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ILLICA A GIULIO RICORDI  - Milano

Cassano d’Adda, aprile 1901

 

Carissimo Sig. Giulio,

                                   sono in piena Butterfly e vado avanti a gonfie vele! Gli effetti e momenti musicali abbondano, il giuoco di scena vivacissimo e nuovissimo.

Certo che mi preoccupa un po’ il secondo quadro. Bisogna trovare e cercherò di trovare! In questo primo quadro i momenti per la musica sono perfino troppi: io però ci li metto tutti, e dopo si vedrà quali sono da conservare e quali no, perché sono tutti belli.

Per Germania1 le correzioni sono molte e molte, e la riduzione delle didascalie richiede un vero rifacimento. Posso aspettare a lavorarvi a bozze complete? Faccio per non interrompere Butterfly per la quale ho ritrovata la lena.

A Mascagni2 ho scritto una cartolina dicendogli che Giulio Ricordi ha pensato di ritrovarci tutti ancora, la qual cosa è bene sotto tutti gli aspetti. Intanto io guadagno tempo. Quando press’a poco farà ella venir giù Mascagni?

 

1 Libretto per l’opera di Alberto Franchetti.

2 Si riferisce all’opera in progetto, per la quale era previsto il solito binomio Illica-Giacosa. Illica desiderava prender tempo avendo già troppa carne al fuoco.

 

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Puccini a Illica – Cassano d’Adda

Milano, 7 aprile 1901

 

Caro Illica,

                 eccomi di ritorno. Butterfly è affare fatto. Dall’America giunsero definitivi accordi. Come rimpiango che tu non sia a Milano. Quando ci vieni? Ho bisogno di vederti.

 

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ILLICA A GIULIO RICORDI  - Milano

Cassano d’Adda, aprile 1901

 

Carissimo Sig. Giulio,

                                    ed ecco l’errore (secondo me) di Puccini, ed è di credere che il dramma della Butterfly consista nei dettagli di scena conditi dal Belasco. Certo che sono quelli che lo hanno sorpreso a tutta prima (non comprendendo una parola) e colpito; ma perché il dramma forte farebbe parere bellissimi altri dettagli che la nostra fantasia ci può suggerire, diversissimi da quelli del Belasco che non solo rasentano la caricatura, ma che – scommetto –visti da Puccini su teatri italiani, con parole nostre, non gli avrebbero fatto l’impressione avuta in inglese.

Di permessi del Belasco non ce n’è di bisogno, e tanto meno di dargli denaro, a meno che egli solo abbia il privilegio di drammatizzare o concedere la drammatizzazione di Butterfly.

Veda – a corroborare il mio asserto – la faccenda del tenore! Guai! Non ci pensiamo!... Pinkerton è antipatico! Presentato… non si deve più vedere! Ed è lui il dramma. A lei, che di Butterfly sentiva parlare a malincuore, è piaciuta si e no l’idea del prologo, e non ha poi prestato affatto attenzione ai tre quadri preparati dopo da me. Eppur Ella ha visto l’impressione riportata da Giacosa e da Puccini quando finalmente potei leggere l’ultimo quadro: cosa che mi fu proibita di fare nel di Lei studio, come cosa che non ne valesse la pena. Puah! Orbene, quest’ultimo quadro impressionante è niente altro, in fondo, che la novella1, e non il dramma del signor Belasco! Orbene, quest’ultimo quadro rende necessario Pinkerton anche nel secondo quadro della seconda parte, e cioè ci dà un vero tenore, tipo eccezionale di tenore per carattere, modernità, tutto!!

Perché aspettare Belasco, e possiamo fare di meglio soprattutto se aiutati dalla buona volontà di Puccini, e anche tenuti un po’ più alti, in concetto, come si dice, dal signor Giulio Ricordi e non quotati come dei semplici riduttori di Tosche.

Se Giacosa e io avessimo delle ville, verrebbe voglia di gridare: Meno denari e più stima! Per carità, sig. Giulio, questo è un grido sovversivo. Ville non ce ne sono, ed Ella non ne tenga calcolo. Un po’ più di giustizia sì!

