Nel racconto di Cesare Bettini  (da: Memorie di un partigiano) da "I Quaderni del Portavoce n. 28", e precisamente nel capitolo "Ritorno dalla Valgrande a Megolo", appaiono dei passaggi che trovano corrispondenza nelle pagine del CAVALLO ROSSO di Eugenio Corti (da pag. 737 a pag 753). Riportiamo questi passaggi, distinguendo quello di Bettini in corsivo da quello di Corti in blu.

 

È la domenica 13 febbraio 1944, pochi giorni dopo quel cavalleresco incontro che il Cap. Beltrami aveva concesso al comandante tedesco, questo tornò con tutti i suoi uomini pronti all'attacco, avvantaggiato dall'aver esattamente valutato la consistenza, l'armamento e la situazione del gruppo partigiano, parte del quale era tornato da poco, stanco per una lunga e faticosa marcia da un'azione mancata, quasi certamente a seguito di una spiata.

il Comandante infatti era partito verso mezzanotte con un gruppetto di partigiani su un camioncino per fermare un treno carico di materiale bellico, ma si dovette rinunciare all'azione perché dolosamente il camioncino era stato forato e si dovette spingerlo fino alla base della partenza.

Verso le 7 del mattino i tedeschi giunti in forze da Omegna, sorpreso il piccolo presidio partigiano di Anzola, si schierarono silenziosamente per l'attacco dopo aver piazzato il cannone al di là del canale. Stante il vantaggio di sapere dove attaccare, speravano di sorprendere e annientare il poco tempo e con relativa facilità le forze partigiane, ma dovettero accorgersi ben presto di aver sbagliato i conti perché la reazione del gruppo comandato dal Cap. Beltrami con a fianco Citterio, Antonio Di Dio e i loro uomini fu estremamente decisa tanto da dover quasi subito far funzionare le loro mitragliatrici; e una seconda sorpresa ebbero i tedeschi, quando il gruppo comandato dal sottoscritto, forte di 16 uomini con due mitragliatori Breda, uno dei quali azionato dai gruppetto dei Carabinieri, dopo aver mandato un biglietto informativo al Cap. Beltrami per mezzo del partigiano Marco Piscia dicendo che mi trovavo sul fianco, ad un mio ordine tutto il gruppo fece fuoco sui tedeschi che avanzavano verso il centro, prendendoli quindi sul fianco e costringendoli ad una momentanea ritirata.

Il Cap. Simon (Comandante del presidio tedesco di Omegna. Dopo il rifiuto del Cap. Beltrami di sciogliere  il gruppo con la promessa dell'immunità, lo attaccò a Megolo con forze preponderanti) allora concentrò le sue mitragliatrici sul gruppo di destra e diede poi inizio anche al cannoneggiamento che oltretutto cominciò a provocare focolai d'incendio.

il gruppo centrale intanto continuava rabbiosamente a sparare rinunciando all'unica possibilità di ritirata per la momentanea sospensione dell'attacco tedesco.

 

La prima azione in programma era un attacco a un treno blindato che scortava gli altri treni lungo la linea del Sempione: passava più volte al giorno davanti a Megolo, a un paio di chilometri di distanza: Si doveva farlo saltare e cercare di catturare la sua scorta, annientandola nel caso non accettasse di arrendersi. Poiché era prevedibile una una pronta ritorsione dei nazifascisti contro Megolo, i partigiani furono innanzi tutto messi al lavoro per migliorare le postazioni difensive scavate da tempo attorno al paesino, e più in alto sulla montagna, prima delle baite.

Tali lavoro non erano del tutto terminati, che le SS tedesche all'alba del 13 febbraio sorpresero il posto di blocco d'Anzola e vennero avanti senza sparare un colpo. Furono avvistate appena in tempo dagli uomini di guardia a Megolo: alle grida d'allarme di costoro, i partigiani uscirono di corsa da case e da baite e si precipitarono nelle postazioni, ogni squadra nelle proprie; a Bettini e ai suoi alpini era riservata la difesa del lato destro dello schieramento che, per più motivi si presentava più difficile.

Rintronarono i primi colpi; i partigiani avrebbero potuto ancora sganciarsi e inerpicarsi sulla montagna alle loro spalle, che faceva parte dell'impervio gruppo del Rosa, tra i più alti delle alpi, ma i loro comandanti non vollero: erano del parere che uno sbandamento, in questo momento, avrebbe portato alla dissoluzione della brigata.

Pino, con la sua borsa di medicazione a tracolla, il moschetto nella mano sinistra, e il cuore indicibilmente in tumulto, accorse al posto di medicazione stabilito dal capitano: una baita a tergo dello schieramento, defilata da una gibbosità del terreno........(omissis).

Da quel luogo Pino cercò d0individuare il nemico: ma scorgeva solo, alquanto più sotto di lui, un'altra postazione partigiana  scavata a lato della mulattiera che saliva da Megolo, e molto più sotto, al margine sinistro del paesino, alcuni spezzoni di trincea, anch'essi difesi dai partigiani; vedeva inoltre del fumo qua e là, l'aria era piena di spari e di scoppi, il cuore gli batteva fino a rompersi.

