Capitolo III - Trento Longaretti

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Capitolo III

Tesi
CAPITOLO III
TRENTO LONGARETTI E GLI AFFRESCHI DELLA PRETURA DI CASSANO D’ADDA

3.1  Cassano d’Adda e la nuova Pretura

Cassano d’Adda è una cittadina collocata sulla riva destra del fiume Adda in provincia di Milano. Si tratta tuttavia di una terra di confine: il fiume la separa dalla provincia bergamasca ma non solo, confina anche con la provincia di Cremona. Conseguentemente alla sua posizione strategica, situato su un corso d’acqua, questo posto è stato teatro di battaglie e passaggio di grandi condottieri come Federico Barbarossa, Ezelino da Romano e Napoleone Bonaparte. Proprio per la sua vicinanza con Bergamo e Treviglio, fu un luogo tutt’altro che sconosciuto a Longaretti. Per chi giunge da Treviglio, Cassano appare come un borgo posizionato maestosamente su un promontorio dell’Adda. Longaretti tuttavia è legato a Cassano non solo per la sua affascinante natura e i suoi corsi d’acqua, ma per un nome in particolare: Andrea Giudici. I due si conoscono all’istituto  di  Lodi,  sono  colleghi  ed entrambi coltivano la passione per l’arte. Il Giudici nota precocemente un grande talento in Trento e quando diventa sindaco di Cassano, nel dopoguerra, non esita a chiamarlo per  decorare  l’edificio della nuova Pretura. Andrea Giudici fu un sindaco storico per la comunità cassanese poiché diede un volto nuovo alla città tramite la costruzione di fondamentali opere pubbliche quali l’acquedotto, il carcere, la sede del municipio e per l’appunto, la Pretura. Nel 1958 Longaretti, per la decorazione dell’aula, scelse di comporre un affresco di grandi dimensioni raffigurante la comunità cassanese cinta dai padri del diritto, dal titolo La giustizia è uguale per tutti e la tela verticale, intitolata  La giustizia.  

