L'organo monumentale
I primi documenti che descrivono con esattezza lo strumento e la sua cantoria risalgono al 1780, anche se alcune note delle visite pastorali del 1611, 1624, 1645 lo annunciano già esistente.
Si tratta di un vecchio “Bossi”, costruito dai fratelli Giuseppe e Francesco della famosa bottega organaria Bossi di Bergamo, costato allora 6.000 lire.
L’organo, più volte rimaneggiato e riordinato, trova una sua prima collocazione sopra il portone principale della chiesa, mentre nel 1935 si trova nell’area del presbiterio per volere di mons. Favalli.
Nel 1909 mons. Pezzali ha fatto costruire dalla ditta Rotelli il monumentale organo.
In seguito, mons. Favalli ha fatto eseguire le due cantorie, su progetto dell’architetto Nava, in presbiterio (1935). Nel 1989 sono terminati i lavori di restauro voluti dal parroco mons. Valli che lo fa ampliare dalla ditta Piccinelli di Ponteranica, regalandoci uno dei migliori organi della diocesi.
Nel monumentale organo accresciuto di un terzo sono stati riuniti tutti gli strumenti musicali classici e moderni. Organi di buona fattura musicale si trovano anche presso le chiese parrocchiali di Groppello, Cascine S. Pietro e Cristo Risorto.
Nel 2024 l'organo necessita di un altro restauro.
La mensa eucaristica
I bassorilievi della custodia dell’Eucarestia completano i lavori di rifacimento del presbiterio. Iniziati nel 1974 con la sistemazione del pavimento ad opera della ditta Comana di Seriate, continuati con la posa in opera della mensa per la celebrazione della messa secondo i dettami conciliari e i restauri del pallio, dei candelieri, dei Santoni e dei busti portareliquie (ditta Sironi di Albino), si è giunti alla posa del nuovo pallio della custodia eucaristica.
L’opera si è resa necessaria per arricchire la facciata del dossale rimasta vuota dopo lo stacco del paliotto di ottone argentato usato per la mensa.
La scelta per la realizzazione è stata facile: riferirsi ad uno scultore noto per o suoi lavori, in diocesi e fuori.
Di Pietro Ferraroni, si possono ammirare lavori al cimitero di Cremona (cappelle Farina, Gerevini, Martini), nella cattedrale di Cremona (monumenti funebri dei vescovi Cazzani, Rota e Bolognini), nella chiesa della Casa Madre di cura “La Pace” di Cremona (presbiterio) e in molte altre chiese del Cremonese (Gallignano, S. Daniele Po, Casalbuttano, San Bernardo in Cremona).
Anche a Cassano aveva già dato prova della sua abilità con il gruppo della Pietà in chiesa parrocchiale, con il medaglione Mons. Favalli all’oratorio maschile, con la sistemazione delle Cappelle della Madonna di Caravaggio, del Rosario e di Sant’Antonio e, della Chiesa di Cascine S. Pietro.
Nel maggio 1976 è stato studiato il progetto, nel settembre l’opera poteva figurare in una mostra internazionale del marmo a Valpolicella, riscuotendo lusinghiera ammirazione.
La materia in lavorazione è il marmo rosa di Portogallo, luminoso e caldo. Le tre formelle sono state incorniciate in bronzetto e propongono una catechesi eucaristica articolata su tre pagine bibliche.
1) il sacrificio di Isacco (Gen. 22). Il figlio della promessa sta per essere immolato a Dio. In dolcissimo atteggiamento Isacco guarda il padre con in mano il coltello sacrificatore. La pagina vetero-testamentaria di Gesù al Padre per la salvezza di tutti gli uomini.
2) Il profeta Elia invitato a mangiare il pane per proseguire il cammino verso il monte di Dio (I Re 19). L’angelo del Signore - è inconfondibile la dolcezza di questo volto che richiama i lineamenti della Madonna di Caravaggio scolpita per la “peregrinatio Mariae” in diocesi di Cremona - sveglia il profeta sfiduciato. Ristorato dal cibo datogli dal Signore prosegue il suo cammino. L’Eucarestia è il viatico dell’uomo nel viaggio faticoso della vita.
