Sant'Aquilino di Milano, dipinto di Simon Benedikt Faistenberger a Rattenberg
S. Aquilino
Nasce nel 970 in Germania a Würzburg sul meno (attuale Württemberg). Studia a Colonia presso i canonici della Cattedrale. Distribuisce i suoi beni ai poveri. Diventa sacerdote e prevosto della cattedrale di Colonia e collaboratore del vescovo nel governo della Diocesi.
Fugge da Colonia non accettando la responsabilità episcopale. a Parigi dove arriva, c’è la peste, che cessa per la sua preghiera. Miracoli numerosi.
Fugge da Parigi per non essere consacrato vescovo. Arriva in Italia, a Pavia che è infestata dall’eresia manichea (dottrina che si oppone direttamente e contraddittoriamente a una verità rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica). Prende il nome di Aquilino. Si trasferisce a Milano e si unisce ai canonici di S. Lorenzo, dove predica in difesa della fede.
È perseguitato, minacciato, calunniato, battuto dai manichei che tentano perfino di bruciarlo in casa. Mentre si reca alla basilica di S. Ambrogio un sicario lo assale a tradimento e gli conficca il pugnale nella gola.
Un’antica tradizione dice che la sua salma fu portata nella cappella di S. Genesio, un oratorio attiguo alla basilica milanese di S. Lorenzo, successivamente, da un gruppo di facchini i quali, passando nella via deserta, per primi avrebbero scoperto il delitto: essi orgogliosi d’essere stati i portatori del santo, si scelsero S. Aquilino come loro protettore. Ancor oggi ogni anno i facchini milanesi, il 29 gennaio, con una caratteristica processione alla cappella del loro santo per venerare le reliquie ivi esistenti, fanno l’offerta dell’olio e della cera occorrente per tutto l’anno.
S. Carlo Borromeo
Universalmente noto come San Carlo (Arona, 2 ottobre 1538 – Milano, 3 novembre 1584), è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Canonizzato nel 1610 da papa Paolo V a soli 26 anni dalla morte, san Carlo è considerato tra i massimi riformatori della Chiesa cattolica nel XVI secolo, assieme a sant'Ignazio di Loyola e san Filippo Neri, nonché anima e guida della Controriforma cattolica. Tra le maggiori riforme da lui proposte e accettate dal Concilio di Trento, vi fu l'istituzione dei seminari per la formazione e l'educazione dei presbiteri.
"In un secolo in cui l'altezza media degli uomini non superava il metro e sessantacinque, Carlo Borromeo era alto più di un metro e ottanta"; così lo descrive Federico Rossi di Marignano: non solo era molto alto, ma era anche di corporatura robusta. San Carlo osservava la raccomandazione di Ambrogio e di Agostino di digiunare e destinare ai bisognosi il denaro risparmiato. Negli ultimi anni di vita, secondo l'uso ecclesiastico antico, consumava un solo pasto al giorno, dopo il vespro. Si dice però che, pur tralasciando cibi costosi e preferendo il semplice pane, l'assumesse «in assai quantità».
Ritratto del Cardinale Borromeo di Ambrogio Figino (Pinacoteca Ambrosiana - Milano)
Carlo Borromeo portò sempre la barba, anche se la vasta iconografia seicentesca lo raffigura spesso glabro; cominciò infatti a radersi solo nel 1576, al tempo della prima grande peste, e mantenne il volto rasato in segno di penitenza durante gli ultimi otto anni di vita. Nipote di papa Pio IV (la madre Margherita Medici di Marignano era sorella di Pio IV, al secolo Giovanni Angelo Medici di Marignano), fu da lui nominato cardinale e segretario privato quando aveva poco più di vent'anni. In tale veste il giovane Carlo partecipò ai lavori del Concilio di Trento, divenendone protagonista proprio nel periodo conclusivo.
Dopo la morte dello zio, nel 1566 Carlo Borromeo si trasferì da Roma a Milano, attuando nella diocesi ambrosiana i dettami tridentini e vivendo in ascetica povertà. Dedicò la sua azione pastorale alla cura delle anime e alla moralizzazione dei costumi, promuovendo oltre al culto «interiore» anche il culto «esteriore» – riti liturgici, preghiere collettive, processioni – ravvivando in tal modo la fede, l'identità e la coesione sociale soprattutto dei ceti più popolari. Riformò la diocesi, nella quale la disciplina ecclesiastica era «del tutto persa», perché da quasi un secolo gli arcivescovi titolari, risiedendo altrove, l'avevano abbandonata a sé stessa limitandosi a goderne le rendite.
Carlo affrontò «contrasti tanto grandi [...] et da persone tanto potenti che havriano impaurito ogni grand'animo». Nell'attuare i decreti tridentini il Borromeo si espose infatti alla reazione di coloro che vedevano lesi i propri privilegi: fu contrastato dai governatori spagnoli e dal Senato milanese, minacciato con i bastoni dai frati minori osservanti, aggredito con le spade dai canonici di Santa Maria della Scala, minacciato dalle monache di Sant'Agostino, vilipeso da quelle di Lecco e colpito con una archibugiata alla schiena da un sicario dell'ordine degli umiliati.