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PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Torre del Lago, 16 novembre 1902

 

Caro Illica,

    sai cosa ho scoperto? Che il consolato mi portava al fiasco! L'opera deve essere in due atti.1 Il primo tuo e l'altro il dramma di Belasco con tutti i suoi particolari. Assolutamente ne sono convinto e così l'opera d'arte verrà tale da fare una grande impressione. Niente entr'acte e arrivare alla fine tenendo inchiodato per un'ora e mezzo il pubblico! È enorme, ma è la vita dell'opera. Tu che
vedi così bene il teatro, spero vorrai dirmi che ho ragione e se io t'avessi qui ti convincerei come ne sono convinto io. Ora sì che vado avanti con fede! Scrivimi.

P.S.     Ho scritto al sig. Giulio e a Giacosa.

 

1 il primo taglio dell'opera in un prologo e tre atti si viene dunque modificando nel disegno scenico di soli due atti presentiti dalla dinamica teatrale pucciniana, che comprendono l'antefatto drammatico e la catastrofe gradualmente raggiunta, la soluzione tragica. Sparito in blocco l'atto del Consolato che l'Illica aveva ideato allo scopo di variare l'ambientazione da orientale in europea per il colore del quadro scenico (la sede consolare offriva un diversivo scenografico fra tanto nipponismo, Puccini conserva l'antefatto illichiano relativo alle nozze di Butterfly con Pinkerton, felice diluizione scenica di motivi desunti sia dalla novella del Long che dal dramma del Belasco, e gli associa la trascrizione librettistica del dramma medesimo, ridimensionato secondo una più esperta ragione del teatro del fatto.

Quel dramma tutto serrato in un solo atto precipita verso la sua conclusione tragica(il suicidio della protagonista) seguendo una logica dei fatti e dei sentimenti essenziali le cui premesse sono poste chiaramente sin dal principio, quando l'azione prende avvio dall'episodio del già avvenuto abbandono di Butterfly che la lettera di Pinkerton al Console conferma definitivo per tutti tranne che per l'ostinata speranza  della piccola giapponese. Ne risulta un atto, questo secondo, dalla dimensione eccessiva, contro la cui insidia — agli effetti della presa sul pubblico — invano Illica e Giacosa leveranno in un primo momento il senso delle loro buone ragioni teatrali: Puccini ha la sua misura del teatro e a quella sola si atterrà componendo. Visione tutt'altro che erronea, viene fatto di concludere dopo che l’Illica ne dovrà ammettere la fondatezza rispetto a quella colta nel canovaccio primitivo; ma senz’altro audace e rischiosa. E anche grave, data l’audacia del tentativo, non ancora perfettamente realizzato, non compitamente a piombo. Se errore v’è, è di errore di proporzione, cui basterà ovviare interrompendo l’azione con una calata di sipario dopo il coro a bocca chiusa e l’alba descritta sinfonicamente. Quel tentativo provocherà alla «prima» milanese se non la caduta dell’opera (le cui ragioni saranno molte e non tutte d’ordine artistico) certo un senso di disagio nel pubblico e il severo giudizio della critica.

 

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PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Torre del Lago, 19 novembre 1902

 

Caro Illica,

                 io combatto un po’ le tue idee perché rialzare il sipario con una medesima scena non è bello1, e poi ritengo proprio che questo drammino debba cominciare e finire senza interruzione. La fortuna del dramma di Belasco sta nel blocco del dramma, con tutti i suoi difetti che bisogna evitare il più possibile, noi, e c’è mezzo. Tu venissi qui da me, si farebbe in due orette tutto il lavoro, ma non insisto perché tante volte t’ho pregato. Ma deciditi, vieni colla signora Rachele e ci si sta bene qui, vedrai. Ti faccio sentire quel che ho fatto e parleremo di tante cosette . Vieni. Vedi che poi insisto. Ciao, scrivimi. Dammi avviso che vieni.

