Le celebrazioni del V Centenario della scoperta dell'America, patrocinate dal Comitato Nazionale Colombiano, dal Governo Italiano, dal Governo Spagnolo e dalla Città di Genova, hanno sollecitato una fioritura di studi e di ricerche non soltanto sulla figura di Cristoforo Colombo e sulla sua grande impresa, ma soprattutto sul significato che la scoperta dell'America assunse di incontro tra culture e civiltà diverse, di confronto fra il Vecchio e il Nuovo Mondo. Le potenze europee nei secoli successivi alla conquista attuarono uno sforzo costante di esplorazione e di organica sistemazione e interpretazione dei dati conseguiti, mimetizzando l'intento politico sotto il carattere scientifico dei viaggi di esplorazione. L'attenzione degli storici aveva spesso focalizzato la volontà di conquista dell'Europa nei confronti dell'America lasciando un po' in ombra il complesso e affascinante processo di interazione che si verifica quando popoli e civiltà reciprocamente ignote si confrontano sul piano delle risorse e delle conoscenze oltre che su quello dei criteri e dei valori.

In realtà, soprattutto nel XVIII secolo il rapporto tra il Vecchio e il Nuovo Mondo fu caratterizzato da un desiderio di conoscenza alimentato dalla nuova filosofia illuministica fiduciosa nelle capacità razionali dell'uomo e nel potere della scienza. Nella seconda metà del secolo diciottesimo fu incrementato il numero dei viaggi di esplorazione che si qualificarono per serietà di documentazione e per il rigore del metodo di raccolta e di catalogazione dei dati. I governi del dispotismo illuminato considerarono in effetti elemento di prestigio oltre che di interesse politico ed economico finanziare spedizioni anche a livello internazionale. Già nel 1735-1742 l'Accademia delle Scienze di Parigi aveva promosso una spedizione a cui avevano partecipato astronomi, matematici, naturalisti con lo scopo di determinare la misura dell'arco meridiano. Agli scienziati si erano aggiunti politici spagnoli e portoghesi per definire i confini delle rispettive aree di influenza nell'America centro meridionale. Dopo la metà del secolo furono numerose le spedizioni attuate, alcune con carattere prevalentemente botanico, altre con intenti esplorativi in senso geografico più lato.

L’Inghilterra pubblicizzò ed esaltò i risultati scientifici delle spedizioni del capitano Cook che, nei tre viaggi del 1768, 1772, 1776, ebbe la possibilità di esplorare il passaggio astronomico di Venere sul Sole, di ricercare la Terra australis, che, secondo i più doveva contrapporsi alla massa boreale e di esplorare il Pacifico. In realtà questo ardito capitano aveva aperto la strada alla perlustrazione della Nuova Zelanda, delle Haway, della Nuova Caledonia, giungendo sia all'Oceano Artico che all'Antartico.

Esaltando tali imprese l'Inghilterra giustificava di fronte all'opinione pubblica mondiale la propria implicita volontà di conquista sia nell'area americana come in quella del Pacifico. Altre imprese come quelle attuate dai francesi Luis Antoine de Bougainville (1767-69) Jean Francois de La Pérouse passarono in secondo piano rispetto alla precedente. Su questa scia si colloca la spedizione di Alessandro Malaspina che fu l'ultima grande realizzazione del secolo XVIII.

Il progetto di questo grande italiano fu ambizioso e fortunato nella sua attuazione. Infatti l'organizzazione fu molto rapida ed ebbe l'approvazione del ministro della Marina spagnola, Antonio Valdés, nel 1788. Nel Luglio del 1789 Alessandro Malaspina partì da Cadice con due corvette la DESCUBIERTA e l'ATREVIDA attrezzate di strumenti moderni e, per i tempi, sofisticati, oltre che di munizioni e di viveri. Al seguito, Malaspina poteva vantare di ufficiali esperti e preparati alla Escuela de Guardiamarinas di Cadice e scienziati tra i più qualificati d'Europa con artisti ai quali era affidato il compito di rappresentare graficamente tutto ciò che la spedizione avrebbe visto e scoperto. In realtà lo scopo della spedizione non era quello di andare alla ricerca di terre sconosciute, ma di attuare un viaggio di ricognizione delle coste, del suolo, della caratteristiche botaniche, zoologiche, antropiche ed etniche delle terre di recente scoperta. Prima di questa spedizione Alessandro Malaspina che aveva compiuto una rapidissima carriera nella Real Armada e aveva raggiunto il titolo di Capitano di fregata per meriti di guerra aveva attuato un viaggio di ricognizione a Manila e nel 1768-88, una circumnavigazione del globo per conto della Compagnia delle Filippine. Per questo aveva potuto elaborare il suo progetto con rapidità e competenza e presentarlo con successo a Carlo III di Borbone, re di Spagna illuminato e legato all'Italia da rapporti di sangue e di regno. Infatti Carlo III, figlio di Elisabetta Farnese, una principessa italiana e di Filippo V, re di Spagna, prima di succedere al padre sul trono di Madrid, aveva retto il ducato di Parma e Piacenza e, successivamente il regno delle Due Sicilie, terra in cui il Malaspina aveva compiuto la sua carriera militare. Infatti, nato da nobile famiglia, forse discendente da quella «gente onorata» che «non si sfregia del pregio de la borsa e de la spada» citata da Dante nell'VIII canto del Purgatorio, si era trasferito nel 1762 a Palermo dove aveva iniziato la sua carriera politica e militare nel clima del riformismo settecentesco aperto agli ideali di rinnovamento e di efficienza condivisi dallo stesso sovrano Carlo III.

