L'interno della chiesa
Dal primo sguardo l’impressione è che questa sia una cattedrale. La profondità della chiesa, l’altezza, l’architettura serena, verticale. La luminosità indisturbata da sovraccarico di decorazioni, stucchi statue e pitture, l’unica navata dove è il trionfo delle linee, le due tazze che rompono il soffitto a botte, il solenne presbitero alto sulla gradinata, i matronei ornamentali, la monumentalità degli organi sostenuti da classiche tribune, le cappelle laterali sobrie e nascoste chiuse da leggere cancellatine in battuto, il pavimento di marmo, tutto dà il senso di maestosità. Se proprio vuoi trovare un difetto, nota che la testa dell’abside e del coro è piccola in proporzione al corpo della grande navata. Ti puoi accorgere che l’edificio ha subito un prolungamento per eseguire il quale nel 1936 sono state chiuse due finestre per concedere al pittore di disegnare a cassettoni la volta. Avrà guadagnato l’affrescatura, ma si è spenta la luminosità del tempio.
Tutta l’unica navata s’innalza verticalmente coperta da volta a botte fino a metri 20, e si allarga a portare una prima tazza alta metri 25, poi continua restringendosi alle dimensioni dell’ingresso e arricchendosi di matronei festosi e composti; si riallarga per una seconda tazza prima di restringersi al presbitero dove tocca i 32 metri di cupola. Il totale della lunghezza 68 metri dei quali 50 in navata e 18 per il presbitero ed il coro.
Le dimensioni in larghezza: superate le piccole cappelle del battistero a sinistra e della Madonna di Caravaggio a destra, la chiesa si allarga in corrispondenza della prima tazza e dar spazio agli altari della Madonna del Rosario e di S. Antonio in metri 18,75. Sotto l’originale festone dei matronei sono ricavate quattro cappelle e la larghezza è di metri 12,10. Si allarga ancora in transetto per sostenere la seconda tazza e far posto agli altari del Sacro Cuore e di S. Giuseppe.
Imponenti e armoniose sono le cantorie sui fianchi del presbiterio. L’architettura è di un teatro settecentesco veneto con matronei per famiglie nobili, costruito nel 1777-1778, su disegno di Paolo Bianchi.
La chiesa fu prolungata dal 1886 al 1890 su disegno dell’architetto Maciacchini con una imponente cupola. Disastroso fu il crollo (5 luglio 1890).
Su progetto dell’architetto Cesare Nava fu ricostruito il prolungamento. La festa di benedizione è del 23, 24, 25 ottobre 1897, già innalzati anche gli altari del Sacro Cuore e di S. Giuseppe eseguiti da Martinetti, presenti i vescovi di Cremona Bonomelli, Guindani di Bergamo e Mantegazza ausiliario di Milano.
La superficie precedente il prolungamento era di metri quadri 480 e fu raggiunta quella di 900.
Monsignor Favalli, ultimò l’opera di abbellimento dal 1936 e al 1942 quando il Vescovo Cazzani venne a consacrare la chiesa, eseguiti affreschi, pavimento in marmo, riordino dell’organo e degli altari.
Toccò al parroco don Valli la sistemazione del presbiterio secondo le nuove regole liturgiche nell’anno 1974.
Altezza della tazza: metri 25.
Altezza della cupola: metri 32.
Altezza della volta a botte: metri 20.
Altezza del campanile: metri 42.
Lunghezza totale della chiesa: metri 68.
Lunghezza del transetto: metri 18,75.
Larghezza navata: metri 12,10.
Pavimentazione e zoccolatura
È stato eseguito nel 1940 dalla ditta Pelmi di Verona. Fu strappato il pavimento in cotto offerto dal marchese Gian Battista D'Adda nel 1870 e su strato di calcestruzzo è posato il nuovo di marmo rosso di Verona, ricco di disegni geometrici. Il pavimento del presbitero è realizzato dalla ditta Comana di Bergamo nel 1974 in occasione della riforma liturgica della mensa eucaristica.
Vetrate
La più antica è quella dell'Immacolata, cotta a fuoco con tinte forti nel 1897 e trasportata del catino dell'abside, nel 1940 ampliata con l'aggiunta dei santi Zeno ed Omobono dalla ditta Corvaga e Bazzi di Milano, sopra il portale d'ingresso. Fu restaurata dalla ditta Cristiani di Crema nel 1981.
