La prima dell'opera, nella versione originale in due atti, andò in scena alla Scala il 17 Febbraio 1904.

Durata

Prima parte 55 minuti

Intervallo 20 minuti

Seconda parte 85 minuti

Argomento: Tragedia giapponese in due atti (tre atti nella versione corrente)

Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa

Fonte: racconto Madame Butterfly di John Luter Long (1898) poi messo in scena nel 1900 al Duke of York di Londra da David Belasco con il dramma omonimo ridotto ad un atto unico.

Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904

 

Direttore Cleofonte Campanini

Scenografo Alfred Hohenstein

Giuseppe De Luca (baritono), nei panni di Sharpless

Giuseppina Giaconia (mezzo soprano), nei panni di Suzuki

Manfredi (mezzo soprano), nei panni di Kate Pinkerton

Gaetano Pini-Corsi (tenore), nei panni di Goro

Rosina Storchio (soprano), nei panni di Cio-cio-san

Giovanni Zenatello (tenore), nei panni di F.B. Pinkerton

 Primo atto

 Scena: Una casa con giardino sulla collina di Nagasaki.

Benjamin Franklin Pinkerton, tenente della marina degli Stati Uniti, accompagnato da Goro, sensale di matrimoni, visita divertito la casa che ha appena acquistato: sta per sposare una giovanissima geisha, Cio-Cio-San, procuratagli appunto da Goro. Giunge intanto Sharpless, Console americano, al quale Pinkerton espone la sua cinica filosofia di “yankee” che vuol godersi la vita, davanti ad un bicchiere di whisky: s’è invaghito di Cio-Cio-San e intende ora sposarla secondo il rito giapponese (per 999 anni, salvo a prosciogliersi ogni mese).

Sharpless gli fa un garbato rimprovero invitandolo a riflettere, ma alla fine alza il bicchiere con Pinkerton che brinda al giorno in cui si sposerà con una vera sposa americana.

Dal sentiero che si inerpica sulla collina giunge Cio-Cio-San col corteo nuziale. Il console le rivolge qualche domanda, Cio-Cio-San dice di essere nata a Nagasaki da famiglia un tempo assai prospera, poi finita in miseria, motivo per cui è stata costretta a fare la geisha. Vive sola, con la madre e quando gli viene chiesto del padre si rabbuia rispondendo soltanto che è morto. Il tono di Butterfly cambia quando le viene chiesta l’età, si diverte fanciullescamente a farla indovinare, poi dichiara maliziosa i suoi 15 anni.

Giungono la madre e gli altri parenti per la cerimonia, e Pinkerton, osservandoli insieme al console, fa i suoi commenti sarcastici. Sharpless lo esorta ancora a pensarci bene prima di affrontare il matrimonio. Intanto, presentati i parenti, Butterfly trae in disparte Pinkerton per mostrargli alcuni oggetti che ha portato con sé in dote: dei fazzoletti, una pipa, una cintura, uno specchio, un ventaglio, un vaso di tintura per il trucco tradizionale. Mostra infine un astuccio lungo e stretto, ma alla richiesta di Pinkerton di vedere cosa contiene, essa lo ripone in tutta fretta, dicendo che c’è troppa gente intorno. Si avvicina Goro e spiega sottovoce che si tratta della lama con cui il padre si è suicidato su “invito” dell’Imperatore.

In attesa dell’inizio della cerimonia, Cio-Cio-San confessa a Pinkerton, a dimostrazione della sua devozione, di essere salita il giorno prima alla Missione per rinnegare la sua fede e farsi cristiana.

Si celebrano finalmente le nozze, il console e i funzionari se ne vanno, mentre tutto il parentado si trattiene per festeggiare. Pinkerton cerca di affrettare il brindisi, impaziente di trovarsi solo con Butterfly. S’ode di lontano la voce terribile dello Zio Bonzo, che irrompe furibondo, avendo scoperto che Cio-Cio-San ha rinnegato la fede degli avi. Il Bonzo, cacciato da Pinkerton, la maledice rinnegandola a sua volta, e s’allontana seguito dai parenti.