Per questo fu facile a Malaspina ottenere l'approvazione per la sua importante impresa di osservazione scientifica che prevedeva un itinerario di circa quattro anni su un'area vastissima. Infatti nel 1789, a due mesi circa dalla data della partenza le due corvette di Malaspina erano ancorate a Montevideo e, nel Dicembre dello stesso anno erano giunte in Patagonia e alle Maldive. Costeggiando le propaggini dell'America Meridionale, dopo aver raddoppiato capo Horn, nel maggio del 1790 giungono al Callao.

Nelle terre peruviane i singoli componenti della spedizione diversificano e precisano i loro compiti. Gli scienziati attuano ricognizioni nell'ambito delle loro competenze specifiche all'interno, mentre le corvette continuano la perlustrazione delle coste e il rilevamento del litorale fino al Messico e alle coste nordoccidentali del continente.

Durante la sosta ad Acapulco il Malaspina ricevette l'ordine di verificare, con una precisa ricognizione, l'ipotesi formulata già nel lontano 1588 dal Maldonado, relativa all'esistenza di una comunicazione tra Pacifico e Atlantico alla latitudine dello stretto di Fuca. L'ipotesi del Maldonado era stata riproposta dal celebre geografo Philippe Buache all'Accademia delle Scienze di Parigi e aveva alimentato la speranza di risolvere l'annoso problema del passaggio a NordOvest. Per compiere questa ricognizione furono inviati con due golette gli ufficiali Dionisio Galiano e Cayetano Valdés che del passaggio non trovarono traccia. Al loro ritorno le due corvette Descubierta e Atrevida ripresero la spedizione dirigendosi verso il Pacifico orientale e meridionale e toccando le coste delle Filippine, della Nuova Zelanda, dell'Australia e dell'arcipelago della Tonga per ritornare al continente americano. Quando il complesso della spedizione giunse nel territorio peruviano, con decisione coraggiosa, alcuni scienziati si staccarono dal gruppo per effettuare la traversata del continente e ricongiungersi al resto della spedizione a Buenos Aires. Da lì la partenza per Cadice dove il Malaspina giunse nel settembre del 1794. L'itinerario sommariamente illustrato testimonia l'importanza del viaggio compiuto dal Malaspina: alla navigazione d'alto mare che permetteva l'osservazione dei fenomeni astronomici e marittimi alternava la navigazione costiera e le escursioni nell'entroterra per osservare e catalogare lo sconosciuto repertorio naturalistico e antropologico.

In questo contesto si inserisce l'opera di Ferdinando Brambilla, il pittore cassanese che svolse un ruolo artistico e culturale di primo piano nella spedizione del Malaspina. Ci si può chiedere, prima di passare all'analisi dell'opera di questo pittore, come mai un'impresa di così vasta portata e fertile di rilevamenti e di osservazioni scientifiche non abbia avuto, a suo tempo, adeguata pubblicizzazione ed esaltazione, per lo meno pari a quella ottenuta dal capitano Cook. La riscoperta dei documenti e dei reperti della spedizione attuata in tempi troppo distanti dai fatti ha annullato e reso ormai superato il valore scientifico della spedizione conferendole ora un puro carattere storico. Su questo fatto possono essere formulate varie ipotesi fra le quali risulta più attendibile quella che adduce come spiegazione di questo fatto la caduta in disgrazia dello stesso Malaspina che, al suo ritorno, per motivi mai precisati, fu condannato, dopo un sommario processo interrotto per volontà di Carlo IV, a dieci anni e un giorno di carcere nel castello di San Antonio de la Coruna.