È purtroppo consuetudine porgerle involontariamente le spalle, tuttavia la compatrona della principale Parrocchia cassanese, vanta una delicata raffigurazione nell’ampia vetrata che sovrasta il portone di ingresso della chiesa prepositurale.
Si tratta di una pregevole opera di Carlo Bazzi, illustre quanto purtroppo poco conosciuto artista cassanese, che la realizzò nel 1897. Cotta a fuoco con tinte forti, la vetrata fu collocata nell’attuale ubicazione, a venti metri dal suolo, solo nel 1940, quando fu trasportata dal catino dell’abside lasciato libero da Mons. Favalli per accogliere il restaurato polittico del Fasolo. In occasione di tale forzato “trasloco”, realizzato dalla ditta Corvaja e Bazzi, fondata dall’artista nel 1905, vennero affiancati alla Vergine le raffigurazioni del patrono diocesano Sant’Omobono (sulla sinistra) e del compatrono San Zeno (sulla destra). Ai piedi della composizione arricchita da uno stormo di quattro buffi e “geometrizzati” angioletti collegati tra loro da piccole nubi, spicca lo stemma del Comune di Cassano d’Adda, che presenta lo sfondo rosso oggi in uso ma in contrasto con la patente ministeriale del 1931 che vuole invece le tre case adagiate su un anonimo sfondo argenteo.
L’assetto iconografico dei tre protagonisti della vetrata si presenta alquanto tradizionale, anche se non privo di quale singolare particolarità: la Madonna, che spicca su un raggiante fondo blu, indossa un manto ocra con sfumature violacee e purpuree.
Sotto di essa si avvinghia un esangue serpente, abbandonato ad una morbida immobilità.
Sant’Omobono è ritratto in atteggiamento contemplativo, con un volto forse più giovanile rispetto ad altre rappresentazioni. Pure San Zeno appare di aspetto meno "maturo” rispetto alla tradizionale figura. Il “ringiovanimento” dei due patroni è abbastanza evidente operando il confronto con il coevo ciclo degli affreschi di Gaetano Miolato, a poche decine di metri di distanza dalla vetrata, nel quale il Santo Vescovo presenta una folta barba grigiastra e un’aria decisamente più autorevole e il protettore della diocesi cremonese, appare di spalle, genuflesso in preghiera.
Questo piccolo capolavoro dell’arte vetraria ha subito nel corso della sua non lunghissima esistenza, ben tre interventi di restauro: il primo nel 1949, a due anni dello scoppio della polveriera, che mandò in frantumi anche altre vetrate, la seconda nel 1967, in seguito ai danni registrati da una tromba d’aria, e la terza nel 1981. Di Carlo Bazzi sono pure le vetrate ubicati ai lati della chiesa (Il portavoce Febbraio 2007 articolo di Marco Galbusera).
Carlo Bazzi fu anche autore delle quattro vetrate che, a forma di mezzaluna, sormontano l’interno della chiesa prepositurale, conferendole una timida e suggestiva illuminazione. Particolarmente evidenti nelle giornate luminose, rientrano in una confusa oscurità nelle ore serali o nelle stagioni meno soleggiate: si tratta di opere realizzate con grande cura e, soprattutto, ricche nella loro essenzialità stilistica, di profondi riferimenti alle Sacre scritture e ai principi di fede cristiana. Contornate da una decorazione policroma a motivi geometrici e floreali, le quattro mezzelune, su un anonimo sfondo bianco, racchiudono un cerchio a sua volta diviso in una cornice circolare (geometrica e decorativa) che raccoglie dentro di sé l’immagine vera e propria.
Le quattro vetrate sono realizzate nel 1939 dalla ditta Corvaga e Bazzi con cornici di frutta e fiori di reminiscenza cinquecentesca e coi simboli dei titolari degli altari che sovrastano:La prima vetrata
Frumento ed uva per l'eucarestia, cinque spighe di frumento e due grappoli d’uva, collocati in un insieme armonico e proporzionato, attento alle forme, alle dimensioni e all’accordo cromatico, rimandano con facilità al Sacramento cardine della nostra fede.
La seconda vetrata
Meno evidenti nel loro significato sono forse le altre vetrate un mazzo di spighe di frumento, racchiuse in un nastro ondeggiante e sinuoso, vogliono infatti richiamare la memoria di San Giuseppe.
La terza vetrata
Un albero di rose fiorite, riporta alla Vergine Madre di Dio.
