BIOGRAFIA DI DON CARLO E VIDEO IN CUI SI RACCONTA

IN MEMORIA DI DON CARLO VALLI

Premetto che non sono in grado di ricordare in modo esauriente e storicamente corretto l’attività pastorale di Don Carlo nel quinquennio vissuto insieme, dal 1972 al 1977.

Altri potrebbero farlo, tenendo comunque conto anche del clima socioculturale di quegli anni, segnati dalle varie contestazioni.

Quelli erano gli anni di piombo. Cassano d’Adda, pur così vicino a Milano, non ha vissuto esperienze traumatiche; però anche qui di riflesso, la contestazione s'è fatta sentire, sia pure in modo più lieve e questo anche grazie ad una vita pastorale che raggiungeva tutte le famiglie e tanti giovani.

La parrocchia era anche molta attenta agli emigranti, sia quelli già ben integrati, sia quelli in disagio, che potevano recare qualche problema.

In questo clima don Carlo, lungi dall’abbandonare le tradizioni formative e culturali messe in crisi, ha saputo aggiornarle e talora rivivificarle. Non è stata impresa da poco in un tempo ed in un contesto culturale nel quale era di moda questo motto: “Cambiare il mondo e poi cambiare il mondo cambiato” ...... una rivoluzione permanente.

Anche Don Carlo ha promosso quei cambiamenti che erano necessari, quelli suggeriti dai documenti del Vaticano II da lui diligentemente studiati, talora con animo critico.

Non gli bastava studiare i documenti del Concilio con lo scopo di attuare una apertura prudente ed efficace: occorreva conoscere bene anche le tradizioni della parrocchia.

Don Carlo esplorò l’archivio parrocchiale, riempì pagine di appunti, che servirono poi per compilare i preziosi Quaderni del Portavoce.

Per fare tutto questo non esitò a rubare tanto tempo al sonno, rischiando un esaurimento.

Lo studio, le esplorazioni dell’archivio erano notturne, perché nelle ore del giorno c’era la totale disponibilità ad accogliere, ascoltare, aiutare la sua gente nell’ufficio parrocchiale, nella visita agli infermi, nel confessionale, nei veloci ma frequenti passaggi all'oratorio. lo sono arrivato a Cassano nel 1972, Don Carlo vi era già da 10 anni.

Se volessimo usare un'immagine domestica, familiare per descrivere il curriculum di un parroco potremmo dire che in quel decennio Don Carlo, sposo di Cassano, era ormai passato dalla luna di miele e dal noviziato matrimoniale alle fatiche e alla gioia della paternità e della perseveranza nella fedeltà coniugale.

Gioia e fatica, perché la paternità può essere messa in crisi da figli che ti deludono, rifiutano i tuoi consigli per ascoltare altri padri.... Ti dimenticano.

Quanto alla fedeltà, uno sposo può tradire la sposa anche senza frequentare un’altra donna, ma semplicemente lasciando spegnere a poco a poco quella fiducia, quelle attenzioni, quei progetti condivisi, che avevano sorretto il cammino verso il matrimonio.

Ebbene in quegli anni che ho passato vicino a lui, in quel contesto di cui ho parlato, io non ho mai notato momenti di scoraggiamento, rallentamenti di impegno, accettazione passiva di quelle mutevoli situazioni, che mettevano in pericolo le nuove generazioni esposte a rapidi e confusi cambiamenti.

Nella predicazione non mancava il lamento, il rimprovero, che però si tramutava rapidamente in esortazione, in proposta di nuovi tentativi di evangelizzazione.

Quanti predicatori forestieri, quanti confessori straordinari sono passati in quegli anni nella chiesa di San Zeno.

Da giovane sacerdote, in anni di facili contestazioni e di cambiamenti troppo frettolosi, sono stato edificato da un parroco, vero padre della sua gente, sposo sempre più innamorato della sua comunità.

Questo lo si percepiva soprattutto quando ti diceva: “Andiamo a Concesa a confessarci” …. quando ti invitava ad uscire per qualche ora dal paese e per salire sulle colline più vicine.

Lungo il tragitto spesso comunicava quanto gli traboccava dal cuore pastorale: erano lezioni preziose.