Dopo forse una lunga decina di minuti egli sentì pronunciare il suo nome « Pino, Pino » dai difensori della postazione più sotto: « È lì da voi l'infermiere? »

« Cosa volete?  » egli urlò di rimando.

« C'è un ferito. Vieni giù. »

............ (omissis), s'avviarono, il ferito pesava maledettamente, fortuna che la mulattiera era fiancheggiata da piante e cespugli del tutto spogli. Non abituato a questo genere di sforzi Pino arrivò alla baita ansimante: « Cosa succede giù? » chiese, ancor mentre disponeva la barella, ai due portaferiti. Quello che aveva seguito libero dal peso gli riferì: « Al centro, dove sta il capitano, va tutto bene. Sulla destra sembra che i tedeschi stiano facendo una specie di manovra per attirare qui in alto dove sono le posizioni di Bettini: beh, quando arriveranno se ne accorgeranno.» ...............(omissis).

Fuori la piccola battaglia - che ai due sembrava tremenda - continuava "Chissà" si chiedeva ogni tanto Pino "a che punto saranno adesso le cose?"

Glielo comunicò finalmente uno dei due portaferiti, risalito con un altro ferito ........ (omissis).

« Lo sai Pino? Ci sta andando bene. Bene ci sta andando. Quelli di Bettini, sulla destra, hanno ributtato nella valle i tedeschi. Che gente gli alpini, che gente! Ma anche giù in paese, davanti a noi, i tedeschi e i fascisti - perché ci sono anche diversi fascisti - hanno fatto marcia indietro. Sono tornati alle postazioni di partenza, tanto che il capitano ha deciso di contrattaccare. Hai capito? Adesso mentre ti parlo, i nostri stanno scendendo tutti giù in paese dalle trincee qui in alto, con le armi pesante e il resto. Hai capito? » ripeté con entusiasmo, « Beh, adesso scendo anch'io, devo raggiungere Nando che è rimasto sul sentiero con la barella »

«  Va pure, va, sia ringraziato Dio » esclamò Pino. « Però dì, cosa sono questi colpi più forti che si sentono da un po' di tempo in qua? »

«  È il treno blindato che spara dalla strada ferrata; non lo si vede perché sta nel bosco lungo il fiume. Ma a noi 'ci fa un baffo', perché non può sparare su Megolo: è obbligato a tirare più in alto. Qui intorno, dove arrivano i colpi, qualche pianta ha preso fuoco ».

«  Sta attento » fece Pino, « ascolta, io dicevo questo. » Nell'aria passò distintamente un sibilo che si concluse con alcune forti esplosioni quasi contemporaneamente: « Ecco, è questo che dicevo. »

« Sì, appunto, è il treno blindato I colpi scoppiano tutti nei boschi qui sopra Megolo. » ......(omissis)

il tempo seguitava a passare, il frastuono delle armi automatiche, ch'era sembrato affievolirsi, si era gradatamente rifatto forte. Pino però non ci badava, sicura com'era dopo le buone notizie ricevute dal portaferiti. Provava piuttosto un crescente desiderio d'osservare coi suoi occhi in che modo si svolge una battaglia: " Se no va a finire che stasera dovrò domandarlo agli altri, senza aver visto quasi niente".

Si risolse: «  Torno subito » disse al ferito leggero: « Do un'occhiata al combattimento e ritorno. »

.......... (omissis)

Raggiunse di corsa la vicina trincea e vi balzò dentro: era vuota, come del resto egli s'attendeva. Da quella sporse cauto la testa e guardò giù nella valle; da principio non capì: nella postazione a lato della mulattiera, poco sotto di lui, c'erano due soli uomini con una mitragliatrice che sparava incessanti raffiche furiose verso il basso; appena più in alto, ma sempre sotto di lui, c'erano altri partigiani ammucchiati dietro una roccia: stavano inchiodati contro il terreno, non si capiva cosa diavolo facessero.

Giù in basso, Pino intravide, nel bosco ai lati della scoscesa salita, alcune divise mimetizzate, con certezza tedesche. Le SS! Ancora più in basso, nei prati intorno a Megolo, c'erano alcuni cadaveri di partigiani. Il cuore del ragazzo cominciò a martellare con furia: non potevano esserci dubbi, il nemico stava avendo il sopravvento.

Come mai? Cos'era successo? Per quale ragioni le sorti della battaglia s'erano capovolte? E - problema più urgente d'ogni altro - cosa sarebbe accaduto adesso?

Osservando attento con la bocca semi aperta, Pino si rese conto che i partigiani inchiodati dietro la roccia avrebbero voluto raggiungere la trincea dove stava lui, ma n'erano impediti dal tiro di un'arma automatica nemica: come infatti uno di loro faceva per lasciare il riparo, le raffiche nemiche investivano la mulattiera accanto al riparo stesso, facendone saltare per aria ciottoli e pezzi di ciottoli. "Signore, che situazione, che razza di situazione!"