I documenti della spedizione non furono mai completamente ordinati né si fece da parte delle autorità spagnole riferimento alcuno alle conclusioni tratte dalle osservazioni e dagli studi compiute dai partecipanti alla spedizione.

Il regno di Carlo IV aveva infatti assunto in quegli anni un atteggiamento di rigido conservatorismo, dopo i timori e gli sconvolgimenti portati in Europa dalla Rivoluzione francese e le ipotesi politiche formulate dal Malaspina nel suo Diario e negli scritti pervenuti sembrano chiaramente in sintonia con le istanze democratiche e illuministiche dei tempi di Carlo III, predecessore non imitato, anzi completamente contraddetto da Carlo IV.

Soltanto l'avvento dell'età napoleonica e la sconfitta delle coalizioni antifrancesi permise al Malaspina di ottenere la libertà poco prima dello scadere dei dieci anni. Infatti fu deliberato nel 1803 e fece ritorno alla sua patria d'origine, la Lunigiana. La notizia venne pubblicata il 19 Marzo 1803 sulla Gazzetta Nazionale della Liguria nel numero 40. Così infatti è riportato: «Ne' giorni scorsi è arrivato in Genova il celebre Navigatore Malaspina, che ritorna nella Lunigiana, sua patria. Egli seguitando le tracce di Bougainville, di Cook e di Lapeyrouse, ha fatto due volte il giro del globo d'ordine del Re di Spagna. Le nuove scoperte ed osservazioni da esso fatte nei mari del Sud, si leggeranno con interesse nella relazione dei suoi viaggi, che si stampa in Madrid».

Questo entusiastico e incisivo giudizio testimonia la stima del nuovo governo nei confronti del Malaspina a cui venne offerta la carica di Ministro della Guerra tramite la persona del conte Melzi d'Eril, suo fraterno amico, ma da lui rifiutata in quanto ancora legato idealmente alla monarchia spagnola e non inserito nel contesto delle ideologie repubblicane dell'età napoleonica. Tuttavia proprio il conte Melzi d'Eril, milanese, aveva soddisfatto la richiesta del Malaspina relativa a un pittore che fosse abile e capace di rappresentare in modo efficace il ricco repertorio paesistico, umano, botanico e zoologico della sua spedizione Ferdinando Brambilla infatti, conosciuto dal Melzi d'Eril, aveva accettato la proposta di seguire il Malaspina nella sua spedizione. Anzi il Brambilla raggiunse la spedizione del Malaspina due anni dopo la sua partenza, a Veracruz nel Messico il 10 Novembre 1791, dopo aver firmato il contratto che gli era stato offerto di 27.000 reali annuali e spese pagate. Con lui fece il lungo viaggio anche il Ravenet, pittore al quale il Brambilla si legò in un rapporto di amicizia e di arte. I due pittori infatti hanno realizzato le opere migliori che oggi fanno bella mostra all'esposizione allestita per celebrare il Centenario. Gli altri pittori Guio e Pozo non erano stati considerati adatti allo scopo voluto dal Malaspina.

Il Brambilla era nato a Cassano nel 1763, da Francesco e Antonia Ferrari e, all'età del contratto lavorava a Milano, che abbandonò definitivamente per restare al servizio del Re di Spagna per ben quarantatre anni. La lunga vita gli permise perciò di realizzare numerose opere, tra le quali spiccano per valore artistico quelle realizzate durante il viaggio del Malaspina. Anzi anche il viaggio d'andata, compiuto dai due pittori in solitudine, offrì l'occasione di tracciare schizzi e imprimere sulla carta, panorami e città dagli scorci inconsueti e dai colori vivi e incandescenti. Nella pittura del Brambilla si scorge infatti una precisa calligrafia di documentarista fedele, unita alla capacità di incanto e di stupore che è propria dei veri artisti.

