Pagina 05

Gli interni si susseguono secondo lo schematismo della tradizione lombarda: il piano terreno al centro ha l'ingresso a pianta centrale contornato da sale di rappresentanza. A sinistra, a raccordo in curva, sale lo scalone d'onore, che richiama quello del Palazzo Reale di Milano  e che porta alle sale del primo piano, con affreschi a soggetto mitologico della volta realizzati nell'ottocento..

Più avanti ci sono il salone che si apre sul parco, con finestra verso il giardino per la prospettiva architettonica che lega la villa al giardino retrostante all'italiana con spartiture geometriche che dividono a metà giardino e villa; poi sale e saloni collegati tra loro, ma ben distinti ed indipendenti, sono ornati da soffitti, affreschi e decorazioni a stucchi. Il salone d'onore per ricevimenti è alto due piani. La tribuna è aperta per i musici, per le danze ed i concerti, e chiusa con ferri battuti per motivi acustici più che per motivi artistici. Il ‘700 è il secolo della musica e dell'eleganza.

 

(1742 - 1839)

 

Gli interni, che dovevano attenuare la rigidità degli ambienti, conservano le decorazioni risalenti alla ristrutturazione del Piermarini: dipinti raffiguranti paesaggi o descrizioni mitologiche; specchiere;  lampadari di Murano; motivi agresti in stucco, di molta eleganza, neo-classici, dipinti in grigio che è il colore prediletto da questo stile. Sono dell’ Albertolli, formatosi all'accademia di Parma, professore di Ornato all' Accademia di Brera e tradizionale collaboratore del Piermarini, caratterizzatosi per la raffinatezza formale di stile Luigi XVI che trasudava dalla Francia a noi.

 

Esempi delle decorazioni dell'Albertolli

 

(1742 -1814)

 

Quattro grandi quadri a muro con soggetti pastorali, precedentemente attribuiti al Landonio (Milano 1723-83),  sono, invece, del Corneliani [1] (1742-1814), giacchè è stata rinvenuta la sua firma sugli stessi.

Nel 1778, infatti, il Corneliani riceve l'incarico da parte di Giovan Battista D' Adda[2] di realizzare la serie allegorica del salone di Villa D'Adda Borromeo in Cassano d' Adda e "Il trionfo dell' aurora"[3] sul soffitto dello scalone principale.


 

Quadri del Corneliani


[1] Operò prevalentemente in Lombardia, soprattutto a Milano dove affrescò anche la volta della Scala.

Un tesi di laurea così dipinge il Corneliani: "Protagonista isolato e autonomo del passaggio tra arcadia e Illuminismo, precursore del neoclassicismo intimo antieroico e melanconico del primo Appiani" (E. Bianchi: Tra Arcadi e Neoclassicismo milanese Francesco Corneliani - tesi di laurea - Università cattolica S. Cuore Milano 1989-1990 )e crediamo interessante riportare che in chiesa parrocchiale c'è una tela dell'Assunta dello stesso Corneliani, offerta dal marchese D'Adda.

Inoltre, Marco Bona Castellotti  di lui dice:"Il Corneliani era persona eccezionalmente devota, mentre Gabriele Verri era il difensore assoluto dell'intransigenza cattolica contro le deviazioni laico-riformiste. Entrambi erano gli epigoni di quella cultura arcaico Lombarda che, descrivendo le passioni umane, invece di ricorrere a toni di denuncia, si poteva permettere di interpretarle attraverso il diaframma della bellezza. Mentre dalle sale e dai soffitti affrescati di ville e palazzi, una miriade di divinità incipriate e mute, di "eroi disimpegnati", seguitavano a sgranare gli occhi, simulando distrattamente la propria imperturbabilità.

[2] Il nobile era un palchettista della  Scala e, in una lettera del 4 Gennaio 1778, aveva già  incaricato il Corneliani di ornargli il palco al Teatro alla Scala pregandolo  di contattare il Parini allo scopo di ottenere un soggetto intelligente.

In quanto ispiratore di affreschi e cicli pittorici il Parini attinge alla mitologia i grandi miti rivelando una capacità di reinvenzione coerente con i principi sostenuti e applicati nell' arco di tutta la vita. Soprattutto nelle ultime odi il rapporto tra pittura e poesia si fa più stretto ed evidente, data l'esperienza personale del poeta che non rinuncia, pur nell' attenzione estrema all'eleganza della forma, alla priorità del messaggio in cui è sempre sottesa una dimensione di moralità.

[3] Così sostiene A. Morandotti in “Francesco Corneliani”, Nuovi studi 2-1996.


 

Pag. 1 2 3 4 5 6 7 8 9