3.2  La giustizia è uguale per tutti

In una radura vissuta, bagnata dall’Adda si innestano due statue monumentali: a sinistra Mosè e a destra Giustiniano. I due personaggi sono circondati da gruppi di persone. Partendo dalla sinistra di Mosè sono rappresentati: un nucleo familiare, tre donne lavoratrici e al centro un gruppo di uomini intenti a prendere decisioni e accordi. Al loro fianco vi sono dei manovali e infine alla destra di Giustiniano due donne al telaio. Res publica augetur probitate civium è l’enunciato  che corona la scena al di sotto dei personaggi.  I campi della radura sono rossastri, illuminati dalla luce del crepuscolo che man mano lascia il posto alla notte e quindi alla luna presenziata sulla destra. Cassano d’Adda è qui un borgo maestoso, reso imponente dalla sua fortezza, dai due campanili e da quel ponte che unisce le due sponde dell’Adda: quella milanese e quella bergamasca.  
La chiarezza comunicativa di Longaretti soddisfa pienamente la commissione di Giudici, dando vita a un monumentale affresco rappresentante l’operosa e dinamica comunità cassanese. La giustizia è uguale per tutti è un’opera che parla di una cittadinanza umile che lavora, procrea e prende decisioni con uno sguardo al futuro e al progresso. Il codex25 e le tavole della legge sono le fondamenta storiche del diritto occidentale i cui padri custodiscono tra le loro mani. Come invisibili osservatori del popolo guardano costantemente i cittadini che dietro le loro attività e ambizioni sono tutti uguali, governati da una legge uguale per tutti.  
Ed ecco che la comunità cassanese risponde al progresso dando futuro a nuove vite: la famigliola raffigurata è umile e raccolta speranzosamente attorno al figlio. La parte centrale dell’affresco mostra simmetricamente il lavoro femminile e quello maschile. Tre donne raccolgono e lavorano il grano, interessante è il passaggio d’età: la donna in giallo ha raccolto il grano, l’anziana sembra intrecciarlo e lavorarlo mentre la bambina osserva il lavoro. È lo sguardo classico di Longaretti che accosta ancora una volta anziani e giovani, in questo caso in uno scambio visivo di insegnamenti e affetto. Il lavoro maschile invece riguarda i manovali:  due  uomini  costruiscono  l’impalcatura  e  altri  due scavano dalla terra. Stanno costruendo il futuro della cittadina e concretamente il nuovo tribunale. Al centro dell’opera vi è il fautore del progetto, il committente: Andrea Giudici. È vestito elegantemente e nelle sue vesti da sindaco guarda un documento per dare direttive o prendere accordi con l’architetto. Dietro di loro due persone che sembrerebbero essere un capocantiere e un operaio, ascoltano  attentamente  il  sindaco  e  l’architetto.  La  rappresentazione  dell’uomo  con  la fedora è un’ulteriore  prova  di un omaggio a personaggi cassanesi: si tratta di Giancarlo Colombo. Appartenente a una famiglia di costruttori di strade, possedeva la cava di Groppello d’Adda, frazione cassanese lungo il Naviglio Martesana, raffigurata sopra le due donne che tessono. Longaretti decide di orchestrare sapientemente le floride attività lavorative facenti parte del tessuto economico cassanese. Nel caso delle donne intente a tessere, potrebbero essere state inserite proprio perché Cassano rivolge da sempre un’attenzione particolare verso l’industria tessile26.  
Res publica augetur probitate civium ovvero, Lo stato è accresciuto dall’onestà dei cittadini. Sono queste le parole che Longaretti raffigura al di sotto della scena dipinta. Il Maestro decide di utilizzare il latino attingendo alle radici della cultura occidentale. La frase, scritta di suo pugno, parla di progresso e futuro, di una comunità cassanese in via di sviluppo. Cicerone affermava che: “La res publica è ciò che appartiene al popolo. Ma non è popolo ogni moltitudine di uomini riunitasi in modo qualsiasi,  bensì  una  società  organizzata  che  ha  per  fondamento  l’osservanza  della  giustizia  e la comunanza d’interessi”27. Con il probabile riferimento alle parole di Cicerone, Longaretti esprime il vero senso del diritto e  dell’onestà:  la probitas, che dev’essere  il valore portante della civiltà occidentale. Il cittadino deve possedere un’integrità morale tale da divenire complice della società moderna influenzandone il proprio lavoro, la sua famiglia e il rapporto col divino. Il senso del divino è percepibile nell’atmosfera che produce il crepuscolo, la compresenza della luna e del sole crea luci e tenebre come una metafora del bene e il male, inevitabili nel destino di un uomo. Luna e sole potrebbero non solo rimandare alla presenza divina ma parlare di un universo simbolico e non di qualcosa ancorato alla realtà. La comunità cassanese si riunisce sotto questo disegno provvidenziale condiviso e affronta compattamente le fatiche sulla terra. La scelta di ambientare l’episodio  al tramonto probabilmente è collegata a un gusto personale del Giudici che apprezzava particolarmente le rappresentazioni dei tramonti; per questo motivo chiese a Trento di inscenare l’opera nell’ultimo momento di sole della giornata. I colori generati dalla luce rossastra sono riproposti in qualche modo anche sugli indumenti dei personaggi. Andrea Giudici viene invece raffigurato con un colore freddo, che lo risalta evidentemente tra gli altri. Il suo profilo è realistico e ben riconoscibile. Eccetto il gruppo di personaggi al centro,  l’opera  ripropone  le  stesse  tonalità  rossastre,  ocra  e marroni. Gli stessi colori vanno anche a rappresentare i campi coltivati e gli edifici che formano lo skyline di Cassano d’Adda. L’edificio più visibile è la Fortezza Viscontea28 che si mostra maestosa sul versante delle acque dell’Adda e più dimessa sul lato della piazza della cittadina29. Sono ben visibili inoltre i due campanili delle chiese di San Dionigi 30 e San Zeno31, il ponte sull’Adda e altri maestosi edifici.  La composizione dell’affresco vede anch’essa un percorso tutto cassanese.  Nell’archivio parrocchiale della chiesa di San Zeno sono conservati tutti i cartoni preparatori di La giustizia è uguale per tutti e dell’affresco verticale La giustizia. Si conservano nella cittadina anche due bozze dipinte a olio su legno. Gli affreschi vedono quindi non solo una locazione cassanese ma anche un iter lavorativo in loco. I due lavori composti dal 1958 al 1959 sono stati realizzati secondo una lavorazione ad affresco legata alla tradizione. I cartoni preparatori vengono utilizzati come da calco per la definizione delle figure. Si tratta di un lavoro preparatorio di altissima abilità, che mostra qualità e precisione nella mano di Longaretti: sono cartoni di grandissime dimensioni realizzati a carboncino. Le bozze dipinte su legno vedono un ulteriore livello di studio; probabilmente Longaretti voleva osservare e valutare i colori poi applicati all’affresco. In questo studio la pittura è materica, la scelta dei colori è provvisoria: sono più limpidi e freddi, meno concentrati sulle tonalità del crepuscolo rossastro della realizzazione finale. Ci sono scelte differenti anche per quanto riguarda i personaggi: Longaretti inverte la posizione delle donne che lavorano la seta con quella delle donne che raccolgono il grano. Inoltre nel gruppo centrale è presente un’ombra di un personaggio in più. Il manovale sopra l’infrastruttura è ritratto in una posizione differente rispetto all’affresco in Pretura, la luna è spostata più verso il centro e i campi sui quali si posizionano i personaggi non sono ben definiti. Il tratto pittorico è anche in questo caso d’eccezionale qualità. Le pieghe degli abiti delle persone sono composte solo da poche linee di colore, alcune più chiare ed altre più scure che vanno a definire luci e ombre.
 
