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(da: Memorie di un partigiano di Cesare Bettini) da "I Quaderni del Portavoce n. 28"

Contatto e cooperazione

Col gruppo “Brasi”

(la futura 53a Brigata Garibaldi della quale più tardi

Fecero parte due cassanesi:

Paolino Colnaghi e Fumagalli Vinicio)

 

 

(…….) All'alba proseguimmo sopra i monti di Lovere per giungere ad alcune baite in Val Supine. Dopo qualche giorno di riposo, prendemmo contatto con un altro gruppo di partigiani comandati dal fotografo Brasi1, comunista di Lovere, gruppo che divenne poi la 53.a Brigata Garibaldi. Il nostro comandante era aspettato da Brasi col quale aveva già avuto un abboccamento e che fu particolarmente felice di cooperare col nostro gruppo, il I Btg. Badoglio, anche perché contava sulla capacità militare di due ufficiali, il sottoscritto e il Longhi. I nostri rapporti furono quindi sempre molto buoni, anzi direi ottimi.

Il Brasi e il mio comandante prepararono una grande azione da compiere a Lovere, azione partigiana che ebbe, per la sua complessità, una risonanza enorme non solo nella provincia di Bergamo, ma in tutta la Lombardia e che preoccupò i Comandi supremi della R.s.i. e delle forze tedesche di occupazione tanto da impegnarli immediatamente in una forte reazione. Ecco come è andata: la sera del 29 novembre 1943 scendemmo verso Lovere in circa 25 uomini. La mia squadra, secondo gli ordini ricevuti e il piano studiato nei minimi particolari, fu divisa in due: una parte andò all'ospedale a prendere una macchina per scrivere e i due uomini risalirono subito al nostro accampamento; il resto andò alla casa del fascio, forzando la porta ed asportando qualche documento, tanto per dimostrare che eravamo entrati, poi al centralino telefonico per neutralizzarlo e proseguimmo verso Castro dove avevamo l'appuntamento col nostro comandante, che si era recato con un'altra squadra all'Ilva per un prelevamento di danaro. Sul viale del Lungolago, incrociammo un carabiniere motociclista che fermammo e disarmammo; di fronte alle sue suppliche, accompagnate da dichiarazione di sentimenti ostili ai tedeschi, gli restituimmo l'arma dopo aver tolto i proiettili. Nelle vicinanze dell'Ilva passammo tra due foltissime ali di operai che ci battevano le mani: manifestazione che non mi ero aspettato. Raggiunto il comandante, che ci attendeva da una buona mezz'ora, ma che non aveva pensato alla lunghezza del tragitto da noi percorso, mi consegnò una borsa di pelle piena di biglietti da mille e mi disse che aveva ucciso il segretario politico Cortesi, senza dirmi i particolari, ma lasciandomi ugualmente scosso perché io un'azione così grave non l'avrei compiuta se non per legittima difesa. Intanto il Brasi coi suoi uomini divisi in due squadre aveva prelevato un fascista, certo Fabbri e ucciso il podestà per un colpo accidentalmente partito dal fucile di un suo partigiano mentre saltava a terra per fermare la macchina su cui questi viaggiava.

Avviatici verso i nostri accampamenti vi giungemmo a notte alta ed io consegnai la borsa col denaro al cappellano Don Giovanni Mangili.

Il giorno dopo, contato il denaro, (lire 915.000) - il comandante lo divise con Brasi: a Brasi toccarono 458.000 lire - e al I Battaglione Badoglio 457.000.

Dopo due o tre giorni il comandante mi mandò a Bergamo a consegnare al T4 (lng. Paganoni)(2) del C.L.N. la somma di L. 250.000. Questi era contrariato per quanto avevamo fatto, anche perché così era aumentato il pericolo per coloro che stavano organizzando nella clandestinità.

Quando tornai da Bergamo il comandante decise di scioglierci per darci appuntamento dopo un mese nello stesso posto, mentre il Brasi rimase coi suoi uomini in Val Supine e con luì rimase anche Don Giovanni Mangili.

Congedati gli uomini, il comandante liberò anche il carabiniere Cereda di Vimercate (al quale diede 500 lire) che dopo la guerra mi mandò a salutare. Scendemmo anche noi a Lovere e il comandante andò a dormire a Costa Volpino dove aveva un recapito; io invece fui ospite della famiglia antifascista Lucchetti, vicino ai "canottieri" di Lovere, sopra l'appartamento del segretario del fascio Capitanio. Al mattino l'appuntamento era alla corriera che portava a Bergamo. Io scesi  ad aspettare il pullman e tenevo per mano il bambino Tonino Lucchetti di 4 anni. Dalla discesa di Pianico scendeva la ronda e quando fu a tre metri da me si fermò un secondo come per chiedermi i documenti, poi ci ripensò, vedendo che avevo per mano il piccolo Tonino.

Due minuti dopo arrivò il pullman. Salitovi, trovai il comandante in divisa di tenente della milizia. Dopo un chilometro ci fu un posto di blocco; salì un milite, chiese i documenti ai passeggeri, fece il saluto al mio comandante e quando chiese i miei documenti il comandante disse: "È con me" e tutto andò liscio. Ci fu un secondo posto di blocco, ma i militi diedero un'occhiata solo dall'esterno. Giunti a Bergamo ci dividemmo, dopo averci dato appuntamento ancora a Bergamo per il Lunedì successivo alle ore 15.

In pullman raggiunsi casa mia, a Cassano d'Adda, alle ore 19. Il lunedì come d'accordo, mi recai a Bergamo nell'ora e nel luogo stabilito, ma non trovai il comandante. Aspettai, poi girai un poco, tornai sul posto, girai ancora e poi presi i mezzi per tornare a casa mia molto preoccupato. Dopo la guerra seppi che il comandante, con la moglie mi aveva per un po' seguito in taxi e poi aveva perso le mie tracce.


   

1) Brasi - fotografo di Lovere. Antifascista, molto stimato, fu l'iniziatore di un gruppo di partigiani che operò a Lovere col I Btg. Badoglio. Divenne il comandante della 53.a Brigata Garibaldi che, tra l'altro, sostenne la grande battaglia di Fonteno contro i tedeschi.

2) Ing. Paganonì - Commerciante di legnami. Del C.L.N. di Bergamo col codice di T.4.

 

 

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