Il pianto di Butterfly viene placato dalle ardenti parole di Pinkerton, infiammato dal desiderio, mentre scende la notte. L’ingenua fanciulla risponde teneramente alle appassionate parole del marito che, stringendola in un abbraccio, lentamente, la conduce all’interno della casa.

 

 

Secondo atto

 

Scena: L’interno della casa di Butterfly.

 

La fedele Suzuki prega davanti alla statua di Budda perché Cio-Cio-San non pianga più. Da tre anni, infatti, la poverina aspetta il ritorno di Pinkerton, partito per gli Stati Uniti con la promessa di ritornare a primavera, nella stagione in cui i pettirossi fanno il nido. Ed ella spera ancora, nonostante i dubbi di Suzuki, che un bel giorno spunterà all’orizzonte la nave di Pinkerton e il suo sposo salirà la collina chiamandola con gli affettuosi vezzeggiativi di un tempo. Sopraggiunge Goro con Sharpless, il quale ha ricevuto una lettera da Pinkerton con un messaggio per Cio-Cio-San. Ella è raggiante di gioia e dà il benvenuto al console.

Sharpless non ha il coraggio di comunicarle che Pinkerton si è risposato in America e che verrà presto a Nagasaki con la sua nuova sposa. Butterfly, sembra quasi voler ritardare la lettura della lettera con domande d’un patetico candore: quando rifanno il nido i pettirossi in America? Goro, in disparte, fa commenti sarcastici.

Cio-Cio-San informa il console di come il sensale insista per trovarle un nuovo marito: Uno dei pretendenti è il ricco Yamadori, che giunge poco dopo in gran pompa accompagnato dai suoi servi, ricevuto da Butterfly con scherzosa impertinenza.

Uscito Yamadori, Sharpless comincia con imbarazzo a leggere la lettera di Pinkerton, continuamente interrotto da Butterfly che interpreta ogni parola alla luce della sua illusione. A una frase del console, Butterfly si alza ansiosa e felice credendo che alluda al ritorno del marito. Il console piega la lettera e la ripone in tasca. Quindi cerca di farle capire la verità in altro modo.

Cio-Cio-San s’arresta, immobile, e risponde sommessa che le alternative sono due: tornare a fare la geisha o morire. Sharpless è vivamente commosso e con tenerezza paterna, cercando di toglierle l’ultima illusione, la esorta a pensare a se stessa sposando il ricco Yamadori.

Offesa, Butterfly chiama Suzuki e le chiede di accompagnare alla porta il console. Poi all’improvviso corre nella stanza accanto e ritorna trionfante con un bambino in braccio: se Pinkerton l’ha scordata, potrà scordare anche suo figlio? Il console, profondamente turbato, promette che informerà Pinkerton dell’esistenza del bambino ed esce.

Entra furente Suzuki che trascina Goro, andato in giro a raccontare a tutti che nessuno sa chi sia il padre del bambino. Butterfly, fuori di sé, corre al reliquiario, prende il coltello, afferra Goro per la gola e minaccia di ucciderlo, ma in quel momento un colpo di cannone annuncia l’entrata in porto di una nave.

Cio-Cio-San si precipita fuori e, con un cannocchiale, cerca di individuare la bandiera della nave, quindi, esultante ne grida il nome: «Abramo Lincoln!». La sua gioia è immensa. Ordina a Suzuki di cogliere tutti i fiori del giardino per ricevere degnamente lo sposo. Indossa l'abito nuziale e con il bambino attende l’arrivo di Pinkerton.

È l’alba, si odono le voci dei pescatori, Butterfly si lascia convincere da Suzuki ad andare a riposare: verrà svegliata all’arrivo del marito.

Pinkerton si presenta subito dopo, con Sharpless e Kate, la moglie americana, che resta ad aspettare in giardino: informato dal console del figlio che Butterfly gli ha dato, vuole convincerla ad affidargli il piccolo.

La fedeltà di Butterfly lo riempie di rimorso e lo spinge ad allontanarsi. Butterfly si desta, chiama Suzuki, entra sollecita nella stanza, vede il console e pensa in grande agitazione di trovare anche Pinkerton: scorge invece Kate, sulla terrazza, ed è colta da un brutto presentimento.