3) La cena di Emmaus (Lc.24, 13 ss.). La familiare scena è colta dal momento in cui Cristo distribuisce il pane già consacrato. Lo scultore ha visto, per una custodia dell’Eucarestia, più indovinato il momento della distribuzione che quello della benedizione. L’Eucarestia, qui, è il cibo in distribuzione perché dalla manducazione ci sia il coraggio dell’annuncio: “Abbiamo incontrato il Cristo”.
Il presbiterio
Superata una maestosa gradinata in marmo rosso di Verona arriviamo in presbiterio. Vasto, da pontificali, affiancato dalle portacantorie rinascimentali eseguite su disegno del Nava, con quattro nicchie per i busti settecenteschi in rame argentato portareliquie, chiuso in alto dalle due serie di canne.
La custodia dell'eucarestia con l'alzata in cui è incastonato il tabernacolo costruito dai fratelli Paleni di Bergamo sempre su disegno del Nava, in marmi ornati da bronzi, inaugurato l'otto Dicembre 1904. Sostituito il tabernacolo disegnato dal prof. Carlo Amati architetto della facciata del duomo di Milano e l'altare disegnato dal prof. Giuseppe Levati che aveva affrescato il palazzo D'Adda, realizzati nel 1801.
Il tabernacolo ha la porticina d'argento sbalzato rappresentante il profeta Elia invitato dall'Angelo a mangiare il Pane che rinforza. È del Settecento.
Originali sono le due statue di S. Zeno e di S. Carlo in rame sbalzato ed inargentato ottocentesche, nello stesso stile dei paramenti, pallio, candelieri e ferule, ricchi di vetri colorati, restaurate nel 1974.
La riforma liturgica del dopo concilio ha richiesto tutta una ristrutturazione: fu rifatto il pavimento, demolito il tempietto collocato sull'altare nel 1927, utilizzato il basamento per gli attuali amboni, tolte le balaustre, ridimensionati i gradini, realizzata una nuova mensa utilizzando il pallio in rame argentato ottocentesco con l'ultima cena restaurato nel 1974, proveniente dalla bottega dell'argentiere Broggi di Milano.
L'attuale custodia dell'Eucarestia è stata arricchita da tre bassorilievi in marmo dello scultore cremonese Ferraroni, rappresentanti la Cena in Emmaus. Abramo che sacrifica Isacco, il pane di Elia.
L'arcibanco
in stile rinascimentale è del 1937 eseguito da Attilio Biffi; su disegno e direzione del professor Bellotto di Treviglio con intarsi della ditta Cassani ed intagli di Secondo e Pino Tacchinardi-Milanesi di Castelleone.
Gli specchi d'intarsio del dossale rappresentano l'Immacolata, con Regina della Scala che offre il disegno della chiesa, S. Omobono patrono della diocesi, e S. Zeno che ridona la vista alla figlia di Gallieno, il quale dal trono porge al Santo la corona d'oro.
il coro in legno intagliato del Cinquecento
Per sapere come ha fatto il coro ad arrivare a Cassano è necessario ricordare nel 1782 l’imperatore Giuseppe II, “l’arcisagrestano del Sacro Romano Impero”, così lo chiamava scherzosamente Federico il Grande, in nome della riforma ordinò le soppressioni di quasi seicento monasteri (un terzo del numero totale), incominciando da quelli ad indirizzo contemplativo e dai Mendicanti. La chiesa di S. Marta di Milano, proprietà della Confraternita di S. Marta, va soggetta a questa legge e viene messa all’asta con tutti gli arredi.
La parrocchia di Cassano ha appena terminato la costruzione della sua chiesa e ha bisogno, fra le altre cose, anche di un coro.
L’occasione viene sfruttata: ottenuti i dovuti permessi, esso viene portato a Cassano.
Inizialmente era composto da 19 stalli, ma ora rimangono solo tre formelle a causa del doloroso crollo della chiesa avvenuto l’11 luglio 1890 che seppellì l’intera opera.
La prima formella illustra la resurrezione di Lazzaro, fratello di Marta; la seconda il leggendario sbarco di S. Marta in Provenza, la terza l’uccisione del drago.
L’autore è incerto, mentre la ricostruzione è opera di Attilio Biffi.