 

1 Illica trovava poco opportuno una volta accettata la soppressione del quadro del consolato, il far procedere l’azione dell’interminabile secondo atto tutta di seguito. L’interruzione che egli suggeriva fu poi attuata dal Puccini, bell’edizione definitiva dell’opera, dopo il coro a bocca chiusa.

 

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GIULIO RICORDI  a Illica - Cassano d'Adda

Milano, 6 dicembre 1902

 

Carissimo Illica,

                          la ringrazio molto delle informazioni che mi dà relative alle modificazioni apportate a Butterfly. Vedo che anche lei ne è persuasissimo1, come lo è il Puccini: niente di meglio. Spero, anzi, sono certo, ch’io pure dividerò la loro opinione. Mentre ora, pure apprezzando le ragioni addottemi, rimango sempre nel dubbio che l’opera riesca né carne né pesce, ben inteso dal lato utilitario (enorme, non è vero, ch’io dica così?) in modo che non basti a formare un vero spettacolo per una intera serata; difficoltà grave peri teatri di provincia!

Sarebbe doloroso dover ricorrere ai Pagliacci per completare il programma. Intanto sono ben contento che Puccini, dopo questa operazione cesarea, continui con gran lena nel lavoro.

 

1 Persuasissimo proprio non parrebbe/v. lettera 292 di Puccini a Illica). È certo però che a un uomo di teatro come Illica non doveva esser sfuggito il rilievo positivo intorno al rifacimento operato sul libretto:  pur con l’incognita di quella eccessiva lunghezza il nucleo drammatico – rinvigorito dalla trasfusione degli elementi del dramma di Belasco – risultava ora più evidente che nella primitiva stesura. La preoccupazione del Ricordi in merito ad una paventata brevità dell’opera tenevano conto del « taglio » dell’atto del Consolato; in realtà, dopo l’elaborazione librettistica, l’opera doveva riuscire, persino troppo lunga. Così che Puccini dovette poi sacrificarne alcune pagine.

 

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PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Torre del Lago, 17 dicembre 1902

 

Mio carissimo Illica,

                               iersera, tornando, trovai la tua carissima lettera. Le tue sono ragioni vere, ma noi due sragioniamo sempre perché dopo le burrasche le più corrusche succedono quasi degli idilli! E queste e questi ci condurranno alla tomba! Più tardi possibile, però! Butterfly ne soffre un po’, anch’essa subisce l’ambiente e nei periodo idillicaci fa dei passi che spero saranno lunghi.

Ho riletto tutto il lavoro ed ho trovato che la scena fra le donne non va ancora e bisogna rimuginarla di nuovo. L’impianto generale va, ma lo svolgimento ed alcuni dettagli non vanno bene, secondo il parere mio. Ho idea di venire a Milano per Natale e ci vedremo o verrò io a trovarti. Lessi con tanto piacere che col sig. Giulio vi siete rappacificati. Ne godo doppiamente poiché un po’ di merito ce l’ho anch’io: se non altro è stata Butterfly  a fare pateracchio (parola lucchesissima). Dopo essermi divagato godendomi Bernini, Raffaello, Tiziano e il grande Michelangelo a Roma1, rieccomi al tavolo di lavoro.

 

1 A Roma, al Costanzi, c’era stato quasi un festival pucciniano. Prima un ritorno di Bohème, diretta da Edoardo Vitale, con la Pasini Vitale, la Tavella, Bonci, l’Angelini Fornari, il Galli e il Mugnoz; poi ancora una Tosca col terzetto Carelli-Marcolin-Pessina. Pacificazione completa, o quasi, tra Giacomo e l’ambiente operistico della capitale. E qualche giorno di svago turistico con l’amico pittore Plinio Nomellini.

