Pag. 06

301

 

PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Milano, 5 febbraio 1903

 

Caro Illica,

                 domani vado da Weilweiss a Pavia, a caccia. Tornerò sabato sera. Io non ho urgente bisogno, solo penso a dare una traccia dettagliata e giusta al Budda,1 sempre in riviera. Tu hai la commedia e la novella? Rileggi il « punto delle due donne »:2  dalla commedia non potrai ritrarne buona idea perché anche lì c’è difetto. Forse dalla novella sorgerà il giusto e vero ed unico incontro. Se vuoi che ne riparliamo (dopo averci pensato tu) io vengo a Cassano volentieri, così posso risparmiarti una gita (duolmi dover rinunciare alla sveglia clamorosa!). Dunque scrivimi, così lunedì potrei venire, o anche martedì, ecc.

 

1 Giacosa, alla cui diserzione Puccini giustamente si rifiutava di credere.

2 L’incontro fra Butterfly e Kate Pinkerton sul concludere dell’opera.

 

302

 

PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Milano, 21 febbraio 1903

 

Caro Gigi,

               parto ora per Torre per cinque o sei giorni con Elvira, in auto. Dio ce la mandi buona! 1. Ti scriverò esito. Scrivimi là e se hai fatto scena, mandamela.

 

1 Frase che par quasi presaga, scritta quattro giorni prima del grave incidente automobilistico che costrinse Puccini a lunga degenza e inattività.

 

303

 

PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Torre del Lago, 1 marzo 1903

 

Carissimo Illica,

                          da letto dove rimarrò, dicono due mesi!1 Perché ieri vennero due dottori e mi sfasciarono e trovarono grande affluenza di sangue da non permettere l’apparecchio definitivo che dicono…verrà applicato mercoledì 12 corrente. Figurati! L’immobilità è insopportabile come i dolori dei primi giorni. Ora sono abbastanza tranquillo: penso a Butterfly. O se si facesse una seduta.. qui con te, Buddha e sor Giulio? Che ne dici? Ciao, tante grazie.

P.S. Caro Illica, fu una scena terrificante! Il baronissimo2 non s’è fatto vivo! Ieri mi telegrafò il Re. Più di trecento telegrammi ho ricevuto.

 

1 L'incidente era avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio. Il viaggio in automobile andò bene sino a Lucca, dove Puccini e i suoi familiari si trattennero presso alcuni amici sino a tarda sera. Il freddo intenso ed il buio pesto avrebbero dovuto indurre il maestro ad accettare l'ospitalità per la notte e a riprendere il viaggio il mattino seguente. Ma egli non accolse le esortazioni a rimanere che gli amici gli rivolgevano, e con la signora Elvira e il figlio Tonio si rimise in strada affidando all'autista la guida della macchina. A cinque chilometri dalla città, passato un ponticello, presso San Macario, la strada s'incurvava bruscamente. L'autista non si avvide della curva improvvisa nel buio maldiradato dalla scarsa luce dei fanali, e la macchina precipitò da un'altezza di circa cinque metri in un campo sottostante, rovesciandosi. Il benigno caso volle che nei dintorni abitasse un medico, il dottor Sbragia, il quale si era affacciato alla finestra per vedere passare l’automobile annunciata dal frastuono del motore {uno spettacolo insolito per quei tempi d'automobilismo pioniere). Vederla precipitare nel dirupo ed accorrere con alcuni contadini per dar soccorso agli incauti viaggiatori fu tutt'uno. La signora Elvira e Tonio, choc a parte, non lamentavano fortunatamente che qualche escoriazione: più la paura che altro. L'autista, invece, scaraventato lontano dall'urto, urlava dal dolore per la rottura del femore. Puccini, poi, addirittura introvabile. Lo si chiamava disperatamente cercandolo al lume delle lanterne. Alfine lo sì trovò sotto l'automobile che per un vero miracolo non lo aveva schiacciato:  infatti il maestro era rotolato in un piccolo avallamento del terreno, mentre la macchina gli restava sospesa sopra premendo su un tronco d'albero abbattuto. Semiasfissiato dai fumi di benzina che si sprigionavano dal serbatoio rotto e in preda allo choc nervoso, Puccini non potè dapprima neppure parlare, e quando si andò riprendendo lo assalì il dolore lancinante che gli dava la constatata frattura della tibia destra, con spostamento e travaso. Il professor Guarneri di Lucca, stimato chirurgo, venne prontamente avvertito, e l'indomani aveva luogo il consulto tra il dottor Sbragia. e il professore lucchese. Verso il mezzogiorno del 26 un carro lettiga provvedeva al trasporto di Puccini, deciso dai medici, sino alla villa del marchese Ginori sul Lago di Massaciuccoli; di là il maestro fu portato alla sua villa di Torre del Lago sul barcone-zattera dell'amico marchese. Il 28 febbraio venne da Firenze un illustre specialista, il chirurgo Calzi, che visitò il maestro unitamente al profes. Guarneri. Si costatò persistente l'infiammazione della gamba fratturata per cui dovette fare una medicazione provvisoria in attesa di cure più decisive. Anche la  gamba sinistra presentava molte ecchimosi e contusioni.

2 Il « baronissimo », Alberto Franchetti, la cui responsabilità morale dell'avvenuto infortunio sembra evocata tra le righe. Come iniziatore di Puccini all'automobilismo, avrebbe quanto meno potuto mandare un telegramma. Così pensavano Giacomo e i suoi. Oltre al Re, avevano telegrafato, tra gli altri, il ministro Nasi, Sardou, il direttore dell'Opéra-Comique di Parigi Carré ,e Mascagni da San Francisco.

