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Storie di S. Antonio - I miracolo del cuore dell'avaro - fotografia di R. Siesa |
da contrappunto; così, alla tomba del santo, tre graduati
azzurri, due verdi, due marroni e un giallo a orchestrare la folla
attorno ai sapientissimi grigio-verdini del catafalco, agli spettrali
grigio-bianchi del morto. Così, anche se schizzati con frettolosa
sprezzante bravura, il variegare dal verde al giallo del mare di Rimini,
cui rispondono in musicale eco le lunghe striature del cielo. Sotto l'apparente facilità di un onesto mestiere ci si
rivelano una vigoria individuale, un carattere personale, una capacità
creativa che ci portano a revisionare — ci si perdoni il burocratico
termine — la portata e il significato di questa facilità stessa. Il
Fiamminghino, di fronte alla parete e ai suoi limiti, doveva «vedere»
immediatamente la sua composizione, personaggi e positure, espressioni e
ritmi il cui insieme è sempre buono, limpido, sicuro, talvolta
eccellente. E allora subentrava il fare immediato e largo, la fretta
soverchia di fissare l'idea, quella foga creativa che trascina e fa
amare anche i particolari trasandati del praticone che prende la mano
all'artista, anche i difetti di segno, anche l'altare sbilanciato nel
miracolo del cuore dell'avaro o il baldacchino del letto dell'abate
Gallo o le pareti e le cornici male innestate nell'aula di giustizia. Possiamo ora, tornando al ciclo nel suo complesso, porre in
luce, tra l'altro, quella vena gaudenziana, quegli spiritosi guizzi
pittorici, quella vivacità di pose e di vesti e animarsi di gesti che
soli trovano grazia, breve e affrettata, presso i critici attuali. Nel primo episodio, il miracolo del cuore dell'avaro, che
si richiama latamente nel comporre alla tempera con la predica di S.
Carlo dipinta per la Fabbrica del Duomo trentacinque anni prima,
colpiscono quel giovane elegantone in posa brava e quella dama col
copricapo alla turchesca, una compiutamente La predica del noce è tutta da godere nella folla degli
astanti: il signore appoggiato, assorto, al bastone e, dietro, la sua
perplessa consorte, le mercantesse e le
popolane, e bimbi e cani seduti in terra, il notabile ritto a sinistra,
l'intendente a cavallo e il contadino armato di archibugio, quasi a
guardia del santo, sottile e avvitato, e perfino quel ragazzetto
infervorato, fisso dietro di lui, e quel viso di uomo maturo che spunta
dietro un largo feltro a destra. Questo volto che tanto somiglia a
quello del vecchio nel primo affresco, così particolare e vivo, non può
essere che un ritratto. La predica ai pesci, pur negli azzurri e rosa e grigi e
gialli che lontanano tra terra e mare e annuvolato cielo, ha minore
interesse per noi che già ne abbiamo
sottolineato la
finezza cromatica
e la
sapienza compendiaria, e quasi nulli sono il S. Antonio con il
Bambino Gesù e l’apparizione del santo all'abate Gallo., se si
eccettua nel primo la natura morta dello scrittoio e nel secondo il vivo
movimento delle due figure, mentre nuovamente ci stimolano
gli affreschi col
santo sul
catafalco e
con l'apparizione in
giudizio. Non occorre illustrare il vario accorrere di storpi,
mutilati, lebbrosi, cancerosi che si stringono al tumulo del santo,
piccola folla sommossa da sentimenti e bisogni e impulsi diversi, dalla
quale staccano, in contrasto violento ma non senza significato, i grigi
e i bianchi acuti del catafalco e del morto, sempre più L'ultima storia va osservata nelle pose e nelle espressioni
dei pochi personaggi: santo e inquisitore, inquisito e birri. Il vecchio
cancelliere dal volto lavorato e pietoso è la figura più viva: di
fianco alla firma, potrebbe essere l'autoritratto del pittore. La gloria
del santo che ascende al cielo sfondando la volta tra fiocchi di nuvole,
voli di angeli e tripudi di luce, nonostante facili e schiaccianti
paragoni anche lombardi, mostra in pieno la vena e le capacità
prospettiche, compositive e coloristiche del nostro. I cherubi musici,
ricchi di scorci, come l'angelo ancora cinquecentesco che mostriamo,
sono pieni di inventiva e di brio; il loro disporsi è mosso, il vario
accorrere sciolto. Ma con ciò, se abbiamo riscattato il nostro piccolo
maestro da una immeritata trascuranza, non abbiamo ancora detto perchè
e dove è la validità, per il suo tempo, della sua pittura. Questo ripensavo
uscendo all'aperto
a ricercare il già vivo complesso di cui l'oratorio è parte. |
La villa Arcivescovile di Groppello d'Adda nel disegno acquarellato di Giuseppe Levi (ca 1810) conservato nella civica raccolta Bertarelli al Castello Sforzesco di Milano (fotografia di R. Siesa) |