di Renato Siesa

14-05-2004

Questa notte, mi sono sognato,

di parlare con mio papà,

ed insieme ho ricordato,

i tempi del nostro passato.

 

Ti ricordi papà,

come si viveva noi,

avevamo poco da mangiare,

ma non avevamo paura di nessuno.

 

C’era soltanto la radio,

non c’era la televisione,

un vestito solo nell’armadio,

che tenevamo per un’occasione.

 

La porta di casa,

non era mai chiusa,

non c’era nulla da nascondere,

non c’era nulla da farsi rubare.

 

Correvamo con la bici,

di qua, di là, dappertutto,

senza pensare ai pericoli,

senza paura di tutto.

 

Si beva l’acqua alla fontanella,

dove andavano tutti,

non avevamo la tremarella,

di prendere qualcosa di brutto.

 

Mangiavamo la minestra tutti i giorni,

con dentro le occhiate di lardo,

avevamo soltanto questa,

mangiare, sorridere e tacere.

 

E quando la domenica,

c’era la pastasciutta,

per la contentezza,

avremmo saltato la Muzza.

 

 E per andare al gabinetto,

nel cortile in fondo,

con l’acqua, neve e freddo,

non era la fine del mondo.

 

E poi la carta igienica,

non sapevamo neanche cos’era,

e per pulire il sedere,

usavamo il Corriere della Sera.

 

Diciamocelo tra  noi,

non ci facciamo sentire,

l’allora con l’adesso,

non ha niente a che spartire.

 

Adesso si vive una vita,

troppo movimentata,

sia ammazzano per niente,

solo per un’occhiata.

 

Le mamme hanno troppa paura,

i bambini non possono giocare,

non ci sono più i cortili d’allora,

e in giro c’è troppo male.

 

E poi l’ingresso delle case,

hanno tutti l’uscio blindato,

hanno paura dei ladri,

che vanno in giro armati.

 

Se vai in giro per le strade,

mamma mia che paura,

corrono tutti come dei matti,

e hanno tutti premura.

 

Non ci si può nemmeno fidare,

a bere l’acqua alla fontanella,

perché con quello che c’è in giro,

se ti va bene, ti viene la cagarella.

 

Siamo andati sulla luna,

e su Marte, tra qualche anno,

ma c’è ancora chi non ne ha neanche una,

e chi muore per un malanno.

 

Vogliono anche rubarci la nostra religione,

perché dicono che c’è un altro Signore,

ma io ho l’impressione,

che vogliono comandarci loro.

 

Ma quello che mi spaventa,

diciamocelo tra noi,

nessuno più s’accontenta,

vivono tutti come in un sogno.

 

Lavorare si fa fatica,

la terra è troppo bassa,

per guadagnare la michetta,

si parla troppo a vanvera.

 

Alla fine il mio papà,

preoccupato mi ha detto,

forse era meglio il passato,

perché il presente è grigio.