Interroga Suzuki su Pinketon mentre fissa Kate, quasi affascinata e finalmente comprende chi è. Kate allora si avvicina e, chiedendole perdono per il male che inconsapevolmente le ha fatto, si mostra amorevolmente disposta ad avere cura del bambino. Butterfly risponde che consegnerà il piccolo soltanto a «lui», se avrà il coraggio di presentarsi. Poi li congeda.

Rimasta sola crolla a terra. Ordina a Suzuki di chiudere le imposte e di ritirarsi nell’altra stanza con il bambino. Poi toglie da uno stipo un gran velo bianco che s’avvolge intorno al collo, estrae dall’astuccio di lacca il coltello di suo padre e legge con solennità le parole incise sulla lama: «Con onor muore chi non può serbar vita con onore». Sta per compiere harakiri, quando all’improvviso Suzuki spinge nella stanza il bambino. Butterfly lascia cadere il coltello, si precipita verso il piccolo, lo abbraccia  soffocandolo di baci e,  dopo avergli rivolto uno straziante addio, gli benda gli occhi e lo fa sedere, mettendogli in mano una bandierina americana. Quindi raccoglie il coltello, si ritira dietro il paravento e si uccide. Nello stesso istante, invocandola da lontano, accorre nella stanza Pinkerton, che s’inginocchia singhiozzante sul suo corpo.

 

Puccini fu ispirato dalla messa in scena del dramma "Madame Butterfly" di DAVID BELASCO, ispirato dal racconto "Madame Butterfly" di JOHN LUTHER LONG (1898), avvocato nato il 01/01/1861 ad Hanover in Pennsylvania. Long basò il racconto sulla storia di sua sorella, che era stata in Giappone con suo marito. Long incaricò David Belasco, produttore, scrittore e manager teatrale americano nato a San Francisco ed esponente del realismo scenico, di trasformare il racconto in una rappresentazione teatrale (messa in scena nel 1900).

Giacomo Puccini che aveva assistito alla rappresentazione del dramma di Belasco nell'estate 1900 al Duke of York di Londra, ne fu entusiasta dall'atmosfera orientale, pur non conoscendo una parola d’inglese.

Rientrato a Milano si mise al lavoro. Il 1 Aprile 1901 Belasco cedette a Puccini il diritto di musicare la sua rappresentazione. Puccini affidò l'elaborazione del libretto a Illica, con il compito di definire scene e dialoghi, e Giacosa a cui spettava il compito di diversificare la scena.

Illica e Giacosa baseranno il loro lavoro sul romanzo popolare "Madame Chrysanthème" (1887) di Pierre Loti. La "Madama Butterfly" venne ultimata il 27 Dicembre 1903, dopo una lunga pausa a cui fu costretto lo stesso Puccini a causa di un grave incidente automobilistico (febbraio 1903) che lo vide costretto a una lunga convalescenza.

La prima dell'opera, nella versione originale in due atti, andò in scena alla Scala il 17 Febbraio 1904.

Fu un vero e proprio disastro di critica e di pubblico: il primo fiasco di Puccini, un "vero linciaggio" come disse lui stesso, che si può  probabilmente ricondurre a Edoardo Sonzogno, editore rivale di Ricordi, che era stato messo al palo dalla Scala nel 1899 per le sue scelte deficitarie.

 La divisione del secondo atto e l'aggiunta dell'aria per Pinkerton "Addio fiorito asil" portarono Puccini al successo della Butterfly al Teatro di Brescia il 28 Maggio con lo stesso cast della prima scaligera e a soli tre mesi di distanza. La Butterfly è "l'opera più sentita e più suggestiva ch'io abbia concepito", afferma Puccini. Ma è anche la più moderna grazie al vocabolario musicale arricchito (Puccini introduce le scale pentatoniche giapponesi e l'armonia per toni interi per trasmettere emozioni negative) e a una nuova flessibilità dovuta alla scelta di non persistere nell'associazione fissa dei temi centrali, tipica, invece, delle opere precedenti. Dal palco del Grande di Brescia la "farfallina d'oriente" spiccherà definitivamente il volo verso il successo internazionale e senza tempo.

 

Tratta da: http://www.comitatopuccini.it

Il libretto in pdf dal sito: http://www.librettidopera.it/butterfly/butterfly.html