la pulènta

pulènta e casoeula

al minestron

i temp indree

 

O mangia 'sta minestra o salta 'sta finestra

 

Ci sono delle regole ben precise: si mangia quando si può, quello che c'è, quanto è nelle possibilità di avere.

Non è raro il caso di saltare il pasto con una certa frequenza. La verdura dell'orto, che ogni famiglia coltiva con grandi cure, è il cibo fondamentale: verdura, tuberi e frutta.

I cereali, polenta e pane di orzo o di frumento, sono il fondamento di ogni colazione. Di polenta ce n'è tanta da averne per la colazione, il pranzo e la cena. Una malattia caratteristica della mancanza di vitamine è diffusa nei nostri paesi (la pellagra) tanto da determinare la costruzione del pellagrosario, proprio a Indago, per raccogliere gli ammalati che riportano conseguenze di astenia, dimagrimento, anemia, e talvolta modificazioni del carattere, seguono i segni caratteristici gastro-enterici con vomito e colite, si arriva alla nevrosi, fino alle allucinazioni e delirio, fenomeni cutanei fino alla cachessia pellagrosa. La carne si mangia rarissimamente; nelle grandi festività dell'anno e nelle circostanze di nozze o di sagra del paese.

Coloro che hanno possibilità consumano carne di maiale che si alleva nel porcile della cascina, lo si sacrifica durante l'inverno (dalla festa di S. Caterina al Natale). I ricchi contano sulla scorta dei salami appesi nella camera da letto a stagionare, sul grasso conservato sotto sale. che si pesta volta per volta per la minestra e sullo strutto fuso e poi solidificato in lattine capaci, o nelle "uli" di terracotta dalle quali si preleva ogni volta necessita friggere frittate, pesci, ecc. Anche di uova si fa grande uso. Il pollaio è una ricchezza primaria sulla quale conta ogni massaia per pollastrelli e uova. In ogni cortile di cascinale c'è varietà di galline, anitre, oche, faraone, che si sacrificano all'arrivo di una festa o di un parente. Con un uovo sodo si mangia in due o tre persone (condito con olio e aceto) o in camicia o chierichetto nel burro, con frittate ben lardeggiate di verdura e cipolle. Anche di pesca ci si nutre. A Cassano ci sono pescatori di professione che garantiscono pesce fresco dall'Adda e dai Navigli.

Anche di cacciagione; ci sono uccelli di passo, e nei boschi ci sono lepri, allodole, tordi e quaglie. Ma soprattutto di latte ci si gonfia: latte con polenta.

Il vino è pure usato; certamente più di adesso. È purtroppo diffuso l'alcoolismo. Cassano produce un vinello leggero alle vallette.

I frutti dell'orto sono abbondantemente coltivati: si comincia con le ciliege la primavera; si continua con le albicocche, poi arrivano mele e pere, prugne, noccioline, pesche, uva e fichi.

L'inverno regala noci e nespole.

Ma non penserete che tanta abbondanza si possa consumare a volontà! È’ companatico prezioso e misurato, ogni frutto serve per la colazione, la cena o la merenda, consumato con un po' di pane.

II dolce? Ci si accontenta della torta con le cipolle, fatta con latte.

Si mangia d'estate seduti sulla porta di casa, magari scambiando la scodella di minestra con quella del vicino, dato che la roba degli altri è sempre migliore di quella di casa propria. Anche mangiando si fa comunione in cascina!

I pasti del mattino sono latte e polenta, a mezzogiorno un piatto di minestra e polenta o pane, a merenda pane e un frutto, a cena polenta e latte o polenta e qualche intingolo.

Gli intingoli sono sempre una provvidenza, perchè c'è almeno qualcosa per dar sapore diverso alla stessa polenta!

 

 

 

Fotografia di Renato Siesa - Il presepe di Sabbioni (Crema) 

 

 

Il dolce si vede per la sagra o per i pranzi di nozze: ma sono dolci economici, fatti in casa, impastando farina bianca e gialla con un po’ di strutto e un po’ di zucchero, (bargnoca)

I giorni di sagra e di matrimoni sono desideratissimi: è l'occasione per cavarsi la fame; per questo si fanno grandi economie nei giorni che precedono la festa, per accantonare in occasione dell'arrivo di numerosissimi parenti ed amici. È l'occasione per testificare il tetto raggiunto dall'economia della famiglia, e quindi occorre fare bella figura!

E’ un macello nel pollaio e in cantina.

Ogni stagione ha piatti caratteristici: la primavera porta uova e radicchio, l'estate pane e anguria, l'autunno pane e mela, l'inverno castagne, casoeula e torta di sangue di maiale.

Ci sono piatti per ciascuna festa: il primo dell'anno, il venerdì santo, la Pasqua uova colorate con l'ortica; a S. Giuseppe i tortellini dolci; i Santi e i Morti; Natale.

È’ assicurato ogni volta un piatto di minestra al povero che arriva alla porta di casa a chiedere l'elemosina sia a mezzogiorno come di sera, prima di dargli alloggio sul fienile del cascinale o nella stalla.

Il pane si fa in casa e lo si cuoce al forno comune della cascina.

Lo si mangia fresco e molle nei primi giorni e si riserva l'altro biscottato in cucina in un sacco, al quale si attinge rammollendolo sotto l'acqua della tromba.

Il venerdì si osserva scrupolosamente il magro, come di Quaresima si è osservantissimi del digiuno. Si mangia il mercoledì, venerdì e sabato l’aringa "sarach" o merluzzo, o sardine sotto sale e gamberi rossi che da noi abbondano nei canali e nelle rogge.

La salsiccia è preziosissima pietanza e la si conserva sotto lo strutto per le occasioni importanti.

La merenda nel campo d’estate è di solito a base di pan biscottato con una cipolla cruda o un gambo di finocchio e un po’ di sale, e carote.

Piatti caratteristici sono: il minestrone per il quale si usano i resti della pasta. Lo si prepara in grande quantità, perché deve bastare per più pasti, riscaldato o freddo. E’ ricercata anche l’insalata di nervìtt, fatta con le parti legamentose del girello o della zampa di vitello, affettate con cipolla e prezzemolo e condite con aceto, olio, sale e pepe. Famosissima poi è la casoeula, la laciada, la panigada, il pantrìd maridàa, il pan de mej.

 

Tratto da: I Quaderni del Portavoce n. 3 "Come si viveva - La storia autentica dei nostri nonni" di Carlo Valli.