 

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ILLICA a GIULIO RICORDI – Milano

Cassano d'Adda, dicembre 1902

Carissimo Sig. Giulio,

                                  contemporaneamente ad una lettera di Puccini, ricevo il suo panettone! Panettone e lettera sanno (come scrissi a Puccini) di Butterfly. In questo non faccio che prevedere di trovare dei Migone, dei Zambeletti e degli Atkinson!1

Quando Butterfly verrà fuori vedrà, caro signor Giulio, quante cose « alla Butterfly »! Quando Puccini verrà ed Ella sentirà la scenata della lettera… e quando, soprattutto, Ella sentirà il suo cuore stringersi in uno spasimo affannoso allorchè Butterfly corre e torna e presenta il bambino, Ella comprenderà i miei entusiasmi! Sono sicuro che allora solo vedrà come quel benedetto Consolato (dopo!) avrebbe pesato su tutta l’opera! No, dopo la lettera e la presentazione del bimbo tutto deve correre drammaticamente alla catastrofe, sia in un quadro, sia pure in due quadri, ma tenendoci però nel medesimo ambiente.

Scendere quella collina, giù da quel sentiero che noi conosciamo tanto, passare pel porto, attraversare la città europea, entrare nella contrada del Consolato… Non sente Ella che fatica? Non è una distrazione inutile?

Ho ragione di credere che un po’ di calma regni intorno al famoso lago di Massaciuccoli! Auguriamocela, e sarà un fervido augurio che noi facciamo e a noi stessi!  […]

E ben venga Butterfly!  Ben venga Butterfly col suo buon odore di « successo »!

Questo è l’augurio mio, che faccio a Lei, augurio un po’ troppo da egoista, ma io non lo faccio però soltanto esclusivamente all’editore, ma a quel Giulio Ricordi che – sia in bene sia in male – sa comandare all’anima mia come il vento alla bussola!

 

1 Profumieri molto popolari a Milano, in quegli anni.

 

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PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Milano, 18 gennaio 1903

 

Caro Illica,

                Giacosa non accetta la nuova riduzione in un atto1, dicendo che tutto è disastroso, e via ragioni che non capisco e che non sono logiche né serie. Credo che sia un puntiglio, poiché dopo la nostra decisione io non ne feci parte subito a lui. Parla di pubblicazione a parte del suo libretto, ecc. ecc. Insomma quasi una rottura!

Oggi vedrò (poiché vado da lui) se riuscirò a portarlo alla nostra idea, che mantengo anche a costo di dover rinunciare alla sua collaborazione. T’informerò dell’esito.

P.S. Il sig. Giulio mi ha consegnato adesso gli accomodi tuoi ultimi.

 

1 Cioè la fusione della materia di cui consistono gli attuali secondo e terzo atto.

 

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PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Milano, 31 gennaio 1903

 

Caro Illica,

                 non ti vidi più! T’attesi la mattina dopo. Ripenso sempre alle cose mie. Dunque l’interesse vero e grande ha una sosta dopo la « berceuse ». Come sempre  s’è detto, le entrate tanto di Pink[erton] come della moglie sono appiccicate, e io ricordo benissimo l’impressione provata a Londra.

Rifletti e vedrai che se noi non si trova modi di far la scena delle donne ( quella di Pink[erton] mi pare vada bene) cortissima, siamo in errore (e dire che Giacosa voleva far due altri quadri!).

Il pubblico, dopo che ha saputo che Pinkerton è arrivato, è sazio e non prende più quell’intenso interesse che ha prima dell’alba degli uccelli. Dunque, andar via rapidi e soprattutto con pronta logica; pensare a fare una scenetta molto corta e trovare nelle poche parole che Kate dice a Butterfly tutto il succo necessario, come pure nel laconismo e nei silenzi di Butterfly (silenzi ci vogliono, per Butterfly). Insomma bisogna ritornarci, ma con pochi tocchi, pochissimi. Venire al succo con grande tatto e cautela all’affare bimbo, e che arrivi presto il grido:

 

Il sole non può

Più brillare!

 

Se noi indugiamo per arrivare a quello, è dannoso. Questo è il mio parere. Pensaci. Vado a letto. Sono le due. Ciao.

 

Tratto da: Carteggi Pucciniani a cura di Eugenio Gara - Ricordi