Credo, Le ripeto che Butterfly è la cosa più forte che abbia mai avuto Puccini, forte e nuova, ma non facile! Bisognerebbe trovr modi di combinare benefiche interviste, come per Bohème! Ho detto forte e nuova, ed aggiungo anche: la più adatta a Puccini, alla sua eleganza…. A tutto, anche senza Belasco. E il nostro amor proprio ci spingerebbe a prodigi!!! […]

 

1 Qui Illica sembra dimenticare che nella novella di J.L. Long di morte di Cio-cio-san non si parla: si parla, anzi, di una « ferita » che Suzuky si affretta a medicare. L’accento sulla tragedia di Butterfly è proprio opera di Belasco. (V nota 1 alla lettera 243).

 

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Puccini a Illica – Cassano d’Adda

Firenze, 4 maggio 1901

 

Caro Illica,

                  son qui per il ritratto che Gelli mi fa: giacché mi tratterrò tutta la settimana e poi volerò a Milano. Intanto ho fatto fare una nuova traduzione della Butterfly  da una signora americana che conosce molto bene la nostra lingua e potrà rendere bene le intenzioni del romanziere. Sono ansioso di sentire ciò hai fatto. Certamente son sicuro della impressione ottima, ma vedrai che faremo ancora qualche sedutina col Sig. Giulio e questo, oltre che esserci utile, sarà tanto buon sangue che in lui si siringherà.

Sono stato a Torre otto giorni: deliziosi, un tempo magnifico. Ho scritto a Pavone a londra se quest’anno si riprenderà Butterfly. Oh se si riprendesse! Sarebbe un bel viaggetto.

 

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Puccini a Illica – Cassano d’Adda

Milano, 26 maggio 1901

 

Caro Illica,

                  sempre qui in attesa del copione americano. Intanto ho spedito a Giacosa la novella tradotta. Dimmi, ti senti di fare una gita a Salso (dove è Giacosa) per leggergli il prologo? Io gli ho risposto minacciandolo della nostra visita.

Oggi con Giordano andremo per affari automobilistici in diverse officine. Abbiamo grandi idee. Sognamo 300 cavalli per un teatro-automobile. 1 Bandire però le opere troppo pesanti.

 

1 Era stata inaugurata in quei giorni, a Milano, nei Giardini Pubblici, una delle prime esposizioni internazionali dell’auto e del ciclo, antenata dei moderni Salons, e Puccini la visitava quotidianamente in compagnia di Umberto Giordano « abbiamo la febbre automobilistica », scriveva il maestro all’Illica. « Io, poi, non mi tengo più! ». Aveva iniziato all’automobilismo i due colleghi Alberto Franchetti del quale si può leggere 8in un volume di A. Colombani dedicato all’Opera Italiana nel XIX secolo,  edito come strenna dal Corriere della Sera l’anno avanti, 1900 ) che, « da qualche tempo stava meno rinchiuso a scrivere note e maneggiava con maggior assiduità il volante dello chauffeur che non lo stilo del compositore ».

Il Franchetti proprio nel 1900 era stato nominato presidente del Club italiano degli Automobilisti in seguito al suo adoperarsi per l’affermazione dell’automobilismo sportivo. Del teatro-automobile progettato, sorta di carro di Tespi motorizzato, non se ne fece naturalmente nulla, ma di lì a poco Puccini avrebbe avuto la sua prima macchina.

 

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Puccini a Illica – Cassano d’Adda

Milano, 2 giugno 1901

 

Caro Illica,

                  t’ho spedito il copione.1 leggilo e vedrai che ti servirà (anche per il carattere di Cio-cio-san) per il prologo.

Il Sig. Giulio, dopo la lettura è rimasto completamente conquiso. Mi ha detto che non ha dormito dall’impressione che gli ha fatto. Io desidererei (anche il Sig. Giulio) farne lettura con Giacosa, te, io, sor Giulio.

Partirò per Torre martedì, ma ho l’abbonamento alla ferrovia, perciò quando Buddha2 ritorna da Salso potremo trovarci qui magari colazionando al Cova, auspice l’editore.

L’automobile non l’avrò che verso il 20 giugno.

 

1 Del dramma del belasco.

2 Giacosa, come s’è detto più volte.

 

Tratto da: Carteggi Pucciniani a cura di Eugenio Gara - Ricordi