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Certezze documentate sulla paternità dell'opera nel suo complesso sono scarse.


Il 10/10/1776 l'amministrazione dei "vacanti" rende a Giuseppe Rossi che acquista a nome del marchese Febo e del fratello Ferdinando D'Adda, l'Oratorio del Rosario per 1.274 lire. Motivo dell'acquisto: "per essere l'Oratorio non solo circondato da ogni parte da altre case di ragione dei D'Adda, per necessità deve essere incorporato e simmetrizzato con pari architettura nella riedificazione che attualmente si va facendo di altre case, che formano i prospetti e i laterali al loro vago e ben ornato Palazzo di Villa" (ASM - Notarile cart. 44958 n° 599). Si tratta delle nuove idee illuminate per l'abbellimento, secondo canoni estetici ed è il tempo della demolizione di chiese e conventi, soppressi per la creazione di aree da destinarsi ai giardini pubblici.

Sempre nel 1776 sono messi all'asta i Beni delle Confraternite del S.S. Sacramento, della Trinità e del Rosario per finanziare la fabbrica della nuova chiesa parrocchiale che sarà terminata nel 1778. Partecipa all'operazione anche il "delegato speciale della Regia Giunta Economale per la fabbrica e costruzione della Parrocchia", il marchese, acquistando altre 30 pertiche di "aratorio adacquatorio" della scuola del S. Rosario.

Nel 1782 il feudo cassanese fu consegnato alla Camera e messo all'asta, che riuscì favorevole a Giovanni Battista D'Adda. Così il feudo tornò agli antichi proprietari.

Molte erano le riserve su questa e altre operazioni similari: "ferme restando la successione de soli maschi discendenti, dall'acquirente secondo l'ordine di primogenitura, dovrà pagare la somma di gigliati 200 a titolo di trapasso. I diritti, dazi ecc. saranno soggetti alla redenzione generale conforme le leggi del giugno 1780".

Nell’atto di vendita tra Gio. Battista D'Adda e il Bonelli  il feudo risulta composto da 760 "focolari". Il costo dell'operazione fu di 16.00 scudi in moneta romana. Il passaggio dei beni comportò, oltre quelli feudali, anche i censi del sale per gigliati 1068. Per Cassano corrispondeva a lire 63, per Groppello a lire 3, per Massari Melzi sotto Fara lire 1, per Vaprio lire 26, per Inzago lire 44, ecc, ..

Passarono anche tutti i diritti tra cui: il contratto d'affitto dei terreni a Pier Paolo Milani scadente l'11 novembre 1782 all'annuo costo di lire 800 imperiali e quattro tacchini e dodici mascherponi da inviare a Roma in gennaio ogni anno a spese dell'affittuario, con li soliti patti in caso di brina e tempesta maggenga; la proprietà del bosco di pertiche 57 vigna e campo di pertiche 54 ambedue situate nell'isola sotto Cassano vicino all'Adda; la vigna ed il prato a giardino del castello di 14 pertiche; il diritto di estrarre acqua dalla Roggia Nuova che esce dal Martesana presso la Volta; il dazio della scannatura per soldi 25 per ogni bue o vacca e soldi 12 per ogni vitello o porco; nei giorni di mercato 12 soldi per ogni bestia grossa e 6 soldi per le piccole; la foglia dei gelsi del Ricetto; il castello con tutti i luoghi esistenti comprese quattro stanze riservate al Duca ed altre tre per il pretorio. Per quanto riguarda, invece, l'acqua per irrigare il giardino il Marchese deve affittarla dalla Mensa Arcivescovile.

La prima costruzione è certamente posteriore al 1720-21, data del catasto di Maria Teresa. Infatti, nella mappa della zona di Cassano manca questa importante villa.

Mappa catasto Teresiano – Archivio Stato Milano

 

(1696 - 1773)

La tradizione parla di due momenti della costruzione: uno barocco settecentesco attribuito a Francesco Croce; l'altro neo classico attribuito a Giuseppe Piermarini.

Del primo momento si sa poco. Ne rimane la facciata barocca, nel fronte posteriore, rivolta verso il parco con la parte centrale più alta delle laterali e sobrie decorazioni attorno alle finestre. Contrasta con la facciata principale aperta al cancello sinusoidale e all'esterno ad abbracciare il borgo, perché è liscia e semplicissima, con un balcone su quattro lesene e il parapetto in ferro battuto; intima e quasi chiusa, come se non ci fosse il giardino, riservato alla famiglia di chi arriva a villeggiare. L’unico elemento, qualificante una superficie uniforme, risulta il balcone sagomato con parapetto in pietra e inserti in ferro battuto sotto il quale si aprono le porte finestra che immettono nel giardino.

L'analogia del poggiolo con quello della facciata del palazzo Sormani dà argomento per accreditare al Croce il progetto della villa iniziata nel suo primo nucleo in stile barocco, modificato poi dall'intervento del Piermarini.

 

Retro Villa Borromeo

 

L’attribuzione a Francesco Croce[1] della facciata posteriore è sostenuta anche negli Annali del Milani, oltre al fatto che l’attribuzione a lui può essere sostenuta anche sulla base delle analisi del complesso architettonico stilistico della facciata a giardino settecentesco e per l’analogia riscontrata nel balcone, come appena detto.



[1] Francesco Croce (1696-1773) a Milano nella prima metà del Settecento costruisce Villa Brentano a Corbetta nel 1732, e la Rotonda della Besana e Palazzo Sormani a Milano.

L’architetto, attivo fino al 1773, è considerato, insieme al Ruggeri, l'inventore della tipologia della Villa Lombarda settecentesca. Le sue opere più note sono la già citata villa Brentano di Corbetta e la guglia principale del Duomo di Milano (su cui fu poi posta nel 1774 la “Madonnina” dorata, forgiata nel rame da Giuseppe Bini)

 

 

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