tre.
L'architetto Nava, nel risorto tempio, ricollocò i resti gloriosi del coro di S. Marta. Infatti l'ottimo artigiano
cassanese Biffi costruì in stile cinquecentesco il coro ed incastonò le tre formelle rimaste negli stalli centrali.
Leggiamole insieme:
— la prima racconta la resurrezione di Lazzaro. S. Marta campeggia al centro della composizione mentre
Gesù, alla destra, comanda la resurrezione a Lazzaro che riprende vita. Studio perfetto dell'anatomia del
morto che riprende vita;
— la seconda racconta il leggendario sbarco di S. Marta in Provenza. Su uno sfondo di tempesta sul mare e
di naufraghi, la solennità serena della Santa che guida i compagni al porto; — la terza racconta l'uccisione
del fantastico drago. Marta è accanto al santo vescovo Frontone ed è attorniata dal popolo di Tarascona,
mentre il mostro si dibatte nell’agonia. Peccato che manchino tutte le altre formelle che costituivano un
meraviglioso ciclo di scultura lignea che raccontava tutta la leggenda della Santa.
Da "I Quaderni del Portavoce n. 9" "Comunità e Chiesa Parrocchiale di Cassano d'Adda" di don Carlo Valli.