 

304

 

PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Torre del Lago, 3 marzo 1903

 

Caro Illica,

                 va bene; ci conto sulla tua visita all’epoca dello sgombero1 tuo. Sono al solito con una grande tristezza che l’attesa lunga dell’11 aumenta; perché il giorno 11 mi sfasciano, e se il sangue s’è ritirato mi mettono l’apparecchio definitivo. Salutami tanto Giordano. Scrivimi oresto e tienimi di buon umore.

 

1Illica, era in procinto di trasferirsi da Cassano d’Adda a Castell’Arquato, nella casa paterna.

 

 

306

 

PUCCINI a Illica - Cassano d'Adda

Torre del Lago, 13 marzo 1903

 

Caro Illica,

                 domattina vengono i professori per mettermi l’apparecchio definitivo e son nervoso oltremodo, perché la gamba mi duole e non posso niente muovermi. Passerà anche domani. Almeno posso dormire stanotte! E poi dormendo mi muovo e mi sveglia il dolore: Insomma è una vita terribile la mia.

 

Il «Troubetskoy»1  è grande o piccolo? Mandamelo che lo metterò in sala-studio. Giacosa pare si sia messo al lavoro: Buon sgombero e attento alle tibie.

 

1Paolo Troubetzkoy (1867-1938), scultore russo di famiglia principesca, vissuto prima a Parigi, poi lungamente a Milano. Era amicissimo dell’Illica, che ne frequentava lo studio in compagnia di un altro intimo amico, il pittore e architetto Luigi Conconi. Troubetzkoy aveva modellato la famosa silhouette di Puccini, in un piccolo gesso in cui è oggi copia bronzea nel Museo della Scala e presso la villa pucciniana di Torre del Lago, nel giardino, copia di proporzioni simili al vero. È di questa scultura che il maestro fa cenno nella lettera al librettista.

 

309

 

Puccini a Illica - Cassano d'Adda

Torre del Lago, 18  marzo  1903

Caro Illica,

22 giorni oggi! Grazie tua lettera. Scrivimi sempre, mi piace leggerti. Sono ad una cura nutriente: 5 pasti al giorno, perchè mi denutrivo troppo. Ho delle gambe scheletrite!

Ieri venne Vigna 1 da Montecarlo e voleva l'assicurazione per Butterfly per l'anno prossimo: di vero non ho fissato niente. Quanto mi dici della Storchio2 mi ha sorpreso, ma sia proprio vero che abbia finita la voce? Cerca di sincerarti. Il sor Giulio mi telegrafa sempre, ma non mi ha ancora scritto. Di Giacosa niente, salvo un telegramma per la disgrazia!

Ho letto Monna Vanna3. C'è del buono, ma è il caso di dire con te: «L'è bela ma la me pias no ».

Da Parigi mi si telegrafa che Carré ha deciso di dare Tosca alla Comique.4 Carré. Sardou e Ferrier 5 mi augurano guarire e assistere première. Ho telegrafato a Roma a Tito, perchè fui molto sorpreso del telegramma parigino, raccomandando di non rifiutare di dar l'opera (perchè tanto Tito che il sor Giulio sono contrari e non ho saputo più nulla. Mugnone venne ieri a trovarmi e fu a Parigi alla 102.ma rappresentazione di Bohème, e trovò tale entusiasmo (più che in Italia) e il teatro au complet: così è sempre quando si dà Bohème. Trovando Massenet, gli disse che ciò che ha fatto Puccini a Parigi nessuno di loro francesi l'ha fatto. E il momento, vedi, è buono per dare Tosca, e io ci terrei tanto, e t'assicuro che se Ricordi non volesse mi darebbe un gran dolore. Se hai occasione di parlare col sor Giulio, diglielo che acconsenta. Ma no, è meglio non gliene parlare.6

 

1Il direttore d'orchestra Arturo Vigna {Torino 1863 - Milano 1927) aveva già avuto rapporti con Puccini nel 1898, in occasione della prima di Bohème al Reale di Madrid:   esecuzione curata da lui. Fu per diverse stagioni al Metropolitan di New York, all'Opera di Vienna e in vari teatri di Parigi.

2Rosina Storchio aveva allora ventisette anni, era quindi nel periodo più felice della carriera. Come si fosse potuta spargere la voce di un suo improvviso de­clino, non si spiega se non con le solite chiacchiere dell'ambiente lirico.

3Monna Vanna: un dramma di Maurice Maeterlinck – ambientato in Italia, nella Toscana medievale dei grandi condottieri – che faceva parte del repertorio di Eleonora Duse. Rifiutato da Puccini, questo soggetto troverà poi un musicista nel francese Henri Février e andrà in scena all’Opéra di Parigi il 13 gennaio 1909.

4L’Opéra-Comique, naturalmente.

5 Forse Paul Ferrier, drammaturgo e librettista francese, autore di quei Mousquetaires au convent che nel lontano 1880 avevano trovato il loro musicista in Louis Varney.

6Probabilmente i Ricordi pensavano che a un’opera tutta drammatica come Tosca sarebbe meglio convenuta l’Opéra.

 

Tratto da: Carteggi Pucciniani a cura di Eugenio Gara - Ricordi