Se mi chiedessero di concentrare in sole due parole quel che ricordo e penso di Don Carlo Valli avrei la risposta pronta ed è questa: “DON CARLO C’ERA”.

- C’era ogni mattina a messa prima: raggiungeva il suo confessionale raramente deserto. Con Piero, sagrista, eravamo attenti ai suoi capelli: quando erano dritti era meglio stare alla larga per qualche ora. I suoi stati d’animo, che a volte lo rendevano impulsivo, si chetavano presto

- C’era ogni mattina nel suo studio: era presente per ricevere e ascoltare tutti. Le orecchie ascoltavano e il cuore memorizzava.

- Ogni giorno, nel primo pomeriggio, era all’ospedale per un saluto agli ammalati dei vari reparti. Era fedele a questo appuntamento anche se il servizio religioso veniva regolarmente prestato a turno dai vicari. C'erano poi le Suore di San Vincenzo in servizio.

- Frequenti erano i passaggi all’oratorio e in estate quasi ogni giorno scendeva all’ Adda per vedere i ragazzi che passavano la giornata in colonia. Andava puntualmente a trovarli per ogni turno di soggiorno a Baita Gaggio in montagna.

Non voglio insistere nel ricordarvi tanti altri momenti e luoghi della sua presenza. Mi premé soltanto sottolineare il suo ESSERCI; un esserci, un farsi presente non da controllore, non per dare ordini, ma per soddisfare un suo bisogno, il bisogno amorevole di un padre di vedere e di stare con i suoi figli, di saperli al sicuro, di vederli contenti.

C’è poi un tipo di presenza diverso. Non c’è solo un farsi presente, un tuo esserci...... c’è anche il coltivare la presenza delle persone a te affidate nel tuo cuore, nei tuoi pensieri, nei tuoi programmi.

Spero di potermi spiegare meglio con una immagine incancellabile nella mia memoria, un'immagine che oggi non è ripetibile.

Ogni anno da Pasqua a Pentecoste i sacerdoti passavano in tutte le case per la benedizione alle famiglie. Dov'è possibile lo si fa ancora. Con il rituale e l’aspersorio si portavano cartellette nelle quali venivano custodite le schede dello stato d’anima, il censimento religioso. Con i nomi dei componenti delle famiglie, si registravano le date di nascita, del battesimo e della cresima, del matrimonio. Dove c'erano famiglie in crisi per difficoltà nel matrimonio, per situazioni di povertà o di malattia, si metteva sulla scheda un appunto a matita.

Il parroco, Don Carlo, chiedeva ai vicari di essere puntuali e precisi nel passare nelle famiglie e nell’aggiornare le schede del censimento.

Prima di finire in archivio, quelle schede passavano in sala da pranzo e don Carlo, terminato il pasto, sedeva sul divano con la cartelletta di una via e lentamente faceva passare ad una ad una le scheda della famiglia. In quei momenti ogni nucleo familiare con le sue gioie e i suoi problemi ritornava nella mente e nel cuore di Don Carlo.

Avrei altri ricordi da evocare, ma certo ve li racconteranno Don Beppe e Don Rubagotti.

Concludo confessando la mia ammirazione per Don Carlo ma senza farne una esaltazione.

Ha fatto tanto bene, ma ha potuto farlo, anche perché in Cassano ha trovato tanto aiuto, tanta disponibilità, tanta collaborazione.

Ricordiamo la collaborazione delle suore: Adoratrici, Canossiane, Suore di San Vincenzo.

Ricordiamo la collaborazione dei vicari: non mancavano la diversità di opinioni e di stili operativi ma non ci sono state mai rotture.

Ricordiamo il prezioso servizio di sua sorella, Carla: senza di lei la sua storia non sarebbe stata così intensa.

Non posso dimenticare la grande generosità dei cassanesi: a questa si deve il sorgere di due chiese in pochi anni.

Tutta questa ricchezza di risorse però non avrebbe fruttato senza l’impegno coraggioso e intelligente di Don Carlo: senza quel suo essere presente. Voleva la presenza del Signore nell’ Eucarestia in ogni angolo di una città che si espandeva.

Coraggio e intelligenza però non bastano: occorre il cuore. La grandezza di Don Carlo sta soprattutto nel suo cuore.

                                                        don Giovanni Sanfelici – 3 dicembre 2022