Al  di  sotto  dell’affresco  posizionato  all’interno  dell’edificio  vi  è  stata  posta  un’ulteriore  clausola: “La legge è uguale per tutti; la giustizia è amministrata in nome del popolo”. Il concetto rimanda alla frase scritta da Trento e si enuncia ancora una volta cos’è la legge e come dev’essere amministrata la giustizia.  Lo spettatore si trova appresso un’opera dal carattere giuridico e trionfale, una sorta di epopea cassanese che mostra la cittadinanza immersa nella natura dei suoi luoghi, intenta a mostrare il proprio ruolo nella società e posta difronte alla legge che rende i cassanesi l’uno uguale all’altro.  

3.3.  La giustizia

La giustizia è un affresco verticale di grandi dimensioni realizzato anch’esso nel 1958 e posizionato all’interno dell’ex Pretura di Cassano. È diviso a riquadri e mostra nel primo, il più grande e verticale, la personificazione della giustizia in quanto virtù e negli altri tre, orizzontali e delimitati da parole latine, degli episodi giuridici. I personaggi nei tre riquadri sottostanti la giustizia si trovano all’interno  di  un’aula: non è delimitata né da pareti né da arredi ma minimamente da una sedia innalzata da due gradini. La serie dei tre riquadri si legge come le pagine di un libro, una alla volta, con un inizio, uno svolgimento e una fine. Nel primo un padre accompagnato dal figlio discute con l’uomo seduto: il giudice. Alcuni personaggi sono togati, altri no. I due umili chiedono giustizia confessando la questione. Dietro loro una schiera di civili e togati assistono alla scena commentandola. Nel secondo riquadro il giudice è visibile frontalmente, alza la mano in segno di parola e viene ascoltato attentamente da tutti i presenti. Nel terzo e ultimo riquadro, il civile ottiene finalmente ciò che aveva richiesto, compiendosi così il disegno della giustizia. La massa è rappresentata da un pubblico attento e diligente, ascoltante le parole emesse dal giudice. La disposizione ordinata di questa, permette una chiarezza comunicativa in cui lo spettatore riconosce sempre i due protagonisti. Interessante è la scelta di Longaretti  nell’utilizzare  come  soggetto richiedente giustizia, un civile accompagnato dal figlio. Ancora stretto è il tema familiare e la rappresentazioni di due soggetti con uno stacco generazionale. Ecco come Longaretti immagina la giustizia: un disegno da compiersi sempre, in particolare nei confronti degli umili e degli innocenti. La giustizia è una donna dallo sguardo neutrale ma dai tratti caratteristici, forse Longaretti prese a modello una donna a lui familiare per comporre il volto. Al suo fianco la parola Iustitia riprende la verticalità dell’opera. Indossa una tunica cinta da una palla32 che cade lungo il petto, è scalza e tiene in mano una bilancia e un libro aperto su due pagine, di cui la prima mostra la scritta Ius e la seconda Lex. È l’equilibro che fonda la giustizia: il bilanciamento tra il diritto, la cosa giusta, il cosiddetto Ius e la Lex, la legge. Come è sovente ritrarre le donne singolarmente Longaretti, anche in questo caso la rappresentazione è di una figura longilinea e teatrale. Le sfumature, i bianchi e neri del panno della veste costituiscono un disegno di grande qualità, già ravvisabile nel cartone preparatorio della figura femminile. In questa bozza i contorni della veste e la luce che illumina il volto sono color celeste, mentre nella realizzazione finale tutte le luci assumono tonalità del giallo. Il fondo e lo spazio attorno alla figura è rifinito da piccole pennellate in orizzontale che rendono l’atmosfera lontana dal reale, come intrisa di foschia. Lo stesso accade anche nella tecnica di affresco dei riquadri. I colori invece si fanno più freddi, variando tra le tonalità del grigio. Le scritte latine sono scure e le parole separate da piccole e rosse croci di Gerusalemme33. Il dettaglio in questo caso è qualcosa che fa la differenza poiché trasporta la dimensione giuridica verso un universo teologico, in particolare verso il simbolismo ebraico, sempre caro all’artista. Longaretti non solo sceglie una comunicazione direttissima ma sembra rifarsi ad una narrazione prettamente romana. Una virtù viene personificata e sottostante degli episodi giuridici mostrano ai presenti in tribunale, quello di Cassano d’Adda, cos’è la giustizia e com’è giusto che venga amministrata dalle autorità e dal popolo. La cultura giuridica dell’antica Roma, riecheggia in tutta la sua totalità in questo affresco e Longaretti sembra scegliere una modalità di comunicazione diretta al popolo con un rimando alla costruzione propagandistica e narrativa della Colonna Traiana o dell’Arco di Costantino.
 