Le sue immagini furono i primi documenti del paesaggio australiano e filippino che gli europei abbiano visto. Esse evidenziano l'attenzione minuziosa agli elementi paesistici connotati da una vegetazione lussureggiante che incornicia le prospettive ampie in cui mare e terra si uniscono in armonico rapporto. Le linee sono sinuose, ma rigidamente inserite da uno scorcio prospettico che rivela l'adesione del Brambilla ai dettami del razionalismo settecentesco. Sono infatti di particolare suggestione le visioni del porto di Macao del quale si conserva anche a Madrid, nel Museo dell'America, una bellissima panoramica. Durante il soggiorno a Manila, durato per sei mesi, il Brambilla realizzò molteplici opere in cui è evidente il rigoroso senso prospettico ottenuto grazie a precisi studi matematici è ricondotti ai principi della tradizione classica. Infatti lo studio della piazza di San Francesco a Manila gli gioverà successivamente la nomina di direttore di prospettiva dell'Accademia di San Ferdinando a Madrid. Altrettanto suggestive sono le immagini raffiguranti la vita degli indigeni e le loro abitazioni nel contesto di una natura esotica e affascinante. La figura n. 708 evidenzia infatti un sereno rapporto fra uomo e natura in sintonia con la concezione illuministica che esalta il mito del buon selvaggio e propone un necessario ritorno alla natura sulla base delle teorie roussoviane. L'intrico dei rami e la lussureggiante vegetazione tropicale sembrano avvolgere in un nucleo protettivo la vita pacata degli uomini colti in atteggiamenti plastici e riflessivi che denotano un razionale dominio sulle cose.

Durante il soggiorno a Manila il Brambilla fu incaricato di realizzare il disegno per il monumento funebre di Antonio Pineda. L'opera manifesta il senso architettonico fondato sui criteri rigorosamente geometrici accostati a un decorativismo sobrio ed essenziale che si collega alle espressioni proprie del neoclassicismo presente già da un decennio nella nativa Milano in cui operava il Piermarini.

Altre immagini di indubbio valore artistico sono realizzate dopo la partenza da Manila, sia durante la peregrinazione nel Pacifico alle isole Vavao come nella sosta a Macao. È ricorrente l'esaltazione del mondo esotico colto nel momento iconografico dell'incontro con i messaggeri di un'altra civiltà. L'approdo infatti nelle isole non è rappresentato con il carattere della «conquista» militare, ma con quello di un pacifico atto esplorativo suggerito da interessi scientifici. Dell'ultima tappa a Montevideo e a Buenos Aires restano visioni altrettanto suggestive di quelle realizzate durante il viaggio per mare. Di particolare efficacia sono le immagini che raffigurano la tenace lotta dell'uomo contro le forze della natura. Né i marosi in tempesta o i blocchi di ghiaccio che rendono infida la navigazione sconfiggono la tenacia degli uomini che esplorano il globo ancora sconosciuto nelle sue connotazioni naturali.

Il paesaggio allora si anima di forza epica e raggiunge i toni alti del dramma. L'imbarcazione Atrevida sfida l'Oceano con la stessa forza drammatica della nave di Ulisse, di dantesca memoria. Le linee si fanno nette e coinvolgenti, il gioco luceombra profondo e plastico. Non solo il mare si oppone all'azione dell'uomo, ma anche la linea impervia della cordigliera delle Ande, raffigurata nella solitudine solenne delle sue cime con cui si devono misurare uomini e cose. Dopo la lotta vittoriosa contro una natura gigantesca l'approdo in una città come Buenos Aires assume i caratteri sereni della visione che riappacifica e conforta. La raffigurazione del porto di questa città fu infatti pubblicata in tutta l'Europa e divenne l'immagine di quel mondo lontano e dai più solo immaginato.

È evidente che una così feconda produzione artistica realizzata durante il viaggio procurasse al pittore cassanese riconoscimenti e proposte di lavoro alla corte di Spagna. Infatti il Brambilla rimase a Madrid dove divenne pittore di Camera e dopo aver fatto giuramento di fedeltà al re nel 1799 iniziò il lavoro di riordino delle opere realizzate durante la spedizione, che si concluse nel 1806. Nel 1808 realizzò a Saragozza con Juan Calvez 32 lamine raffiguranti le rovine della città e gli eroi della guerra di Indipendenza. Dal 1811 al 1814 fu direttore dell'Accademia di Belle Arti di San Ferdinando periodo in cui si intensificarono gli studi di prospettiva condensati successivamente in una importante opera «Trattato dei principi elementari di prospettiva».

Negli ultimi anni l'attività si fa intensa: infatti dal 1816 al 1834, anno della sua morte, furono numerosi gli studi e le realizzazioni di opere sia architettoniche che figurative, tra le quali si annoverano anche numerosi quadri ad olio raffiguranti panoramiche della città di Madrid in cui concluse la sua laboriosa e fortunata vita artistica.

                                                               (prof. Bolchini)

 Da “I Quaderni del Portavoce N. 24” “I GIORNI E LE OPERE NEL 1992” di CARLO VALLI

 

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