La quarta vetrata
Decisamente originale la quarta vetrata, una pianta di datteri che si staglia su un plumbeo sfondo grigiastro, intende infatti ricordare la memoria di Sant’Antonio missionario in Marocco.
Scoppiata la polveriera nel 1947 le vetrate di destra vanno in frantumi e sono rifuse nel 1949. Una tromba d 'aria nel 1967 fa cadere le vetrate di destra che la ditta Bontempi di Brescia sostituisce comprese quelle di sinistra, realizzando 144 antini di vetro cattedrale tabacco smerigliato rilegato in trafilato di piombo, illuminando un po' la chiesa già troppo oscura. Altro intervento di restauro necessita nel 1981.
Acquasantiere
Sono dello scultore Bruno Bendoni. Di marmo pregiato con sfumature di viola variegate da striature bianche. Sostenute da piedistalli in marmo di Carrara. Eseguite nel 1946.
Via Crucis
Offerta dal prevosto Favalli e collocata nel marzo 1940. È opera in terracotta di Guglielmo Michieli veneziano residente a Pizzighettone dal 1924. Sembra che Favalli l'avesse commissionata per Gazzuole dove era parroco. Infatti, molti paesaggi rappresentati ricordano il paese gonzaghesco, i suoi portici.
Nelle miniature qui sotto sono state messe 3 delle 14 formelle presenti nella nostra chiesa parrocchiale:
XI stazione: Gesù inchiodato in croce;
XII stazione: Gesù muore in croce;
XIII stazione: Gesù deposto dalla croce.
Banchi
Sono stati acquistati ed offerti dalla popolazione nel 1962.
Pulpiti
La chiesa parrocchiale oltre che possedere valori architettonici e strutturali per i quali si manifesta monumento di grande pregio della fine del Settecento, è ricca di elementi di rilevante valore nel corredo liturgico; tra questi i due pulpiti.
Nel passato hanno avuto un ruolo determinante: erano la cattedrale dell’istruzione alla fede e di esortazione alla vita morale, e godevano di posizione eminente a facilitare l’ascolto della Parola. Da qui la loro fattura accurata e preziosa, segno di distinzione e di importanza del ruolo. Sono di legno, finemente dorati e laccati, e raffigurano scene di catechesi di Cristo.
Nel momento di rinnovamento di tante cose, passata la burrasca della Rivoluzione francese ed il furore anticlericale ed antireligioso napoleonico, acquietate le acque e ripreso il buon senso ed il rispetto della religione, si torna da capo. È da dove si deve incominciare se non dalla Parola?
Si fa come al tempo del rientro degli Ebrei dalla schiavitù in Babilonia al tempo di Esdra. Prima (Neemia 8) ci si mette in silenzio ed in meditazione sulla Parola del Signore.
Lo storico Milani riferisce nei suoi Annali che l’anno 1809 fu dato all'architetto Carlo Amati, che stava lavorando a Milano per realizzare la facciata del duomo, l’incarico di preparare i pulpiti da collocare nella nostra chiesa.
È interessante confrontare i nostri pulpiti con quelli di Pandino, Vailate, Inzago, Rivolta, Fara. Le scene scolpite sulle facciate dei pulpiti ritraggono scene dell’Antico e del nuovo Testamento. Leggiamole: cinque specchi ciascuno.
Pulpito di destra: scena centrale rappresenta la pesca miracolosa e negli specchi laterali: S. Gerolamo, Annunciazione, S. Ambrogio, S. Giovanni Battista.
Pulpito di sinistra: scena centrale rappresenta Mosè che riceve le tavole della legge e negli specchi laterali: S. Giovanni evangelista, Elia e il carro di fuoco, Mosè, Giovanni.
Paola Venturelli nel suo articolo “Disegni sconosciuti per pulpiti di Carlo Amati: Monza, Cassano d’Adda ed altro” edito da” Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore” scrive: «Poco più che trentenne, l’architetto monzese Carlo Amati (1776-1852) si cimentava, quasi contemporaneamente, nella progettazione di tre pulpiti lignei che sarebbero stati messi in opera tra il 1807 ed il 1809, destinati uno al Duomo di Monza e gli altri due alla parrocchiale di Cassano d’Adda (L'Archivio Parrocchiale della chiesa della Beata Vergine Immacolata e di San Zeno in Cassano d'Adda non è oggi consultabile; rimando quindi ai sintetici cenni in C. Valli, Comunità e chiesa parrocchiale di Cassano d'Adda, «I Quaderni del Portavoce» Caravaggio 1986, 62).