Hoc est fundamentum iustitiae ut alteri reddatur quod ei debetur secundum equalitatem significa: “Questo è il fondamento della giustizia affinché ciò che è dovuto a un altro gli sia reso secondo l’uguaglianza”. Longaretti accosta l’enunciato alla scena dividendolo in tre periodi. S.TOM è un’abbreviazione di un nome e si situa in rosso nell’angolo sul finire dell’ultimo riquadro-episodio. Il nome è di San Tommaso d’Aquino ma l’enunciato non fa riferimento a nessun suo scritto in particolare. Come accade per La giustizia è uguale per tutti, anche in questo caso Longaretti scrive di suo pugno in latino reinterpretando e rendendo suo un concetto altro. Come osserva S. Tommaso: “compito proprio della giustizia, tra tutte le altre virtù, è di ordinare l'uomo nei rapporti verso gli altri [...] Invece le altre virtù perfezionano l'uomo soltanto nelle sue qualità individuali che riguardano lui stesso”.34 La giustizia quindi è l’unica virtù davvero altruistica, chi la pratica mette in ordine i rapporti umani mettendoli su un piano di uguaglianza sociale. La giustizia nasce come istanza del dovere comandato dallo ius, ovvero il diritto, e dove c’è lo ius c’è un debito, un dovere di adempimento. Come stabilire che una cosa spetta ad un altro secondo certi diritti è la questione che affrontò San Tommaso. La risposta è in sede teologica: in quanto essere esistente e creata da dio, una persona diventa portatrice di diritti, e sotto gli occhi di dio si è tutti uguali, proprio come difronte alla legge.  
Si mostra come un’opera senza tempo, fluttuante in un universo ricco di diverse forme e culture: esteticamente e narrativamente vicino all’importanza  della  cultura  giuridica  dell’antica  Roma e teologicamente assimilante della  filosofia  medievale  di  San  Tommaso  d’Aquino.  Se  l’ubicazione dell’affresco  richiedeva  dal  committente  un’opera  che  parlasse  di  giustizia, pure in questo caso Longaretti rende suo l’argomento, riuscendo a coagulare il suo universo tematico.  
   