A un tratto il mitragliere partigiano che insisteva a sparare verso il basso urlò: «  L'ho fottuto, l'ho fottuto. Fuori, fuori. » Gli uomini ammucchiati dietro la roccia balzarono allora in piedi, e si lanciarono lungo la mulattiera presso la soprastante trincea dov'era Pino, nella quale piombarono: erano una decina. Uno portava un fucile mitragliatore che piazzò febbrilmente: «  Là » gl'indicò un altro che pareva il comandante: «  e subito dopo là. » il mitragliere aprì il fuoco  sui due punti indicati, e cominciò a passare dall'uno all'altro, a spola. ........(omissis).

« Le munizioni » disse uno dei due al comandante: « N'è rimaste poche. Ci occorrono le munizioni. »

« E io dove le piglio? » rispose il comandante.

Pino lo fissò spaventato: si trattava di Tide, un sottotenente con la faccia angolosa, utilizzato da Beltrami soprattutto per i servizi di sussistenza; il ragazzo si trasferì accanto a lui: «  Dov'è il capitano? » gli chiese.

Tide lo squadrò senza rispondere: « Da dove spunti tu? » fece; poi ricostruì: «  Ah, sei l'infermiere.»

«  Sì. Dov'è il capitano?» tornò a chiedere Pino.

La faccia quadrata di Tide si contrasse in una sorta di smorfia: «  il capitano è morto » disse «  e anche il tenente Antonio. »

Pino rimase con la bocca mezza aperta. .......... (omissis).

 

il  Cap. Filippo Maria Beltrami era uomo troppo leale per abbandonare il gruppo e invece di ritirarsi gridò "Bravi quelli di Bettini"; e i suoi partigiani gli erano troppo affezionati per piantarlo in asso. Così quando il fuoco riprese ancor  più rabbiosamente sul gruppo centrale del Cap. Beltrami, meno protetto del gruppo di destra, con lui morirono Gianni Citterio, Gaspare Paietta, Antonio Di Dio ed altri otto valorosi partigiani: Carlo Antibo - Bassano Bressani - Aldo Carletti - Angelo Clavena - Bortolo Creola - Emilio Gorla - Paolo Marino - Elio Toninelli.

Dopo le dieci e mezza non si sentiva più sparare dal centro; noi ci eravamo portati più in alto di una cinquantina di metri e vedevamo sotto di noi i tedeschi avanzare verso i morti e brandendo fucili colpire i feriti e diedi ancora ordine di sparare: solo Tanzi sparò un colpo!

Capii che non c'era più niente da fare, non sapevo se qualcuno del centro si era salvato, leggevo il terrore sul volto dei Partigiani che erano intorno a me e diedi ordine di ritirarci sulla montagna approfittando delle macchie di ghiaccio che ci lasciavano qualche passaggio tra le fiamme del bosco.

 

In alto, prima di svettare attraverso il passo di Sola dalla montagna al cui piede stava Megolo, la pattuglia dei fuggiaschi incontrò gli alpini di Bettini che per un'altra via ripiegavano ordinati, in fila per uno sulla neve, carichi delle loro armi: avevano avuto - dissero - due morti in tutto. 

« Adesso il comandante se tu » disse Tide a Bettini, dopo avergli riferita la fine del capitano e di Antonio.

Mentre i due parlavano Pino - pur trafelato, e con la testa bionda sudata nonostante il freddo - si mise a medicare uno degli uomini di Bettini ch'era stato colpito a un avambraccio. Tutti gli altri, fermi sulla neve, guardavano le SS che in basso, piccole come formiche per la distanza, stavano bruciando coi lanciafiamme le baite partigiane.

 

I tedeschi avevano materialmente vinto a Megolo, ma moralmente non solo Beltrami, ma tutta la resistenza Ossolana, aveva vinto perché aveva fatto capire ai tedeschi che la Resistenza non era fatta da un'armata brancaleone, ma da uomini che, saliti sui monti senza aver ricevuto la cartolina rosa di precettazione, si battevano per gli ideali che non erano solo l'amor di patria che volevano libera da ogni straniero, ma per la libertà di pensiero, di stampa, di azione, di associazione, per la giustizia, la solidarietà, l'amore per tutti, specialmente per gli ultimi!

 

 

 

 

 

 

 

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Quando al ritorno della primavera queste baite erano ancora immerse nel silenzio della morte a testimoniare la feroce disumanità dei nazisti e dei fascisti e su questi prati rispuntarono le erbe e i fiori, erbe e fiori che erano anche stati alimentati dal sangue di questi nostri eroi e che anche per questo si sarebbero dovuti cogliere e conservare come reliquie, la Resistenza nell'Ossola riprese con maggior impeto e organizzazione fino ad arrivare alla liberazione di Domodossola e di tutto il territorio delle vallate ossolane fino ad una profondità di 97 km. ed alla proclamazione della repubblica dell'Ossola.

 

 

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