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25 Pubblicato nel 529 d.C. il Codex è una raccolta di leggi imperiali in dodici libri, scritti su incarico dell’imperatore Giustiano I (482-565 d.C.) da dieci giuristi tra cui Triboniano e Teofilo.            
26 La seta viene ricavata dal bozzolo del bombyx mori, conosciuto come baco da seta, con un processo complesso che richiede molta manodopera. Si tratta appunto di manodopera al femminile che veniva svolta a  Cassano  d’Adda, precisamente nell’ala destra della Fortezza Viscontea, che nel 1600 era adibita a setificio. Tutt’oggi nella piazza della Fortezza è situato un gelso monumentale, risalente anch’esso a fine 1600. A quell’epoca la zona era ricca di queste piante delle quali la foglia costituisce l’unico nutriente del baco da seta. Un ulteriore polo economico in loco era il Linificio-Canapificio nazionale, costruito nel 1873: fu uno dei simboli della Rivoluzione Industriale tutta lombarda.  
27Cicerone, De re publica, 55-51 a.C. , I. pp. 25-26 (trad. it. di A. Resta Barrile, Milano 1994).  
28 È  l’edificio  più antico e rappresentativo di Cassano. Le prime testimonianze risalgono all’anno  887  d.C. quando accolse re Carlomanno. Durante il Medioevo, fu oggetto di contese tra Guelfi e Ghibellini e, in seguito, tra Torriani e Visconti. Nel 1450, con gli Sforza, divenne una delle fortezze milanesi per proteggere i confini con la Repubblica di Venezia. Fu fortificato e ampliato in varie epoche: nel XIII, XIV e XV secolo.  
29 Città di Cassano d’Adda, Guida tematica. Cassano d’Adda. dieci x dieci. cento motivi per scoprire Cassano, Massimo
Frigerio, Cassano d’Adda 2020.
30 La chiesa essendo sede della prima sepoltura del vescovo milanese Dionigi, ha origini molto antiche. La postuma volontà del santo però non fu rispettata e la salma fu traslata definitivamente a Milano. Dell’originaria struttura rimane ben poco, oggi si possono ammirare principalmente i restauri effettuati tra il 1599 e il 1610. D’altrettanta importanza è il ciclo d’affreschi conservato all’interno in cui si narra di storie lombarde considerevoli.  
31 È la chiesa parrocchiale e la più imponente della cittadina, d’origine settecentesca, fu in gran parte ristrutturata nel 1890 dopo un crollo del tempio. Sopravvisse dopo l’incidente la maestosa facciata. L’interno è vasto e presenta nel catino absidale un luminoso polittico del pittore pavese Bernardino Fasolo risalente al 1516.  
32 Capo d’abbigliamento utilizzato dalle donne romane, corrispondente al pallium, portato dagli uomini. Si tratta di una sorta di mantello che si indossava uscendo da casa.  
33 La croce di Gerusalemme è costituita da una croce potenziata (le braccia sono di uguale lunghezza e terminano con una linea definita a sua volta croce a tau) attorniata da altre quattro piccole croci. La compresenza di così tante croci sta a rimarcare il prestigio religioso totalmente particolare della città di Gerusalemme.  
34 Tratto dalla seconda parte della Somma Teologica. Chiamata anche Summa Theologiae, l’opera venne composta da San Tommaso d’Aquino (1225-1274) dal 1265 fino alla sua morte lasciandola incompiuta.   










19. “A Cassano finito l’affresco con sollievo!”. Agenda di Trento Longaretti, 18 aprile 1958,
Bergamo, Associazione Trento Longaretti                                










20. Biglietto di auguri per Andrea Giudici, 18 dicembre 2002, Cassano d’Adda
21. La giustizia è uguale per tutti, 1958-59, affresco, ex Pretura di Cassano d'Adda
22. La giustizia è uguale per tutti, 1958-59, cartone preparatorio, Cassano d'Adda
23. La giustizia è uguale per tutti, 1958-59, cartone preparatorio, dettaglio, Cassano d'Adda
24. La giustizia è uguale per tutti, 1958-59, studio preparatorio, Cassano d'Adda












25. La giustizia è uguale per tutti, 1958-59, studio preparatorio, dettaglio, Cassano d'Adda
26. La giustizia, 1958-59, affresco, ex Pretura di Cassano
27. La giustizia, dettaglio, 1958-59, affresco, ex Pretura di
d’Adda Cassano d’Adda
28. La giustizia, dettaglio, 1958-59, affresco, ex Pretura di Cassano d’Adda                  
29. La giustizia, dettaglio, 1958-59, affresco, ex Pretura  Cassano d’Adda
30. La giustizia, dettaglio, 1958-59, affresco, ex Pretura di Cassano d’Adda  
31. La giustizia, 1958-59 cartone preparatorio, Cassano d’Adda dettaglio,
32. La giustizia, 1958-59, cartone preparatorio, Cassano d’Adda
33. La giustizia, 1958-59, studio preparatorio, Cassano d’Adda
34. La giustizia, 1958-59, studio preparatorio, Cassano d’Adda
35. La giustizia, 1958-59, studio preparatorio, Cassano d’Adda dettaglio,
da pag. 21 a pag.33
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